UNO SPETTROSCOPIO AMATORIALE SENZA FENDITURA di Fulvio Mete
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Didascalia fotografia Terra
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Dopo la costruzione di numerosi strumenti per la spettrografia solare ho cercato di espandere il mio interesse a quella stellare, con soluzioni che prevedessero l’uso di spettroscopi senza fenditura, utilizzando la puntiformità dell’immagine stellare al fuoco di un telescopio per surrogare l’uso della fenditura. Tuttavia al fuoco di tale spettroscopio, le righe dello spettro erano a mala pena visibili, impastate e non definite. Inoltre, era mia intenzione cercare di riunire nel medesimo strumento capacità di osservazione e ripresa sia di spettri solari che stellari creando un dispositivo compatto ed ambivalente da poter essere applicato al fuoco di un telescopio, a somiglianza di quanto avviene con gli spettrografi professionali, senza le dimensioni fuori misura di questi ultimi , difficilmente digeribili da parte di tubi ottici e montature amatoriali. Il problema era di ottenere ,per la spettrografia stellare,spettri allungati senza l’uso della fenditura od il ricorso ad espedienti quali il fermo del moto orario per ottenere “strisciate” di spettri. Ricordai, allora, di aver visto su un monocromatore una lente cilindrica posta dopo la fenditura di uscita, evidentemente allo scopo di intensificare l’immagine spettrale, e ricordai anche che tali lenti hanno la prerogativa di trasformare, al fuoco, qualsiasi punto luminoso ,e quindi anche le immagini stellari provenienti da un telescopio, in una linea. Consultai il catalogo Edmund Scientifics , vedendo che erano disponibili lenti cilindriche di media qualità ottica da 25 mm , 75 o 50 mm di focale ad un prezzo contenuto.Optai per quella da 75 mm, in modo da lasciare un po’ di spazio sino al reticolo, dato che avrebbe dovuto svolgere contemporaneamente la duplice funzione di collimatore e di fenditura.Una volta in possesso della lente la montai, in un tubo di prolunga maschio 42x 1, a circa 50 mm dal foro di ingresso (femmina 42 x1) di una scatola in PVC nero, recante all’interno un reticolo Edmund da 1200 l/mm blazed per 500 nm., quadrato, di 30 mm di lato.Come cannocchiale mi parve opportuno usare un obiettivo da ingranditore fotografico Kodak da 75 mm, della stessa focale, per garantire un ingrandimento 1:1 e quindi una luminosità accettabile del sistema per gli spettri stellari, considerato che avrei usato l’ordine 2, Tutto ciò allo scopo di creare un dispositivo sia polivalente che portatile , illustrato nel suo complesso in fig.1, mentre in fig, 1 bis è mostrata la scatola col reticolo, e nella 2 l’obiettivo fotografico usato come ottica di osservazione.Sulla destra della scatola si osserva il dispositivo di basculamento del reticolo, consistente in una manopola solidale all’asse del reticolo stesso (una barra filettata da 4 mm) tra la base della quale ed il lato della scatola è interposta una molla sotto pressione, che rende sufficientemente stabile e fluido il movimento, nei limiti della bassa risoluzione raggiungibile.Un movimento micrometrico più fine è stato poi ottenuto con un foro filettato sulla base inferiore della scatola, che ospita una vite premente sulla base del reticolo.Mezzi primitivi, ma realizzabili da chiunque in casa, senza dover ricorrere ad artigiani.
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La prima parte del lavoro sembrava quindi completata, con un sistema che si presentava con tutte le carte in regola per l’osservazione di spettri delle stelle, data la bassa intensità luminosa e la puntiformità delle relative immagini.Mi sono , tuttavia, posto il problema di un uso dello strumento con il sole, per creare uno spettroscopio “multifunzione”Con il sole la questione sarebbe stata ben diversa, data l’estensione e luminosità del fascio luminoso in arrivo sulla lente cilindrica.Occorreva quindi far diventare puntiforme la luce solare : quale metodo migliore, allora, che creare una stella “meccanica” con un foro stenopeico posto all’ingresso di un telescopio, in modo da sfruttarne, se non il potere risolutivo, data la ridottissima dimensione della pupilla di entrata, perlomeno la lunghezza focale . Il mio primo esperimento con tale spettroscopio, che tra l’altro non mi risulta sinora realizzato in ambito amatoriale, fu quindi di applicare il predetto al fuoco di uno Schmidt – Cassegrain da 20 cm, ponendo contemporaneamente davanti alla lastra correttrice una maschera di cartone nero sulla quale era stato applicato, fuori asse, un tondo di alluminio per alimenti con al centro un foro stenopeico di 2/3 di mm.Il metodo di realizzazione del suddetto foro è stato il seguente: ho preso un foglio di alluminio per alimenti e ne ho tagliato un tondo di 5 cm di diametro circa, inserendolo tra due cartoncini per impedirne l’accartocciamento, dopodiché ho forato il tutto con la punta di un ago da cucito, inserendola sino a metà e dando una torsione in un senso e nell’altro per assicurare la necessaria rotondità ed uniformità del foro stesso.Il foro sul pezzo di alluminio è stato quindi posto in corrispondenza di un analogo foro effettuato fuori asse sulla maschera di cartone nero da apporre davanti alla lastra correttrice, appena più grande del primo (ca. 2 mm) ,e ciò per un ulteriore sistema di sicurezza, dato che così anche un’eventuale scollamento e caduta del tondo di alluminio durante l’osservazione non avrebbe potuto comunque creare pericoli per lo strumento e la vista dell’osservatore (fig 3). |
Didascalia fotografia leopardo D |
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Una volta puntato il telescopio verso il sole e regolata la messa a fuoco, sia con il focheggiatore del telescopio stesso che con quello dell’obiettivo da 75 mm (cui era stato applicato un riduttore da 31,8 con un oculare, le righe di assorbimento mi sono apparse con una incisione sinceramente mai vista prima, cosa che mi ha indotto a registrare l’osservazione con una webcam Philips Vesta, posta sullo spettroscopio in luogo dell’oculare. Il risultato è visibile nella fig 4, con un collage di più riprese nelle diverse bande spettrali che mostra le principali righe di assorbimento (Ha, Na, Mg, etc). Tale risultato era notevole, tra i migliori che io abbia mai visto sul sole con uno strumento fatto in casa ed a bassa risoluzione., e mi ha stimolato a cercare di migliorare il potere risolutivo del complesso spettrografo- telescopio. Ciò è stato ottenuto sostituendo all’obiettivo da 75 mm Kodak come ottica da osservazione un rifrattorino cinese 50/350, di buona qualità (Fig. 5), sufficientemente leggero per non appesantire la struttura . Nel portaoculari ho quindi posto una webcam Vesta con la quale ho effettuato una ripresa del doppietto del sodio, per testare il livello di risoluzione raggiunto. Da come si può osservare in fig. 6, nel doppietto si notano, oltre alla riga del Nickel, che primeggia, altre 4 righe di assorbimento minori, per una risoluzione stimata in 0,3 A /Pixel, praticamente il massimo raggiungibile con uno strumento del genere senza stravolgerne la struttura e le dimensioni.
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La prova dello strumento non era, tuttavia, ancora terminata, anzi: la parte più difficile, la ripresa degli spettri stellari era ancora al di là da venire.Volli provare allora anche tale ripresa, avvalendomi di una camera CCD MX716 (per la scarsa luce delle stelle le webcam sono inutili) applicata sullo spettroscopio, a sua volta posto al fuoco dello Schmidt – Cassegrain da 8” con riduttore ad f 3,3 per massimizzare la quantità di luce in arrivo .La prima ripresa, con 15 sec. di esposizione, su Schedar, Alfa Cassiopea, non mostrò nulla in quanto chiaramente sottoesposta, la seconda, con 30 sec. di esposizione, mostrò in modo abbastanza definito le righe di assorbimento nella zona verde- arancio dello spettro (fig 7).Per osservare la parte rossa dovetti comunque far basculare in avanti il reticolo e spostare la messa a fuoco della camera, in quanto l’uso di ottiche a lente provoca, come si sa, un sostanzioso shifting nel punto di fuoco nelle varie zone dello spettro.
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Didascalia fotografia pesce Ut w |
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Da quel momento ho effettuato altre prove, come quella dello spettro di Mirfak , Alfa Persei , (fig 8), che hanno confermato la validità di un simile dispositivo per l’osservazione e la ripresa spettrale ,nonchè la sua qualità, a mio parere nettamente superiore a quelli simili autocostruiti da altri astrofili, e ciò nonostante lo schema non strettamente canonico (osservazione dell’ordine 2). Non ho, comunque, tralasciato di usare lo strumento anche in configurazioni più potenti, ponendolo stavolta al fuoco del mio Celestron 11 portato a f 3,3 per ottenere il massimo guadagno di luminosità possibile.Ho registrato stavolta lo spettro di Capella, Alfa Aurigae, stella di tipo M1, con soli 15 sec. di posa con la camera CCD MX716 nella zona blu-verde, ricavandone la sostanziale identità degli elementi presenti nella stella rispetto a quelli del sole, perlomeno tra quelli evidenziati dalle righe di assorbimento presenti in tale zona spettrale (Fig. 9)
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Non potevo trascurare uno degli spettri più interessanti, quelli della classe A 0, noti per la evidenza delle righe della serie di Balmer dell’idrogeno e della prevalenza dell’Hb nel verde.Ho quindi ripreso, sempre al fuoco del C11 ad f 3.3, lo spettro di Sirio (Fig. 10).
Lo spettroscopio può anche essere usato in configurazione “stand alone”,quale strumento a sè stante, utilizzando la lente cilindrica in ingresso nella triplice veste di obiettivo, fenditura e collimatore.Ciò tenendo tuttavia conto che il suo ridotto diametro e la sua modesta qualità ottica consente la visualizzazione di spettri di sorgenti di buona e media luminosità.In fig. 11 è mostrata un immagine dello spettro di una lampada al neon ripresa con lo spettrografo nella descritta configurazione. In definitiva, lo strumento da me concepito, pur nelle limitazioni insite nella sua realizzazione casalinga (tra l’altro voluta, per porre chiunque voglia in condizione di realizzarlo) sembra funzionare in modo straordinariamente efficiente in rapporto alla semplicità dei suoi componenti. Si tenga tra, l’altro conto che la lente cilindrica da me utilizzata non è tra quelle che Edmund considera di elevata qualità ottica. Senza dubbio, l’incisione degli spettri rilevati è a mio avviso attribuibile alla sostituzione di una fenditura meccanica, di difficile realizzazione, con una “ottica”, data dalla trasformazione di un punto luminoso ( punto reale nel caso della stella, meccanico nel caso del foro stenopeico). In entrambi i casi il pacchetto di fotoni che compone il punto luminoso viene, inoltre, mediato e composto dalle ottiche del telescopio attraverso le quali passa, sino a giungere alla lente cilindrica d’ingresso dello spettroscopio. Il costo complessivo di tale realizzazione si è aggirato, a prezzi correnti, ed al cambio attuale di circa 1,3 dollari per Euro, intorno ai 200 E, ossia quanto un oculare di buona qualità, con la sostanziale differenza, rispetto a questo, di mostrare non particolari ingranditi dei vari oggetti astronomici, ma un vero e proprio nuovo mondo, un settore dell’astronomia attualmente misconosciuto nell’ambito amatoriale , che però si può dire costituisca l’attività essenziale della ricerca professionale.
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