COME STUDIARE GLI AMMASSI STELLARI APERTI UTILIZZANDO UN APPLICATIVO SOFTWARE COSTRUITO PROGRAMMANDO, CON VBA, ALCUNI SPREADSHEETS DI EXCEL.

 

Valter Arnò

 

Con l’avvento in campo amatoriale del CCD si aprono, anche per i non professionisti, occasioni per studiare oggetti celesti difficilmente avvicinabili con le emulsioni fotografiche e abbastanza laboriosi anche con tecniche fotometriche basate sull’uso di tubi fotomoltiplicatori.

Nel recente passato le difficoltà tecniche appena accennate hanno sicuramente reso difficile, per l’amatore, tentare lo studio di oggetti deboli e mediamente compatti come gli ammassi stellari aperti. 

Tuttavia, l’esclusione di questi oggetti, dal menù osservativo di un amatore che non voglia limitarsi solo riprendere immagini da un punto di vista meramente fotografico, è probabilmente dovuto oltre alle difficoltà tecniche di cui sopra, anche alla necessità di dover intraprendere un percorso di misurazione fotometrica.

Come si può ben comprendere, infatti, l’ottenimento di una misurazione oggettiva, non può prescindere dalla applicazione di una corretta procedura di misurazione, basata su solide e condivise certezze scientifiche.

I sistemi fotometrici applicati in astronomia sono molteplici, ognuno per le proprie peculiari caratteristiche e nel seguito daremo per scontata la conoscenza del sistema UBV di Johnson & Morgan (1953 Ap. J. 117, 313) e sue estensioni ai colori R e I.

In relazione a quanto appena detto è possibile definire, almeno a grandi linee, una serie di attività che ogni osservatore deve eseguire per ottenere corrette misurazioni fotometriche nel sistema UBV.

Più dettagliatamente e con riferimento specifico ad un amasso galattico aperto, possiamo fissare il seguente iter:

1)     Decidere quale sia l’oggetto desiderio della nostra indagine.
2)     Attendere una notte fotometrica adatta alle riprese (Seeing).
3)     Sottrarre per ogni stella l'appropriato background in U,B,V.
4)     Calcolare le magnitudini strumentali u,b,v, (b-v) e (u-b).
5)     Determinare l'arimass X per ogni stella fotometrata usando:
       X= sec(Z) con sec(Z) = 1/(sinfsind+cosfcosdcosHA).
6)     Calcolare i coefficienti di estinzione per i vari colori Kv, Kbv,    Kub plottando con procedura grafica:
   (a) v contro X la cui pendenza grafica vale Kv
   (b) (b-v) contro X la cui pendenza grafica vale Kbv
   (c) (u-b) contro X la cui pendenza grafica vale Kub
7)     Correggere tutte le misure usando le seguenti formule:
     vo = V-KvX, (b-v)o = (b-v)-KbvX e(u-b)o = (u-b)-KubX.
8)     Calcolare i termini di colore utilizzando i dati fotometrici delle standard stas con la seguente procedura grafica plottando:
  (a) (B-V)-(b-v)o contro (B-V) per ricavare:
            m = (1/1-pendenza) e Cbv = (intercetta/1-pendenza).
  (b) V-vo contro (B-V) per ricavare:
            e = pendenza e Cv = intercetta.
  (c) (U-B)-(u-b)o contro (U-B) per ricavare:
            p = (1/1-pendenza) e Cub = (intercetta/1-pendenza).
9)     Standardizzare infine al sistema UBV con le seguenti:
    (a) (B-V) = m(b-v)o + Cbv
    (b)  V = vo + e(B-V) + Cv
    (c) (U-B) = p(u-b)o + Cub

Ottenuto quanto sopra, naturalmente attraverso qualche ora di buon impegno, l’osservatore si ritrova con una serie di dati V,(B-V) e (U-B), relativi a molte stelle che giacciono nel campo ripreso dal nostro CCD.

Le magnitudini delle stelle dell’ammasso, sono adesso pronte per poter essere utilizzate individualmente nella la costruzione dei diagrammi colore-colore e colore-magnitudine.

Attraverso questo iter siamo dunque giunti al punto iniziale per lo studio fotometrico di un ammasso stellare aperto.

Ora che possediamo le misure fotometriche individuali, occorrerà organizzarle per poter derivare da esse i parametri fisici fondamentali del nostro ammasso.

Dette così semplicemente le cose sembrano già praticamente finite.

In realtà, invece, siamo appena all’inizio della fase interpretativa e deduttiva dei parametri fisici dell’ammasso, che si possono ottenere dallo studio dei suoi diagrammi fotometrici.

Scopo di questa nota, infatti, è quella di illustrare un software specifico e completamente dedicato a questo tipo di ricerche, che può tornare utile a coloro che vogliano intraprendere lo studio degli ammassi aperti.

Nelle righe che seguono presenteremo un mix derivato, con poche modifiche, dal manuale di uso e utilizzo del software Hr Trace, in cui si illustrano una serie di analisi fotometriche, basate sui dati desunti dalla letteratura, per alcuni ammassi aperti più o meno noti di entrambi gli emisferi.

In particolare viene presentata integralmente la parte seconda del manuale stesso che rappresenta, per i suoi contenuti, la parte maggiormente interessante per la comprensione delle finalità del software.

L’applicativo Hr Trace è stato concepito soprattutto come uno strumento, destinato a coprire ed automatizzare lo spazio esistente tra l’acquisizione delle misure fotometriche al telescopio e la loro successiva analisi.

Sulla base di quanto appena detto possiamo perciò affermare che l'intento principale dell'applicativo, è quello di aiutare l'osservatore ad analizzare i dati e trarre conclusioni.

Prima di iniziare il grosso della discussione, daremo una breve panoramica di come saranno utilizzate le fotometrie di alcuni ammassi selezionati, non casualmente, capaci di darci un idea di quale possano essere le aspettative derivanti dall'uso di Hr Trace.

Invece di elencare una ad una le procedure e metodologie, si è scelto di commentare le interfacce più importanti utilizzando, di volta in volta, un ammasso le cui peculiarità siano tali da far emergere le caratteristiche più salienti del software.

E’ stata pertanto usata la fotometria, desunta dalla letteratura, dei seguenti ammassi:

IC 2581 , Ngc 6611, Stock 2, Ngc 2362, Praesepe, Ngc 5460, Ngc 6025, Ngc 3293, Ngc 4755 e Pleiadi.

Per la maggioranza delle interfacce è stato utilizzato IC 2581, un ammasso australe non lontano dalla vasta concentrazione di stelle OB nella zona nebulare Ngc 3372.

Questo ammasso ha una sequenza principale ben definita e con le sue giganti e supergiganti luminosissime è ideale per mostrare alcune caratteristiche del software Hr Trace.

IC 2581 è interessante perché fa parte di quella serie, non molto numerosa per la verità, di ammassi che contengono le così dette “ A-F-G Super luminous Giant Stars” (SLGs).

Queste stelle sono caratterizzate dal fatto di essere almeno una magnitudine più luminose di ogni altro membro dell’ammasso e di cadere tutte in un range (B-V)o compreso tra 0 e +2.

Appartenenti alle classi di luminosità Ia o addirittura Ia+ - IaO sono in grado di raggiungere strabilianti magnitudini assolute intorno a valori compresi tra -8,0 e -9,0.

Lo studio di ammassi che contengano questo tipo di stelle è oltremodo importante, perché calibrando sempre meglio le magnitudini assolute di questi oggetti, risulterà poi possibile utilizzarli come candele standard, per determinare distanze sia galattiche che intergalattiche.

La gran parte delle analisi, dalla determinazione del grafico colore magnitudine assoluta, alla funzione di luminosità, fino al piano teorico “Diagramma HR”,sono effettuate utilizzando questo ammasso.

In particolare sul piano teorico sono sovrapposte, dopo la trasformazione degli osservabili (B-V) e Mv, rispettivamente in Log(Teff) e Log(L/Ls), le tracce ricavate dai modelli stellari di Schaller, presenti in Hr Trace nel loro intero range tra 0.9 e 120 masse solari.

Quando l’estinzione differenziale sulla fotometria di un ammasso fa sentire i suoi effetti, occorre determinare il parametro <E(B-V)> con una metodologia particolare e per illustrarla, è stato usato l’ammasso Ngc6611.

La tecnica utilizzata in Hr Trace per i casi come Ngc 6611, così come per le associazioni OB, è quella della determinazione della estinzione differenziale sull’ammasso dE(B-V), per derivare da questo ultimo valore <E(B-V)>.

Stock 2 si trova in una zona di cielo, molto arrossata e la dispersione particolare dei membri sul diagramma due colori, ci è tornata utile per introdurre la determinazione dei colori intrinseci attraverso dati spettroscopici, a cui si deve ricorre quando la stessa cosa non sia possibile per via soltanto fotometrica.

Si potrà così vedere l’uso della tabella di spectral dereddening, utilità di Hr Trace e la tecnica di determinazione della distanza attraverso il “Variable Extinction Diagram”.

Con Ngc 2362 cercheremo invece di spiegare gli effetti che si possono produrre sulle determinazioni finali quando: una volta raggiunto in best-fit sul piano colore – colore, l’operatore decida di variare la larghezza di cattura per le stelle di sequenza principale, intorno alla calibrazione.

In Ngc 2362 la stella più luminosa t Cma occupa, sul diagramma colore – colore, una posizione molto particolare.

Questa stella si trova in un punto in cui le calibrazioni per le classi di luminosità Ia, Iab, Ib, sono praticamente coincidenti e molto vicine al limite che contiene il valore di default per il comando larghezza di cattura Early Type classe V.

In tale situazione, aumentare anche di poco la larghezza di cattura, significherebbe forzare Hr Trace ad acquisire t Cma come stella di sequenza principale, anziché ciò che essa è in realtà, ossia una supergigante di classe spettrale O9 Ib.

Come prototipo di ammassi intermedi o vecchi si è utilizzato, per illustrare le problematiche ad essi collegate, il Praesepe.

Abbiamo usato questo ammasso nella interfaccia “Comparazione con Modelli Semi-Empirici”.

La sovrapposizione di tracce Zams derivanti dal calcolo di modelli semi-empirici piuttosto che da costruzioni totalmente empiriche, consente in primo luogo di valutare, per confronto, la correttezza dei risultati ottenuti fino a quel momento e in secondo luogo di apprezzare le eventuali differenze introdotte, nel modulo della distanza, al variare della metallicità.

Sovrapponendo poi Isocrone dai modelli stellari di Castellani, Chieffi e Straniero sul Praesepe, si  commenta brevemente il good-fit dell’isocrona 800Myr con le quattro giganti appartenenti a questo ammasso, dimostrando come si possa determinare l’età di un ammasso utilizzando Isocrone teoriche.

Naturalmente, quello delle isocrone non è il solo metodo disponibile in Hr Trace per le determinazioni di età e nell’applicativo è utilizzata per default la calibrazione di Maeder, Mermilliod, Meynet, basata sulla valutazione dell’età dal blue turnoff.

Ngc 5460, Ngc 6025, Ngc 3293, Ngc 4755 e le Pleiadi, sono stati utilizzati per illustrare argomenti importanti, correlati con il main program di questo manuale.

In particolare con Ngc 5460, Ngc 6025 e Ngc 3293, si è discusso dell’importante problema costituito dalla dispersione nelle sequenze fotometriche sul diagramma due colori.

Ngc 4755 e le Pleiadi invece, sono stati usati per discutere di dispersione causata dall’evoluzione stellare sui diagrammi colore – magnitudine.

Questa sezione, dunque, dovrebbe essere sicuramente la più interessante del manuale, non solo perché si è evitato accuratamente di allontanarsi troppo dall’aspetto eminentemente pratico, ma soprattutto perché attraverso esempi che contengono qualche caso limite, si cercato di illustrare i confini entro cui un azione meramente automatica da parte del codice, non dovrebbe produrre effetti negativi.

VBA, VISUAL BASIC FOR APPLICATIONS DIALETTO COMUNE

Coloro che spesso hanno a che fare con calcoli, formule e grafici, si ritrovano ad essere, si fa per dire, i migliori clienti di un applicativo come Excel, che aiuta a risolvere velocemente problemi di computo anche molto complessi.

Tuttavia chi utilizza spesso Excel, sa che in molti casi sarebbe necessario poter disporre di un certo grado di automazione, almeno per le procedure ripetitive di calcolo.

Per rispondere alle esigenze di questo tipo di utilizzatori, che gli americani definiscono in modo colorito come “ power users “,  microsoft ha introdotto nella koinè ms office il comune linguaggio “ Visual Basic for Applications ”.

Nato come strumento per automatizzare modelli creati su fogli di lavoro in Excel 5.0, VBA si è presto trasformato in un vero e proprio potentissimo linguaggio di programmazione, appartenente alla famiglia dei visual basic possedendone identica struttura e sintassi.

Il VBA di Excel ha costituito l’avanguardia di una strategia che ha portato microsoft, ha dotare tutti gli applicativi della famiglia ms office, di questo linguaggio di programmazione.

I vantaggi dal punto di vista degli utilizzatori sono evidenti. Finalmente è ora possibile, per chiunque ne abbia necessità o semplicemente desiderio, procedere alla vera e  propria programmazione di applicativi come Excel , Word, Power Point e tutti gli altri della famiglia ms office.

CHE TIPO DI PROGRAMMA E’ HR TRACE ?

Hr Trace è un applicativo ottenuto programmando alcuni spreadsheet di Excel, con microsoft visual basic for application ( VBA ).

Per evitare equivoci diciamo subito che intervenire con VBA su spreadsheet di Excel, non produce file direttamente eseguibili con estensione " .exe ".

Uno spreadsheet programmato di Excel, ha bisogno che nel computer sia presente Excel stesso per essere eseguito.

Quanto appena detto potrebbe apparire come una forte limitazione, ma non è così se si pensa che l’obiettivo di partenza, nel nostro caso, era proprio quello di ottenere l’applicativo programmando spreadsheet di Excel.

Volutamente Hr Trace è stato concepito in questo modo, per dimostrare come un normale foglio elettronico possa trasformarsi, con l’utilizzo di VBA, in un applicativo che non ha nulla da invidiare a programmi sviluppati in modo professionale.

Inoltre utilizzando VBA su Excel è possibile limitare fortemente il lavoro di programmazione, in quanto si possono usare funzioni, controlli e oggetti dotati di metodi , proprietà ed eventi tipici di Excel stesso, evitando così di dover scrivere molte righe di codice per ottenerli.

Tutto questo grazie al fatto che il visual basic for application, fornito di serie da microsoft con i componenti di ms office, sfrutta tutte le librerie dei fratelli maggiori vb5 e vb6 oltre a quelle specifiche di office.

CHE COSA E’ HR TRACE ?

Hr Trace è uno strumento, il cui scopo e quello di rendere disponibili in modo  semplice e rapido, dati ed informazioni significativamente validi derivanti dalle osservazioni fotometriche utilizzando, per fare questo, le stesse tecniche e procedimenti messi a punto dai professionisti.

Questo applicativo copre, infatti, lo spazio esistente tra osservazioni e deduzioni, gestendo in modo totalmente automatico la riduzione e presentazione dei dati derivanti dalle osservazioni.  

Le tecniche, i metodi ed i concetti  utilizzati da Hr Trace, sono quelli descritti nella più recente letteratura tecnica in materia di ammassi galattici aperti e coinvolgono i seguenti punti:                                      

1)    colori osservati e colori intrinseci.
2)    assorbimento interstellare selettivo.
3)    assorbimento interstellare totale.
4)    reddening lines.
5)    tecniche di de-arrossamento.
6)    l'eccesso di colore.
7)    il concetto di Zams (zero age main sequence).
8)    la Zams due colori (U-B)o,(B-V)o come luogo dei colori intrinseci.
9)    il concetto di blue most envelop.
10)   l'applicazione del concetto di Zams sul piano (B-V)o, Vo.
11)   l'applicazione del concetto di Zams sul piano (U-B)o, Vo.
12)   il significato del modulo apparente della distanza (V - Mv).
13)   il significato del modulo vero della distanza (Vo - Mv).
14)   il fitting grafico del modulo della distanza .
15)   il concetto di lower envelop.
16)   il fitting matematico del modulo della distanza .
17)   la funzione di luminosità (LF).
18)   il diagramma Hr sul piano osservazionale CM.
19)   il diagramma Hr teorico log (Teff), log (L/Ls).
20)   la funzione di massa (MF).

Al momento Hr Trace è operativo sulla broad band photometry UBV di Johnson e l’ampliamento ai colori " R " ed " I " è in fase di sviluppo.

 

COME SI EFFETTUA UNA ANALISI FOTOMETRICA DI UN AMMASSO APERTO

 

ANALISI DEI DATI FOTOMETRICI – SCELTE INIZIALI

Prima di andare oltre è necessario precisare che daremo per scontata, da parte del lettore, la conoscenza dei principi di fotometria astronomica e pertanto non ci soffermeremo a spiegare alcun concetto fondamentale.

Tuttavia per il lettore a corto di tali nozioni è segnalato, alla fine di questa discussione, un URL dove potrà ottenere, on-line, la lettura dell’intero manuale, la cui prima parte e dedicata alle nozioni fondamentali di fotometria astronomica.

La prima preoccupazione per iniziare correttamente una analisi fotometrica di un ammasso galattico aperto, di cui si possegga la fotometria dei suoi presunti membri, è quella di poter in qualche modo isolare quelli effettivi, dalle stelle di fondo.

Le metodologie in questo senso possono seguire diversi indirizzi che vanno da un’ analisi dei moti propri sul campo dell’ammasso, alla misura delle velocità radiali, fino alla applicazione dei criteri fotometrici propriamente detti.

Dopo l’avvento del CCD gli astronomi, nel tentativo di risolvere questo problema, hanno messo a punto algoritmi soffisticati che si occupano della sottrazione delle stelle di campo dall’immagine dell’ammasso utilizzando, per far questo, procedure statistico-matematiche.

Tra le varie metodologie dette sopra, l’amatore può utilizzare proficuamente solo quella fotometrica, in quanto tutte le altre richiedono misurazioni delicate, con strumenti non alla portata di un dilettante e/o software particolari.

Normalmente, però, la tecnica fotometrica, basata sull’analisi delle reciproche posizioni delle stelle sul campo dell’ammasso, sul diagramma due colori e su quello colore-magnitudine, è sufficiente per distinguere con buon grado di affidabilità, i membri dagli oggetti di campo.

Deve tuttavia essere detto, che la procedura di cui sopra può essere molto lunga, soprattutto se condotta accuratamente e se il numero delle stelle fotometrate è grande.

Immediatamente dopo questo primo step dobbiamo effettuare alcune scelte che sono funzione della precisione che si vuole ottenere.

Le possibilità in questo senso sono :

1)     Eseguire una analisi decidendo a priori, il valore di pendenza della reddening line RL ed il valore di R, che normalmente prendono valori da 0,69 a 0,75 per la RL e da 3 a 3,25 per R.

oppure:

2) Prima di iniziare l’analisi si può determinare, ricercando dati spettroscopici per i membri dell’ammasso, il corretto valore di pendenza per la RL e per di R.

I dati che servono sono ottenibili utilizzando il collegamento al WEBDA, o attraverso la letteratura tecnica Nasa/Ads.

Introducendo successivamente i dati nella procedura di spectral dereddening, si potrà utilizzare il Variable Extinction Diagram.

La procedura ( 2 ) oltre a fornire il corretto valore di R e la corretta pendenza per la reddening line sul campo osservato, produce anche una determinazione del modulo apparente della distanza.

QUALCHE PRECISAZIONE SULLE SCELTE INIZIALI

Una volta conosciuti R e la pendenza della reddening line RL, potremo impostare questi valori nella  interfaccia determinazione di <E(B-V)>, tenendo presente che il risultato finale è, ovviamente, influenzato dalla scelta operata per la selezione dei valori suddetti.

Per rendere più agevole tutta questa serie di operazioni, l’osservatore può utilizzare il software proposto che esaminando automaticamente le sequenze fotometriche introdotte, determina gli arrossamenti individuali e provvede a catturare le Early type presenti nelle sequenze, per ottenere il parametro <E(B-V)> (arrossamento medio).

Questo valore si ottiene graficamente nella interfaccia appropriata Determinazione <E(B-V)>, mentre in background Hr Trace determina lo stesso parametro in modo analitico e individualmente per le sole Early Type presenti nel set delle misure fig. 1 e 2.

Per quanto riguarda le medium e late type stars, Hr Trace, nell'effettuare il dereddening, assegna a questi gruppi il valore medio di <E(B-V)> calcolato per le early type.

L'INTERFACCIA DETERMINAZIONE DI <E(B-V)>

Fig.1 Impostazione di R ed RL nella interfaccia due colori

Altrimenti detta interfaccia due colori permette, utilizzando il metodo della Sliding fit Tecnique, vedi (Johnson & Morgan 1593 Ap. J. 117, 313), di ottenere il valore medio dell’arrossamento <E(B-V)> per l’ammasso in esame.

In fig.2, diamo evidenza dei comandi fondamentali dell’interfaccia software:

Fig.2 Interfaccia due colori in evidenza i comandi fondamentali

Poiché l’operazione di determinazione di <E(B-V)> è abbastanza delicata, troverete alcuni esempi chiarificatori, sull’uso corretto di questa tecnica, nel help file relativo a questa interfaccia.

Vediamo adesso una serie di analisi fotometriche utilizzando l’applicativo Hr Trace e i dati fotometrici di IC 2581.

DETERMINAZIONE DI <E(B-V)> PER IC 2581

Utilizzando l’apposita  interfaccia di Hr Trace, proviamo a determinare il fitting grafico tra la calibrazione colori intrinseci di Schmidt-Kaler 1982 e la distribuzione dei membri di IC 2581 sul grafico due colori, per ottenere il valore di <E(B-V)>.                                  

Fig.3 Ricerca di <E(B-V)>

Dal fit al blue most envelop per le Early type ottenuto con l’apposito comando è stato possibile ottenere, utilizzando il metodo della Sliding fit Tecnique, un valore per l’arrossamento medio pari a 0,42 vedi fig. 4.

Fig.4 Fitting sull’interfaccia due colori per IC 2581.

Contemporaneamente alla ricerca grafica di <E(B-V)>, Hr Trace provvede a risolvere, in background, gli arrossamenti individuali per le early type utilizzando il metodo delle reddenig lines individuali.

COME FUNZIONA L’ALGORITMO DI CATTURA DELLE EARLY TYPE

I colori intrinseci tabulati da Schmidt-Kaler o da Fizgerald, non sono costanti e variano sia tra le classi spettrali, che tra le classi di luminosità, ed è proprio di questo aspetto che discuteremo tra breve.

In un ammasso galattico aperto si possono trovare oltre alle stelle di sequenza principale classe luminosità V, anche stelle evolute che appartengono a classi di luminosità diverse dalla V.

Possiamo ad esempio trovare stelle appartenenti alle classi di luminosità III, II, Ia, Iab, Ib.

I valori intrinseci per le classi di luminosità V e III, ovvero per le stelle di sequenza e le giganti normali, differiscono molto poco.  Scambiare perciò una gigante normale con una stella di sequenza, durante l’esecuzione della procedura automatica di ricerca dei colori intrinseci utilizzando, per esempio, il metodo delle reddenig lines sul diagramma CC, corrisponde ad effettuare un errore assai piccolo e praticamente trascurabile per le Early Type.

La stessa confusione tra una stella si sequenza o gigante e una bright-giant di classe II, può comportare un errore compreso tra un minimo di 0.01, fino ad un massimo di 0.04 magnitudini per le Early Type O e B.

Ancora maggiore può essere l’errore se si scambia una stella di sequenza o gigante normale, con una supergigante appartenente ad una delle classi di luminosità Ib, Iab, Ia, errore che risulterebbe compreso in un range tra 0.06 e 0.07 magnitudini per le Early Type O e B.

Inutile dire che errori di questa entità, possono contribuire ad individuare stelle, addirittura, di classe spettrale diversa da quella reale.

Un ottimo esempio di  quale possa essere l’entità di questo tipo di errori, lo possiamo vedere proprio nella sequenza fotometrica dell’ammasso che stiamo studiando.

La stella più luminosa di questo ammasso è una supergigante di classe spettrale A7 e classe di luminosità Ia-O  Turner (1978).

La stella in questione è HD 90772 e per questa stella Cousins e Stoy, al SAAO, hanno osservato i seguenti valori fotometrici :

V = 4,64   (B-V) = 0,52   (U-B) = - 0,01                   

Ora poiché sappiamo dall’indagine spettroscopica, che HD 90772 è una Supergigante di classe A7 Ia-O, utilizzando la tabulazione di Schmidt – Kaler, possiamo derivarne i colori intrinseci che risultano essere:

(B-V)o = 0,13  e  (U-B)o = 0,09              

Se tracciando la RL con pendenza E(U-B)/E(B-V) passante per la posizione di questa stella nel diagramma CC, si cerca l’intersezione con il tratto rettilineo della curva dei colori intrinseci per la classe di luminosità V, rappresentata dalla retta di regressione (1) seguente:

(U-B)o = 3,7178(B-V)o– 0,0473  ( 1 )

anziché con l’equazione che rappresenta i colori intrinseci per la classe di luminosità Ia, definita dalla (2) seguente :

(U-B)o   =  2,2115(B-V)o – 0,5679     ( 2 )

si commetterà un errore pari all’individuare una stella di classe B6 ÷ B7, anziché la spettroscopicamente più corretta A7.

Questo perché nel primo caso, ( intersezione della RL con la sequenza colori intrinseci classe luminosità V ), determineremo le seguenti coordinate di intersezione :

( B-V )o = - 0,135  e  ( U-B )o  =  - 0,49                    

Mentre nel secondo caso, (intersezione della RL con la sequenza colori intrinseci classe luminosità Ia ), si ottiene :

( B-V )o = 0,13  e  ( U-B )o  =  0,067 

Occorre precisare che, Hr Trace, nel computo del punto di intersezione per quanto riguarda la classe di luminosità V e III utilizza, per determinare E(B-V) e E(U-B) individuali, la approssimazione lineare ai colori intrinseci definita dalla (1).

Mentre per le classi di luminosità II, Ia, Iab, Ib, utilizza una serie di approssimazioni lineari come la (2) per determinare il valore di E(B-V) individuale, da cui poi deriva in colore intrinseco come (B-V)o = (B-V) - E(B-V).

Successivamente usando il valore (B-V)o,  così determinato, all'interno di una approssimazione polinomiale del 6° ordine ai colori intrinseci, per la classe di luminosità condiderata, ottiene (U-B)o.

Da quanto detto fino a questo momento, appare chiaro che l’algoritmo di de-arrossamento, oltre a ottenere il valor medio di E(B-V) attraverso un corretto best-fit, deve anche garantire, quando i fenomeni dispersivi lo consentano, l’interpretazione delle classi di luminosità  presenti sul diagramma CC.

Benchè l'operazione di de-arrossamento, utilizzando il metodo della reddening line sia completamente automatica, è possibile esegurila anche graficamente e la mostriamo brevemente con un esempio.

Osservando la figura 5 seguente vediamo come sia possibile, usando l'interfaccia determina <E(B-V)> di Hr Trace, ottenere il valore (B-V)o per una stella scelta a caso nella sequenza principale di IC 2581.

Fig. 5 Dereddening grafico comando fondamentali

Indichiamo con un cerchio rosso la stella di cui si vuole conoscere il valore dell'indice di colore (B-V) dearrossato, come si vede nella figura 6 successiva.

Fig. 6

Muovendo con gli appositi comandi la reddening line, la si sposta fino alla sovrapposizione con la stella nel cerchio rosso, leggendo nella apposita finestra il valore del parametro (B-V)o relativo a questo oggetto, vedi figura 7 seguente.

Fig. 7

L'utilità appena vista, consente di ottenere graficamente il valore dearrossato (B-V)o soltanto per stelle di sequenza principale, non è pertanto valida per le altre classi di luminosità.

Evitare confusioni nella interpretazione delle classi di luminosità consente di isolare con certezza dalle altre, le stelle di sequenza principale classe V, che il codice deve catturare e utilizzare per determinare, non solo il valor medio di E(B-V), ma anche il modulo medio della distanza per questo gruppo.

In fig. 8  si vede la mappatura di IC 2581 con indicazione della tipologia di cattura effettuata dall’applicativo Hr Trace, sul diagramma colore – colore, una volta raggiunto il best–fit .

Fig.8 Mappatura del diagramma CC e cattura delle Early Type in IC 2581

Durante la ricerca del best-fit le cose non vanno sempre così facilmente come mostrato per IC 2581 e vari fenomeni possono produrre forte dispersione nelle sequenze fotometriche, determinando qualche problema.

 LA DISPERSIONE NELLE SEQUENZE FOTOMETRICHE SUI DIAGRAMI COLORE-COLORE

E COLORE-MAGNITUDINE PUO’ RENDERE DIFFICOLTOSO IL BEST-FIT ?

Si. Una sequenza fotometrica altro non è che il susseguirsi regolare di punti che rappresentano singole misurazioni per un gruppo di stelle, plottati sui diagrammi colore-colore (CC) o colore-magnitudine (CM).

Osservando la sequenza si dice che: maggiormente compatto è il susseguirsi dei punti e minore sarà la dispersione presente nella sequenza stessa.

la dispersione dei punti può dipendere da una serie di fattori, di cui diremo in seguito, che si manifestano in modo più o meno accentuato a seconda del diagramma considerato.

La cosa migliore, comunque, è fare qualche esempio di dispersione prima sul diagramma CC e poi su quello CM.

Cerchiamo nell’archivio fotometrico di Hr Trace, gli ammassi che ci servono per illustrare la dispersione dei punti sul diagramma colore-colore (CC).

Il grafico due colori di figura 9, mostra l’andamento per l’ammasso Ngc 5460 come esempio di sequenza fotometrica molto compatta e priva di dispersione.

La fotometria di questo ammasso proviene dalla letteratura ed è memorizzata nell’archivio.

Fig. 9 la sequenza di Ngc 5460

Questa sequenza è molto compatta, lascia poco o nulla alla interpretazione di chi la osserva e certamente non crea problemi per la determinazione dell’arrossamento medio, utilizzando il metodo della sliding fit technique.

Vediamo adesso un altro caso, quello di Ngc 6025 fig. 10, dove la dispersione è ancora molto contenuta come per Ngc 5460. Qui a causa della diversa età di questo ammasso, la sequenza principale è maggiormente estesa verso indici di colore (B-V) più blu.

Fig. 10 la sequenza di Ngc 6025

Aumentiamo ancora la dispersione utilizzando la fotometria di Ngc 3293.

In questo ammasso si nota già una dispersione maggiore, evidenziata sul grafico dalle stelle contenute nelle ellissi.

Tuttavia è certamente ancora possibile determinare l’arrossamento medio utilizzando la sliding fit technique.

Fig. 11 la sequenza di Ngc 3293

Infatti la semiretta blu sul grafico di fig. 11, tracciata per un valore di <E(B-V)> = 0,25, evidenzia come la dispersione delle misure lasci ancora chiaramente definita la sequenza principale.

Ngc 3293 è uno di quei casi che stanno sul confine, poiché qui è possibile utilizzare, nella ricerca di <E(B-V)>, sia la sliding fit technique, che il metodo che vedremo nel caso di Ngc 6611.

In recenti studi su questo ammasso sono stati impiegati entrambi i metodi, determinando valori di <E(B-V)> compresi tra 0,24 e 0,31.

Osservando le figure da 9 a 11, si vede che l’aumento di dispersione nelle sequenze fotometriche sul diagramma colore-colore consista essenzialmente nell’ispessimento delle stesse mano a mano che si proceda, dal blue most envelop verso valori sempre più positivi di (B-V), secondo la pendenza della reddenig line.

Nel caso del diagramma di Ngc 3293 fig. 11, il fenomeno che produce tale dispersione è da ascriversi in primo luogo alla estinzione differenziale e secondariamente alla probabile presenza di oggetti di campo non appartenenti all’ammasso ( non membri ), diversamente arrossati.

Un altro effetto ben visibile come differenza tra le sequenze di Ngc 5460 e 6025 è quello prodotto dalla differente età, che ci regala sequenze principali più lunghe e più estese verso valori blu dell’indice (B-V), mano a mano che si prendono in considerazione ammassi più giovani. Le età desunte per questi due ammassi dal Webda sono di circa 77 Myr per Ngc 6025 e 161 Myr per Ngc 5460.

Vedremo tra breve come la differenza osservata nelle sequenze di dei due ammassi, affondi le proprie radici nella teoria della evoluzione stellare e come da quest’ultima venga pienamente giustificata.

PERCHE’ COSI’ TANTO INTERESSE PER LA DISPERSIONE NELLE SEQUENZE

FOTOMETRICHE DEGLI AMMASSI ?

Perché una elevata dispersione, come si è visto, può rendere molto difficile la ricerca del best-fit tra la curva che definisce la calibrazione utilizzata e la distribuzione dei punti che rappresentano le singole stelle sul diagramma considerato.

Così risulta immediato che una elevata dispersione può voler dire imprecisa determinazione della distanza, con tutto ciò che ne consegue.

Lo scopo di questo applicativo è la determinazione dei parametri fondamentali di un ammasso, ma se ci pensiamo un attimo, tutti i parametri in qualche modo dipendono da un corretto calcolo della distanza, ecco perché si pone grande importanza verso la minimizzazione degli effetti dispersivi.

Basti ricordare che sul diagramma colore – colore, si determina il parametro <E(B-V)> e poiché questo fattore insieme al valore di R rientra nel calcolo della distanza, si capisce come una sequenza molto dispersa, in cui i punti siano tra loro molto diradati, possa rendere imprecisa la determinazione di questo parametro.

Il modulo della distanza, infatti, contiene E(B-V) ed R come si vede nella seguente:

(Vo-Mv) = [V-RE(B-V)]-Mv

   

Tutte le incertezze di cui sopra, si riproducono anche usando procedure non grafiche, infatti la precisione di un fitting matematico dipenderà, anch’esso, dalla dispersione dei valori contenuti nell’intervallo su cui si ricerca il miglior adattamento.

Nel loro insieme le cause che producono dispersione sulle sequenze sono:

·         Estinzione differenziale

·         Evoluzione stellare

·         Duplicità stellare

·         Rotazione stellare

·         Differenze nella composizione chimica

·         Dispersione nella valutazione dell’età

·         Dispersione nella valutazione delle distanze

·         Presenza di non membri

Se riuscissimo in qualche modo a quantizzare gli effetti prodotti dalle cause appena elencate, molto probabilmente sarebbe possibile intravedere la strada da seguire per minimizzarne o eliminarne gli effetti, durante la ricerca dei parametri fondamentali di un ammasso.

Più dettagliatamente possiamo dire:

Se si tralascia dunque l’estinzione differenziale e l’evoluzione stellare, la combinazione  di tutti gli altri fenomeni, che causano dispersione sul diagramma due colori, non supera d(B-V)= 0,1 e  d(U-B) = 0,1.

Vedremo tra poco, quando parleremo in modo più approfondito di estinzione differenziale e di come la si possa misurare sul diagramma due colori, come l’ultima osservazione costituisca il cuore del criterio di Burki.

Riferimenti

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Whitford A.E. 1958 Astron. J. 63, 201

GLI AMMASSI E LE LORO NURSERIES

Può sembrare banale affermare che le stelle nascono dove c’è materiale per costruirle, ma naturalmente è proprio così. Dunque le stelle si formeranno dove c’è grande abbondanza di idrogeno, che è il loro costituente principale. Ora se quanto affermato è coerente con la realtà, ci si deve aspettare che le regioni H II , nelle braccia a spirale della galassia, siano le nurseries dove nascono stelle ed ammassi stellari.

Non parleremo qui del meccanismo di frammentazione delle nubi galattiche che ha come risultato la produzione di stelle, ci interessa solo osservare che, in questi luoghi, le stelle che hanno appena raggiunto la Zams dalla fase di Pms, si troveranno in un ambiente ancora fortemente nebulare.

La casualità ci induce quindi pensare che alcune stelle emergeranno dalla nube protostellare in zone dove gas e pulviscolo saranno maggiormente densi e altre in zone relativamente più libere da agenti filtranti.

In queste condizioni, come si è già detto, la luce proveniente da alcune stelle risulterà maggiormente arrossata, rispetto a quella proveniente da stelle in altre zone dell’ammasso, determinando l’effetto di estinzione non uguale (Differenziale) sull’ammasso stesso.

Le conseguenze che questo fenomeno comporta sul diagramma colore – colore, le abbiamo già viste  e adesso vedremo come lo si misura.

IL CASO DELLA ESTINZIONE NON UNIFORME ( Ngc 6611 )

Quando si ha a che fare con ammassi molto giovani, è molto difficile determinare le correzioni per l’arrossamento interstellare utilizzando una metodologia semplice.

In questi casi osserveremo sul diagramma colore – colore i punti che rappresentano le stelle fotometrate, disporsi in modo molto particolare come mostrato in fig 12.

In questa figura si vede chiaramente che l’ammasso Ngc 6611 è sottoposto ad assorbimento differenziale, il fenomeno è rappresentato molto bene dalla dispersione delle stelle dei tipi spettrali da O8 fino a B1 ÷ B2, lungo le loro reddenig lines.

Anche le associazioni stellari OB, in quanto oggetti giovanissimi, presentano distribuzioni simili a quella di NGC 6611.

Nebulosa M16                      Ngc 6611 su M16

G. Burki nel 1975, Astron. & Astrophys. 43, 37 analizzando un campione di ammassi molto giovani, ha formulato un criterio che ci permette di determinare, utilizzando il diagramma due colori, quando sia presente estinzione differenziale.

Il criterio di Burki sostanzialmente dice che quando la dispersione dei dati fotometrici, a partire dall'inviluppo maggiormente blu eccede il valore di 0,1 magn., vuol dire che è presente estinzione non uniforme attraverso l'ammasso che stiamo osservando.

In tutti questi casi Hr Trace calcolando E(B-V), considererà che per le Early type il cui valore di Q sia minore di -0,38 , esista una soluzione unica (intersezione) con la curva colori intriseci (Golay 1974).

Determinando in questo modo il parametro individuale E(B-V) usando l’espressione (3) seguente :

da : Golay M. 1974 Introduction to Astronomical Photometry - D. Reidel Publ. Co. Dordrecht  pag. 138

Fig.12 La dispersione dei valori fotometrici causata dal fenomeno

di estinzione differenziale sull’ammasso Ngc 6611.

Per l’estinzione non uniforme la procedura corretta per determinare E(B-V) è la seguente: 1) portarsi con gli usuali comandi al blue most envelop fig. 13.

Fig.13

Attivare la procedura determina dE(B-V) premendo il pulsante start dE(B-V). Il segnale di avvio procedura è evidenziato dal cambiamento di colore della Zams al blue most envelop, vedi figura seguente 14 seguente.

Fig.15

Procedete premendo il solito comando muovi Zams e otterrete lo sdoppiamento della Zams stessa, continuate con questo comando fino a coprire tutta la dispersione che vi interessa Fig. 15.

Globalmente nella interfaccia due colori saranno ora disponibili i seguenti dati fig. 16.

Fig.16

Nella finestra E(B-V), leggeremo il valore attuale della posizione Zams due colori relativa alle Early Type, mentre nella finestra d E(B-V) leggeremo il valore dell'assorbimento non uniforme.     

Così avremo ricavato i seguenti parametri per NGC 6611 :

     Assorbimento non uniforme variabile tra 0,6 e 1,2

     1)    limite max. = 1,2

     2)    limite min. = E(B-V)FINALE - dE(B-V) = 1,2 - 0,6 = 0,6

Possiamo a questo punto chiudere la procedura premendo il pulsante :

ANCHE L’EVOLUZIONE STELLARE PROVOCA DISPERSIONE

NELLE SEQUENZE FOTOMETRICHE

Al secondo posto, dopo l’estinzione differenziale, il fenomeno che fa sentire maggiormente la sua presenza come dispersione delle sequenze fotometriche, questa volta sul diagramma CM, è l’evoluzione stellare.

Quando un oggetto si allontana dalla sequenza principale, si dice che sta evolvendo verso la fase di gigante. Naturalmente questo processo, di cui diremo meglio in seguito, produce cambiamenti nella struttura stellare, cambiamenti che si tradurranno in uno spostamento dalla posizione attualmente occupata sui diagrammi CC, CM o HR.

Ora se un oggetto muove dalla posizione di sequenza verso altre zone dei diagrammi CM o HR pare ovvio che, nel fare questo, muterà progressivamente anche i sui colori intrinseci, che risulteranno diversi da quelli che lo stesso oggetto possedeva sulla sequenza principale.

Infatti così come esiste un luogo geometrico sul diagramma CC dove si addensano le stelle di sequenza principale non arrossate, in modo del tutto analogo esisteranno, sempre sullo stesso diagramma, luoghi geometrici dove si addenseranno le stelle in fase evolutiva fuori della sequenza principale.

Ci sarà perciò un luogo per le stelle giganti (classe di luminosità III), per le Bright Giants (Classe di luminosità II), le Supergiganti ( classe di luminosità Ia, Iab, Ib).

L’effetto dell’esistenza di questi luoghi, sarà quello di vedere addensate intorno alle rette o curve che li rappresentano, un certo numero di stelle. Naturalmente ritroveremo le stelle in fase evolutiva nella giusta posizione, solo quando avremo determinato il valore dell’arrossamento a cui l’ammasso è sottoposto (best-fit).

In figura 17 sono mostrate le calibrazioni per le stelle non arrossate appartenenti alle varie classi di luminosità, ricavate dalla tabulazione di Schmidt-Kaler 1982.

Si vede che, almeno per le early type stars, le calibrazioni V e III sono praticamente coincidenti, mentre le calibrazioni per le altre classi possono discostarsi anche notevolmente dalla classe V.

Osservate soprattutto le pendenze delle calibrazioni Ia Iab e Ib confluire in un punto quasi comune, per valori dell’indice di colore (B-V) molto blu.

Fig. 17 Calibrazioni intrinseche Sk82

La figura 18 è un ingrandimento della sola zona early type, dove si può vedere chiaramente le 6 calibrazioni staccarsi una dall’altra, mostrando ognuna il proprio andamento caratteristico.

Fig. 18 calibrazioni intrinseche zona early type.

Ovviamente se quella mostrata dalla fig 18 è una situazione reale, allora una volta raggiunto il best fit per la calibrazione classe V (Linea blu), gli oggetti in evoluzione si troveranno addensati sulle linee gialla (II), nera(Ib), marrone (Iab) e verde (Ia).

Per la precisione occorre ricordare che Hr Trace effettua il de-reddening tra le classi Ia,Iab,Ib utilizzando la procedura già descritta prima, quando abbiamo visto come funziona l'algoritmo di cattura nell'intorno del best-fit.

Tuttavia bisogna dire che in ammassi molto giovani, dove si faccia sentire l’estinzione differenziale e la dispersione delle sequenze fotometriche sia, dell’ordine del criterio di Burki, occorre non fare troppo affidamento sul tipo di analisi appena visto.

Questo perché l’estinzione differenziale potrebbe disperdere le singole stelle, di una o più classi spettrali, lungo le proprie reddenig lines, portando così stelle di sequenza (V), giganti (III) e bright giants (II), ad addensarsi sulle calibrazioni Ia,Iab,e Ib e allontanando parimenti queste ultime dalle loro posizioni intrinseche.

Così nei casi in cui la dispersione sia dell’ordine o più grande del criterio di Burki, è assolutamente importante determinare l’arrossamento medio utilizzando la procedura che abbiamo visto per Ngc 6611.

Concludendo possiamo dire che l’effetto dispersivo maggiormente visibile sul diagramma colore-colore, è quello prodotto sulle sequenze dall’estinzione differenziale, che tende a disperdere le stelle ad essa sottoposte, lungo le proprie reddenig lines.

Adesso vediamo qualche esempio di sequenze più o meno disperse sul piano colore-magnitudine.

Fig 19 Pleiadi

Le Pleiadi fig. 19 sono un esempio di sequenza poco o nulla dispersa sul piano (B-V)o, Mv.

Si vede bene che la maggioranza delle stelle fotometrate si addensano intorno alla calibrazione di Schmidt-Kaler 1982 classe V, tracciata sul grafico per un valore di Vo-Mv pari a 5,61 ± 0,07.

Qualche effetto, dovuto all’evoluzione stellare, è riscontrabile per valori di (B-V)o minori di 0,1.

Il diagramma colore-magnitudine è ideale per poter vedere gli effetti dispersivi prodotti dall’evoluzione stellare.

Per gli oggetti rappresentati su questo diagramma, gli effetti dovuti all’arrossamento sono già stati eliminati e pertanto i colori  corrisponderanno con quelli intrinseci.

In queste condizioni, non possono più essere presenti dispersioni dovute ad assorbimenti interposti tra oggetto ed osservatore, per cui le eventuali posizioni, più o meno peculiari, di alcuni oggetti dovranno dipendere evidentemente da altri fattori.

La causa principale, ma non unica, di dispersione sui diagrammi CM è l’evoluzione stellare.

Si è detto prima, che un oggetto in evoluzione tende ad allontanarsi dalla sequenza principale, andando ad occupare altre posizioni sul piano CM e lo vediamo bene nella sequenza delle Pleiadi di fig. 20.

Fig. 20 Pleiadi zona CM dove si osservano oggetti in evoluzione

In questa figura per valori di (B-V)o minori di 0,1, possiamo osservare gli oggetti in evoluzione nelle Pleiadi posizionarsi più in alto della sequenza principale, intorno alle curve che rappresentano il luogo delle subgiganti, classe di luminosità IV e giganti classe di luminosità III.

Per confrontare le posizioni di questi oggetti ottenute utilizzando Hr Trace, recuperiamo la classificazione spettrale MK per questo ammasso dal Webda.

Con le informazioni ottenute abbiamo costruito la tabella seguente:

Nr.

Hr Trace

Vo

Hr Trace

(B-V)o

Hr Trace

Mv

Hr Trace

Tipo Sp Hr Trace

Tipo Sp Webda

C.L.

Hr Trace

C.L.

Webda

33

5,20

-0,12

-0,41

B7÷B8

B7÷B8

V

V-IV

34

3,65

-0,12

-1,97

B7÷B8

B6

III

III

44

4,21

-0,14

-1,40

B6÷B7

B6

IV

V-IV

61

3,69

-0,13

-1,93

B7

B7÷B8

III

III

73

3,92

-0,14

-1,69

B6÷B7

B6÷B7

IV

IV-III

112

2.81

-0,11

-2,81

B8

B7÷B8

III

III

139

3,97

0,02

-1,65

A1

B8

III

III

186

6,38

0,11

0,77

A4

A3

IV-III

IV-III

Tabella(1)comparazioni tipi spettrali-classi luminosità, Hr Trace-Webda

I dati di tabella calcolati con Hr Trace, si dimostrano congrui con quanto ricavato dal Webda, ed in ottimo accordo per quanto riguarda il posizionamento degli oggetti nelle rispettive classi di luminosità.

La figura 20 mostra chiaramente che l’effetto causato dall’evoluzione stellare in un diagramma CM, è quello di disperdere alcuni oggetti, quelli appunto in evoluzione, al disopra della sequenza principale verso le classi di luminosità IV, III, II, Ib, Iab, Ia e IaO.

L’effetto del migrare di alcuni oggetti verso luminosità maggiori e contemporaneamente verso indici di colore (B-V)o più rossi, è essenzialmente dovuto a cambiamenti radicali in corso nell’astro.

Il cammino percorso da questi oggetti, che noi possiamo seguire sia sul diagramma CM che HR, rappresenterà il tentativo di adattamento, fatto da questi astri, ai continui cambiamenti prodotti dalla loro propria fase evolutiva.

Si parlerà in modo un pochino più approfondito di questi argomenti nelle prossime righe.

Per il momento basti fissare l’idea che questi cambiamenti evolutivi sono da mettere in relazione con la massa e la luminosità degli astri coinvolti.

Vediamo brevemente e in modo elementare come la teoria giustifica questi fatti evolutivi.

La massa gioca un ruolo fondamentale nell’evoluzione stellare, in certo senso è l’orologio che scandisce la durata di ogni fase evolutiva, da quella di pre-sequenza (Pms) a quella di sequenza principale (Zams), fino alle fasi evolutive finali.

Sostanzialmente questo ruolo contribuisce a differenziare i tempi di permanenza nelle diverse fasi evolutive, in modo che le stelle maggiormente massive dispongano, in ogni fase, di tempi più brevi rispetto a quelle meno massive.

Ad esempio per una stella di tipo solare, il tempo di permanenza sulla sequenza principale è quello determinato dal rapporto:

Tempo di permanenza = ( Quantità di H disponibile / Velocità di fusione di H in He ).

In altri termini se consideriamo la massa come la  quantità di H disponibile e la luminosità come la velocità di fusione di H in He, la precedente si può scrivere anche:

Tempo di permanenza = ( Massa / Luminosità ).

Indicando poi con il rapporto t / tS il tempo di permanenza sulla Zams rispetto a quello del sole, che è dell’ordine di tS1010 anni e utilizzando la relazione L ≈ M 3  si ha:

t / tS = (M / MS) / (L / LS) = (M / MS) / (M / MS) 3 ≈ 1 / (M / MS) 2

e per una stella di 100 masse solari l’ordine di grandezza sarà : t ≈ 1010 × (1/100)2  ≈ 1 × 106 anni.

Un grado ancora maggiore di dispersione sul diagramma CM, dal punto di vista evolutivo, lo possiamo osservare nell’ammasso australe Ngc 4755 (Jewel Box) fig. 21.

Fig. 21 Ngc 4755 Kappa Crucis ( Jewel Box )

Jewel Box

In questa bella immagine di Ngc 4755 ottenuta da M. Bessel troneggia, quasi al centro dell’ammasso, la supergigante M2 Iab SAO 252073, che come membro di Ngc 4755 risulta essere, in un diagramma Log(Teff), Mbol, la stella più luminosa dell’ammasso poiché raggiunge Mbol -8,51 vedi fig. 23.

Fig. 22 Particolare del diagramma (B-V)o, Mv per Ngc 4755

Se osservate nell’immagine di Ngc 4755 potete poi distinguere almeno

Fig. 23 diagramma Log Teff, Mbol per Ngc 4755

altre tre o quattro stelle di colore arancio - rosso, che ritroverete lungo le calibrazioni delle classi di luminosità III e II in fig. 22.

Inoltre nella zona compresa tra Mv -2 e -8, nell’intervallo (B-V)o tra -0,30 e + 0,20, possiamo contare senza difficoltà alcune supergiganti classe di luminosità Ia, Iab, Ib, Bright Giants II e diverse stelle di alta sequenza V.

Del resto basta una occhiata ai diagrammi di fig. 22-23 per vedere che ci sono molti oggetti in evoluzione in questo ammasso.

Dopo aver utilizzato gli ammassi delle Pleiadi e Ngc4755 ( Jewel Box), per mostrare come gli oggetti in evoluzione fuori dalla Zams producano dispersione sui diagrammi colore magnitudine, andiamo nuovamente all’analisi di IC2581. Tuttavia, ritorneremo ancora sull’ammasso Ngc4755, in relazione alla sua supergigante rossa M2Iab ( stella nel cerchio rosso in fig. 22 e 23) e al suo corretto posizionamento sui diagrammi colore – magnitudine assoluta e colore – Magnitudine Bolometrica, illustrando un importante Warning di Hr Trace.

OTTENERE IL MODULO DELLA DISTANZA < Vo – MV > CON HR TRACE

Nel determinare la distanza di un ammasso galattico per via fotometrica il metodo seguito da Hr Trace, attraverso adeguate interfacce, è quello della Zams fitting.

Esistono diverse calibrazioni empiriche dovute a diversi autori : Becker, Blaauw, Eggen, Johnson, Mermilliod, Schmidt – Kaler, Turner, solo per citarne alcuni, che mettono in relazione l’indice di colore de-arrossato (B-V)o , con la magnitudine assoluta di una stella. I fondamenti teorici su cui si reggono le suddette calibrazioni posso essere così riassunti :

  1. La posizione di una stella sul diagramma HR è determinata dalla sua massa, composizione chimica ed età (Teorema di Wogt – Russel).
  2. Dopo la fase di Pms ( Pre main sequence ) le stelle si localizzano sulla Zams.
  3. La posizione di ingresso nella Zams dalla fase Pms è determinata dalla massa.
  4. Nella fase di Zams le stelle trasformano idrogeno in elio.
  5. Il tempo di permanenza sulla Zams è dato dal rapporto Massa / Luminosità.
  6. La Zams è una sequenza di masse.
  7. Le stelle durante il loro percorso evolutivo entrano ed escono dalla Zams.
  8. La Zams è il luogo di minor luminosità evolutiva.

Se disponiamo su un diagramma colore – magnitudine assoluta le stelle che appartengono a diversi ammassi (fig.24), notiamo che gli stessi sembrano staccarsi da una unica curva o inviluppo, al di sotto della quale si trovano solo le nane bianche.

Questa curva inviluppo ha ricevuto il nome di Zams (Zero age main sequence) e i punti di distacco si chiamano punti di svolta (Turn-off).

Secondo la teoria dell’evoluzione stellare dopo una fase relativamente breve di contrazione gravitazionale, nel momento in cui nel nucleo si raggiungono temperature sufficienti all’innesco del processo di fusione dell’idrogeno in elio, le stelle si dispongono sulla Zams.

La posizione di ingresso nella Zams è determinata dalla massa,  che provvede anche a fissare i valori di temperatura effettiva, colore e magnitudine assoluta.

Le stelle rimangono sulla Zams fino a quando nel nucleo non sia esaurito circa il 12% dell’idrogeno disponibile.

Mano a mano che l’idrogeno si esaurisce, le stelle di sequenza si evolvono uscendo dalla Zams per migrare, nel diagramma HR, verso la zona occupata dalle giganti rosse.

Così stando le cose, le masse delle stelle che si trovano sul punto di svolta (Turn-off), saranno tanto minori quanto più vecchio è l’ammasso vedi fig. 24.

Fig. 24 Diagramma CM composito

In modo altrettanto equivalente, tenendo in considerazione la relazione esistente tra massa e luminosità, potremo definire l’età dell’ammasso dalla luminosità del Turn-off point, che sarà tanto minore quanto più vecchio è l’ammasso.

Proviamo ora ad eliminare, con i metodi visti precedentemente, gli effetti dovuti all’eventuale assorbimento interstellare dalla fotometria di un ammasso vicino, per il quale sia ancora possibile determinare con metodi geometrici (es.: parallasse e/o moving cluster ecc.), la distanza dei suoi membri.

Se conosciamo la distanza conosciamo anche la magnitudine assoluta e poiché si è provveduto ad eliminare dalla fotometria eventuali fattori di disturbo, dovuti all’assorbimento interstellare, conosciamo anche i colori intrinseci dei membri.

In queste condizioni risulta possibile determinare una relazione empirica, tra colori intrinseci e magnitudine – assoluta.

Questa relazione una volta derivata costituirà una calibrazione di zero, che potremo utilizzare per ottenere la distanza di altri ammassi galattici per confronto.

Per determinare quantitativamente il modulo della distanza di qualsiasi ammasso basterà, infatti, comparare la nostra  calibrazione con la distribuzione dell’ammasso in studio su un grafico (B-V)o ,Vo,  calcolando la distanza esistente fra calibrazione e distribuzione.

Quest’ultima operazione è gestibile anche per via grafica, facendo scorrere verso il basso la nostra calibrazione fino ad incontrate la distribuzione dell’ammasso in studio. La tecnica appena descritta è conosciuta con il nome di Zams fitting.

Osservando la fig. 25 che mostra il piano (B-V)o , Vo  nell’interfaccia fitting grafico, vediamo che la sequenza principale di IC 2581 è molto ben definita nell’intervallo (B-V)o =  -0,32 e (B-V)o = 0.0, mentre il blue Turn-off point è posizionato in corrispondenza del valore (B-V)o = -0,25.

Se non si considera gli oggetti in evoluzione, la dispersione dei punti osservati per IC 2581 in Vo e molto contenuta, il che lascia prevedere un basso scostamento nei calcoli di best-fit.

Prima di avviare la procedura di Zoom & Fit disponibile in Hr Trace per il calcolo automatico del best – fit occorrerà selezionare, nella sezione finestre a discesa, l’intervallo (B-V)o su cui vogliamo che l’applicativo esegua la ricerca delle soluzioni di miglior adattamento della calibrazione empirica, ai dati di IC 2581.

Sarà altresì necessario indicare, sempre selezionando nella apposita finestra il valore rilevato del blue Turn-off ad Hr Trace, in modo che il codice possa calcolare l’età dell’ammasso, utilizzando la calibrazione di A. Maeder, G. Meynet e C. Mermilliod.

Per ottenere questo sarà sufficiente portarsi con il cursore sul punto di svolta e leggere automaticamente il valore di (B-V)o, o in mancanza di una evidenza in questo senso, sul punto terminale della Zams dal lato blu della sequenza.

Fig 25 Interfaccia determinazione modulo distanza piano (B-V)o, Vo

Introdotti in Hr Trace i valori richiesti, premendo il comando Zoom & Fit si ottiene la situazione di figura 26, dove il valore del modulo vero della distanza risulta essere di : 12,35 magnitudini.

Come vuole la procedura messa a punto da W. Becker, occorrerà ottenere il modulo della distanza anche sul piano (U-B)o, Vo, per poi mediare i risultati ottenuti sui due piani. La situazione iniziale e finale su quest’ultimo piano, per IC 2581, è quella illustrata nelle figure 27 e 28.

I risultati praticamente coincidenti nei due piani dimostrano come i calcoli effettuati nell’interfaccia CC, per la ricerca dell’eccesso di colore individuale, si siano dimostrati sostanzialmente corretti.

Hr Trace fornisce dopo questa fase, un quadro riassuntivo delle elaborazioni come si vede in fig. 29.

Fig 26 Best – fit ottenuto nel range (B-V)o = -0,30 e (B-V)o = 0,20 pari a 12,35  per IC 2581

Fig. 27 Ricerca del modulo vero della distanza sul piano (U-B)o , Vo . Situazione iniziale

Fig. 28 Best – fit ottenuto nel range (U-B)o = -1,20 e (U-B)o = 0,0 pari a 12,34 per IC 2581.

L’INTERFACCIA QUADRO RIASSUNTIVO MODULO DELLA DISTANZA

Fig. 29 Quadro riassuntivo finale per IC 2581, < Vo – MV > = 12,345 ± 0,12.

Tra i numerosi dati riportati nel quadro riassuntivo che provengono dalle analisi precedenti, Hr Trace fornisce anche notizie relative ai dati di archivio fotometria.

Nel nostro caso vengono riportati dal codice, i dati relativi all’autore e alla pubblicazione da cui sono stati estratti i valori fotometrici salvati in archivio.

Balzerà immediatamente agli occhi, il dato relativo al modulo della distanza ottenuto da Turner nel 1974, utilizzando gli stessi valori fotometrici appena elaborati dal nostro applicativo.

La frattura sembra a prima vista insanabile 12,34 con R = 3.2 contro 11,65 dato, quest’ultimo, ottenuto da Turner considerando un valore di R nell’area di IC 2581 pari a 5,5. Tale valore di R è stato successivamente criticato da Moffat, il quale ha suggerito la  possibilità che errori casuali nella fotometria, o la non corretta identificazione dei membri, possano aver condotto a determinazioni errate dei colori intrinseci.

Due anni dopo Whittet, van Breda e Glass 1976 determinano, da osservazioni infrarosse, che HD 90706, una supergigante B2,5 Ib  membro di IC 2581, mostra un valore normale di R = 3,1 ± 0,2. Sempre Turner nel 1977 determina, da osservazioni fotometriche e spettroscopiche, un valore di R pari a 3,05 ± 0,23 per la regione occupata dalla cefeide VY Carinae, che dista solo da IC 2581.

Tutti questi indizi hanno condotto Turner a riconsiderare il valore delle precedenti determinazioni di R e da nuove misurazioni spettroscopiche di 22 stelle nel campo di IC 2581, assegnando i valori di magnitudine assoluta con la calibrazione di Walborn 1972, 1973, Turner  determina, utilizzando il variable extinction diagram, i seguenti valori per l’associazione  OB intorno a IC 2581 :

R  =  3,11 ± 0,18  e  < Vo – MV >  =  12,29 ± 0,10

Per poter estendere lo stesso valore di R anche ad IC 2581, Turner ha successivamente comparato i risultati ottenuti dal variable extinction diagram per IC 2581, con quelli ottenuti dalla analisi sulla associazione OB intorno all’ammasso. I risultati hanno dimostrato che molti dei punti di IC 2581 si adattano perfettamente alla relazione ottenuta per l’associazione.

Tutto questo implica che sia IC 2581 sia l’associazione OB si trovano alla stessa distanza, ed in particolare che non sono sottoposti ad un valore anomalo di estinzione.

Il risultato precedente di R = 5,5 e <Vo – MV > = 11,65, sembra pertanto, probabilmente dovuto alla combinazione di errori sistematici casuali nella fotometria originaria di Lloyd Evans.

In tutti i casi, se rielaboriamo i dati imponendo un valore di R = 5.5 nella interfaccia ricerca e determinazione di E(B-V) e fittiamo il blue most envelop per il valore di 0,40 trovato da Turner, Hr Trace restituisce un valore del modulo della distanza pari a 11,54 in sintonia con le determinazioni dello stesso Turner.

DUPPLICITA’, MEMBERSCHIP E CRITERIO DI WALKER

Durante le operazioni di ricerca e determinazione di <Vo – MV > sul campo (B-V) selezionato, viene sistematicamente applicato da Hr Trace il criterio di Walker, tendente a minimizzare effetti dovuti alla duplicità e a selezionare la maggior probabilità di memberschip.

La fig.30 mostra l’applicazione del criterio di Walker sull’intervallo di fitting per IC 2581, dove gli oggetti con maggior probabilità di memberschip sono quelli compresi tra le tratteggiate.

Fig.30 Applicazione del criterio di Walker sul campo fittato

Aver determinato il modulo della distanza, permette al codice di calcolare la magnitudine assoluta e di costruire il grafico colore – magnitudine assoluta (B-V)o , MV  di fig. 31.

La semplice osservazione del grafico di fig. 31, ci consente di percepire immediatamente che IC 2581 è un ammasso galattico composto da membri effettivamente molto giovani, che vanno a posizionarsi nella zona del diagramma colore – magnitudine occupata dalle stelle di colore blu e bianco – blu, con temperature superficiali assai elevate da ≈ 8000°K a ≈ 28300°K.

Anche i raggi fotometrici sono ragguardevoli, i valori calcolati da Hr Trace utilizzando la calibrazione di Wesselink si posizionano nell’intervallo tra: (R / RS) = 2,0 e (R / RS) = 268 .

La maggioranza dei dati individuali è depositata dal codice nella tabella “magnitudini assolute e altri dati”, vedi fig. 32 per IC 2581.

I massimi valori raggiunti sono quelli di HD 90772 e HD 90706, due super-giganti di strabiliante magnitudine assoluta pari a MV = -8,96 e – 7,16, la cui magnitudine bolometrica è, però, assai vicina  MBOL = -8,93 e -8,60 rispettivamente.

Interessante è anche osservare il rapporto tra i raggi fotometrici di queste due stelle, che risulta essere ( R HD 90772 / R HD 90706 ) = 3,67.

Il rapporto tra i raggi delle due supergiganti, deve essere considerato soprattutto in funzione della temperatura effettiva delle due stelle, che è calcolata da Hr Trace rispettivamente in 8033 °K per HD 90772 e 14327 °K per HD 90706.

Evidentemente il corpo più freddo HD 90772, ha bisogno di una superficie radiante notevolmente maggiore del corpo più caldo HD 90706, per raggiungere la magnitudine assoluta di  - 8,96.

Questa situazione è ben spiegata dalla legge di Stefan - Boltzmann:

                  L = 4pR 2 s T 4       (4)

Brevemente la  (4)  afferma che per due stelle di ugual luminosità, di cui una abbia una temperatura ad esempio di 16000 °K e l’altra una temperatura di 8000 °K avremo: 

L/L = 1 = (R/r)2 × (16000/8000)4 =  (R/r)2 × 16 ovvero che la stella più calda avrà una dimensione  pari a 1/4 della stella più fredda.

Fig.31 Il grafico indice di colore – magnitudine assoluta per IC 2581

LA TABELLA MAGNITUDINI ASSOLUTE E ALTRI DATI

Tra le molte utilità presenti in Hr Trace, c’è anche una tabella che riassume le caratteristiche principali dei membri fotometrici.

La tabella riporta i seguenti valori:

1)     Vo = magnitudine apparente corretta per l’assorbimento

2)     (B-V)o = indice di colore intrinseco individuale

3)     (U-B)o = indice di colore intrinseco individuale

4)     MV = magnitudine assoluta individuale

5)     L/LSOLE = luminosità individuale in unità solari

6)     TEFF = temperatura effettiva secondo la calibrazione applicata

7)     R/RSOLE = raggio individuale in unità solari secondo calibrazione applicata

8)     M/MSOLE = massa individuale in unità solari secondo calibrazione SK.

9)     Q.Sp.Type = tipo spettrale derivato dal Q.

Fig.32 Tabella magnitudini assolute e altri dati per IC 2581

Nota alla tabella di fig. 32

L’eventuale diversità delle temperature indicate in tabella, rispetto ad un identico valore di (B-V)o non deve essere interpretato come un errore. Hr Trace, infatti, tiene conto nel calcolo di TEFF della classe di luminosità a cui appartiene l’oggetto e gli assegna la appropriata calibrazione di Flower che è suddivisa in:

(1)Stelle di sequenza + gianti normali e (2)Supergiganti.

LE FORMULE E I DATI DELLA TABELLA

Indichiamo brevemente con quale formulazione il codice calcola il contenuto della tabella “Magnitudini assolute e altri dati”.

Mv è calcolata come segue :                                   

         Mv = Vo - <Vo–Mv>   (5)

Mbol è calcolata come segue :                                 

         BC = Mb – MbO = -2,5Log(L/LO) + Cost. (6)

         Cost = MbO = 4,72                                    

         Mb = -2,5Log(L/LO) + 4,72    (7)

Il rapporto (Lv/LO) è calcolato come segue:                                 

         (Lv/LO) = 10(4,83 – Mv)/2,5      con  LO = 4,83      (8)

Il rapporto (R/RO) è calcolato come segue:                                   

Formula di Wesselink:Mv – Sv +5LogR = 15,15 (9)1969 Mnras 144, 297    

Formula di Popper :LogR = -0,2Mv -2Fv + 0,2C1 (10)1980 Ara & A 18, 115  

con C1 = 42,255                 

Per i parametri Sv ed Fv i valori sono calcolati da Hr Trace sulla base delle relazioni (B-V)o, Sv ed (B-V)o, Fv tabulate dagli autori nei lavori elencati sopra ed espressi                                   

analiticamente dalle seguenti :                               

Per Wesselink :                               

Sv = -2,0035(B-V)o6+ 10,636(B-V)o5 – 21,014(B-V)o4 + 18,627(B-V)o3 -

- 6,705(B-V)o2 + 4,0163(B-V)o – 12,421    (11)

Per Popper :                                  

Fv = 0,1908(B-V)o6 – 0,8845(B-V)o5 + 1,5729(B-V)o4 – 1,4084(B-V)o3 +

+ 0,6549(B-V)o2 – 0,4511(B-V)o + 3,9551   (12)

Le temperature effettive sono calcolate usando un polinomio interpolante la calibrazione selezionata come segue:

L’espressione generale del polinomio interpolante e :                                  

Y  =  A + Bx1 + Cx2 + Dx3 + ……………. + Zxn    (13)

dove  “ a , b, ……. , z  “  rappresentano i coefficienti della regressione polinomiale                                   

e “ n “ rappresenta il grado del polinomio interpolante.                               

Le calibrazioni disponibili sono :                                 

     1)   Flower                        

     2)   Bohm-Vitense                        

     3)   Johnson                       

     4)   Hayes                    

     5)   Morton & Adams                      

     6)   Arribas & Martinez Roger                      

Il rapporto (M/Msole) è ottenuto applicando l’equazione fornita da  Schmidt-Kaler 1982 come segue :   

Log M/Ms = 0,48 – 0,105MBOL   Valida per -8 ≤ MBOL < 10,5   (14)

Ricordiamo che i valori di massa calcolati con la precedente, sono validi solo per le stelle di sequenza principale classe di luminosità V e che forti deviazioni dalla relazione media sono osservate nelle binarie a contatto.

La Tabella 2 successiva estratta da “Landolt Bornstein”, mostra i parametri fisici medi per Massa, Raggio, Gravità Superficiale e Densità.

LC

V

III

I

V

III

I

V

III

I

V

III

I

Sp

(MK)

M/Ms

M/Ms

M/Ms

R/Rs

R/Rs

R/Rs

Log g/gs

Log g/gs

Log g/gs

Log r/rs

Log r/rs

Log r/rs

O3

120

 

140

15

   

-0.3

   

-1.5

   

O5

60

 

70

12

 

30

-0.4

 

-1.1

-1.5

 

-2.6

O6

37

 

40

10

 

25

-0.45

 

-1.2

-1.45

 

-2.6

O8

23

 

28

8.5

 

20

-0.5

 

-1.2

-1.4

 

-2.5

B0

17.5

20

25

7.4

15

30

-0.5

-1.1

-1.6

-1.4

-2.2

-3

B3

7.6

   

4.8

   

-0.5

   

-1.15

   

B5

5.9

7

20

3.9

8

50

-0.4

-0.95

-2

-1

-1.8

-3.8

B8

3.8

   

3

   

-0.4

   

-0.85

   

A0

2.9

4

16

2.4

5

60

-0.3

 

-2.3

-0.7

-1.5

-4.1

A5

2

 

13

1.7

 

60

-0.15

 

-2.4

-0.4

 

-4.2

F0

1.6

 

12

1.5

 

80

-0.1

 

-2.7

-0.3

 

-4.6

F5

1.4

 

10

1.3

 

100

-0.1

 

-3

-0.2

 

-5

G0

1.05

1

10

1.1

6

120

-0.05

-1.5

-3.1

-0.1

-2.4

-5.2

G5

0.92

1.1

12

0.92

10

150

0.05

-1.9

-3.3

-0.1

-3

-5.3

K0

0.79

1.1

13

0.85

15

200

0.05

-2.3

-3.5

0.1

-3.5

-5.8

K5

0.67

1.2

13

0.72

25

400

0.1

-2.7

-4.1

0.25

-4.1

-6.7

M0

0.51

1.2

13

0.6

40

500

0.15

-3.1

-4.3

0.35

-4.7

-7

M2

0.4

1.3

19

0.5

 

800

0.2

 

-4.5

0.8

 

-7.4

M5

0.21

 

24

0.27

   

0.5

   

1

   

M8

0.06

   

0.1

   

0.5

   

1.2

   

Tab. 2 Tabulazione Massa, Raggio, Gravità Superficiale e Densità Media

delle stelle tratta da : “Landolt Bornstein – Physical parameters of the Stars –“ Schmidt-Kaler 1982

LA FUNZIONE DI LUMINOSITA’

Se si dispone delle magnitudini assolute, è possibile determinare la distribuzione delle frequenze con cui si presentano all’osservazione i componenti di un ammasso, semplicemente attraverso un operazione di conteggio.

Nel caso di IC 2581 possiamo vedere la funzione di luminosità (FL) in fig. 33.

Fig. 33 Funzione di luminosità (FL) per IC 2581.

La funzione di luminosità è definita come il numero N di stelle per intervallo di magnitudine MV ± dMV / 2, la cui pendenza di distribuzione è data da :

g log N(MV)/MV     (15)        

Nella computazione della funzione di luminosità occorre, naturalmente, tenere presente gli elementi che possono concorrere ad influenzare la sua determinazione e che sono:

1)     La completezza delle misure: le misure fotometriche, possono essere limitate verso le magnitudini più deboli dalla dimensione del telescopio utilizzato e inoltre la presenza di nubi di gas e polveri intorno e all’interno dell’ammasso, possono rendere difficile l’osservazione delle stelle deboli, o introdurre incertezze sulle misurazioni fotometriche.

2)     Duplicità stellare: valutare l’influenza prodotta dalle binarie è praticamente molto difficile, poiché molti sono i fattori ancora poco noti e comunque non dovrebbero presentarsi grandi effetti quando le binarie anno massa simile e non costituiscono sistemi interagenti.

3)     Errori fotometrici: errori fotometrici influenzano la distribuzione di magnitudini distorcendola e producendo pendenze molto ripide.

4)     Errori di distanza: implicano variazioni nella valutazione della luminosità stellare e dunque anche della massa.

Generalmente errori di distanza sono prodotti dai seguenti fattori:

Calibrazione Zams utilizzata

Errori di fitting

Errata determinazione del parametro R

Per una dettagliata spiegazione dell’influenza esercitata dai fattori di cui sopra vedere : Phelps R.L. & Janes K.A. 1993 Astr. Jour. 106, 1870.

La Zams utilizzata per default in HR TRACE, è quella di Schmidt – Kaler (1982), basata sul modulo della distanza per le IADI pari a 3.28 e con una incertezza pari a 0.15 magn.

Per la funzione di luminosità sono possibili diverse modalità di rappresentazione, che vanno dal conteggio in funzione delle classi di magnitudine, fino alla rappresentazione log cumulata.

Concludendo possiamo dire che la funzione di luminosità FL, ha una importanza evidente se si pensa al legame esistente tra luminosità e massa.

Con questo legame in mente, appare chiaro che la FL è nient’altro che l’aspetto visibile della funzione di massa (FM).

Se dunque la FL rispecchia il contenuto massivo del nostro ammasso, è lecito pensare di poterla utilizzare per ottenere la funzione di massa e questo è certamente possibile, anche se prima di toccare questo argomento, è necessario introdurre il diagramma HR teorico, parlare di modelli stellari e di tracce evolutive sul diagramma HR.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

ANN H.B. , YU K.L. & YUN H.S. 1982  Journ. of  Korean Astron. Soc. 15, 1
D'ANTONA F. 1998 ASP Conf. " The Stellar initial mass function " 142, 157
LEE S.W. & CHUN M.Y. 1988  Journ. of  Korean Astron. Soc. 21, 37
LEE S.W. & SUNG H. 1995  Journ. of  Korean Astron. Soc. 28, 45
MILLER G.E. & SCALO M.J. 1979 Astrophys. Journal Supp. 41, 513
SANDAGE A. 1957 Astrophys. Journal 125, 422
TAFF L.G. 1974 Astron. Journal 79, 1280

COMPARAZIONI CON TRACCE OTTENUTE DA MODELLI SEMIEMPIRICI

Una apposita interfaccia del programma si occupa di comparazioni con tracce derivate da modelli semiempirici.

In particolare le tracce disponibili sono derivate dai modelli di VadenBerg – Bridge (1984) e VadenBerg – Poll (1989).

Le tracce sono calcolate per una serie di diversi gradi di composizione e metallicità e consentono di variare la posizione della Zams nel piano colore intrinseco, magnitudine assoluta (B-V)o, Mv.

L’uso di questa interfaccia permette di controllare, sempre in rapporto ai modelli considerati, la correttezza del fit operato per determinare il modulo della distanza.

Per poter utilizzare queste tracce come riferimenti, il principio di azione di questa interfaccia risulta rovesciato, rispetto alle reologie precedenti.

Qui le tracce risultano fisse ed in posizioni determinate, mentre è possibile far scorrere le stelle fotometrate sotto di esse, in modo tale da ritrovare la possibilità di determinare il fit di controllo.

All’apertura dell’interfaccia, le stelle fotometrate appaiono sul grafico nella posizione determinata dal de-arrossamento utilizzato in precedenza e la scala Mv è quella ottenuta con la determinazione del modulo della distanza operato nelle interfacce precedenti.

Sovrapponendo quindi le tracce semiempiriche, è possibile farsi un idea della variazione di posizione della Zams a seconda del contenuto metallico preso in considerazione e come questo parametro possa influenzare, anche notevolmente, la determinazione del modulo della distanza. In fig. 34 le tracce sul Praesepe.

Fig. 34 La traccia Y = 0.22, Z = 0.024, FeH = 0.12 sul Praesepe

Ricordiamo che una delle assunzioni fondamentali che reggono il metodo di determinazione della distanza in un ammasso galattico, è che il mix chimico sia praticamente lo stesso per tutti i membri.

Questo assunto nasce dal fatto che poiché le stelle componenti dovrebbero essere coeve, allora il contenuto chimico deve essere in media uguale tra i vari membri.

Una limitazione alla possibilità di utilizzare in modo estensivo le comparazioni appena viste, è dovuta alla piccola estensione calcolata per le tracce lungo l’indice di colore B-V.

Pertanto non potremo utilizzare tali comparazioni per analizzare ammassi molto giovani, poiché il campo disponibile verso colori blu dell’indice B-V non va oltre il valore (B-V)o = -0,177.

Questo metodo può invece essere di grande utilità per ammassi di età intermedia o avanzata, in cui la Zams sia estesa verso valori rossi di B-V.

Variando i limiti del grafico attraverso un appropriato zoom per la fig. 34, si apprezza meglio la sovrapposizione fig 35.

Fig. 35 Zoom traccia sull’intervallo di fitting per il Presepe.

IL PASSAGGIO DAL PIANO OSSERVATIVO A QUELLO TORICO, IL DIAGRAMMA HR

Per poter ottenere il diagramma HR teorico, è necessario trasformare gli osservabili indice di colore e magnitudine assoluta, nei corrispettivi valori Log (TEFF) e Log (L/LS).

L’equazione polinomiale utilizzata per ottenere i valori di TEFF  dal valore dell’indice di colore intrinseco, è data dall’espressione (15) seguente:

Log Teff  = a(B-V)o6 + b(B-V)o5 + c(B-V)o4 + d(B-V)o3 + e(B-V)o2 + f(B-V)o + g

In particolare per la calibrazione di P. Flower, che è utilizzata per defalut da HR Trace si ha:

Log Teff  = a(B-V)o7 + b(B-V)o6 + c(B-V)o5 + d(B-V)o4 + e(B-V)o3 + f(B-V)o 2 +  + g(B-V)o 2h    (16)

I cui coefficienti sono quelli di tabella (3):

COEFFICIENTI

FLOWER

a

-0,3594

b

2,1929

c

-5,3669

d

6,7926

e

-4,6088

f

1,7406

g

-0,6544

h

3,9791

 Tab. 3 Coefficienti Flower

Il calcolo della quantità  Log (L/LS)  invece è ottenuta attraverso la (17) come segue :

Log (L/LS)  =  [ 4,72 – ( Vo + BC – DM )] / 2,5 (17)

Dove BC = correzione bolometrica e DM = modulo della distanza <Vo– MV>.

UTILIZZARE LE MAGNITUDINI BOLOMETRICHE SUL PIANO TEORICO

Se si vogliono utilizzare le magnitudini bolometriche, anziché la quantità Log (L/LS), occorrerà sempre trasformare l’indice di colore in temperatura effettiva ma, questa volta, la magnitudine assoluta andrà trasformata in magnitudine bolometrica.

In entrambi i casi, la reologia con cui l’applicativo esegue i calcoli è identica a quanto visto fino a questo momento e pertanto ci limiteremo soltanto ad elencare le calibrazioni utilizzate, per la conversione tra magnitudine assoluta e magnitudine bolometrica.

Questa conversione è effettuata secondo quanto previsto dalla seguente:

Mbol  = MV  +  BC (18)

Per il calcolo della correzione bolometrica, l’applicativo utilizza le tabulazioni (B-V)o , BC di H.L. Johnson e P. Flower.

Ottenute le conversioni, si può passare all’interfaccia comparazioni con modelli stellari come si vede in fig. 36. La sovrapposizione delle tracce evolutive dai modelli stellari sulla sequenza di Ngc 2581, mostra chiaramente che la maggioranza dei membri è composta da stelle contenute tra le 1.5 e le 15 masse solari.

Solamente HD 90772 e HD 90706 si posizionano più in alto, a valori di massa compresi tra 20 e 30 masse solari, come del resto era prevedibile data la altissima magnitudine assoluta di queste stelle.

Il triangolino giallo – rosso visibile sul diagramma mostra, per confronto, la posizione del sole.

Nella stessa interfaccia viene anche calcolata l’età dell’ammasso dal valore del blue turn-off, utilizzando la calibrazione di A. Maeder, G. Meynet e C. Mermilliod.

E’ anche possibile sovrapporre, sulla sequenza dei punti che rappresentano le stelle del nostro ammasso, le isocrone estratte dai modelli stellari di V.Castellani, A.Cheffi e O.Straniero in un range tra 30 Myr e 10 Gyr. Si termina infine lo studio, richiedendo al software di presentare il diagramma temperatura effettiva, magnitudine bolometrica fig. 37, dove si osserva HD 90772 e HD 90706 raggiungere una magnitudine bolometrica pari a Mbol = – 8,93 e – 8,60 rispettivamente.

Fig. 36 Il diagramma HR sul piano teorico Log TEFF  , Log L / LS   per IC 2581.

SOVRAPPOSIZIONE DI TRACCE EVOLUTIVE(ISOMASSE) E ISCOCRONE

Osservando nella figura 36 la sovrapposizione delle tracce evolutive derivate dai modelli stellari di Schaller sulla distribuzione di IC 2581, vediamo che la sequenza principale di questo ammasso, prima del turnoff point, è interamente costituita da stelle di massa comprese tra 1,5 e 15 masse solari.

Risulta anche chiaro, come sia praticamente possibile contare le stelle contenute tra due o più tracce evolutive e questa possibilità ci tornerà assai utile in seguito, quando discuteremo della funzione attuale di massa (PDMF) e della funzione iniziale di massa (IMF).

Per il momento, però, vogliamo solo mostrare l’utilizzo delle tracce evolutive ed isocrone sul diagramma HR teorico.

Nello stesso modo in cui si è praticamente determinato l’andamento massivo della sequenza principale di IC 2581, possiamo occuparci di quelle stelle, già evolute, che hanno abbandonato la Zams per portarsi, nel

Fig. 37 Il diagramma temperatura, magnitudine bolometrica  Log Teff , Mbol per IC 2581.

piano Log(TEFF), Log(L/LS), verso la zona delle giganti e supergiganti rosse.

Il punto di turnoff su questo grafico fig. 36, è approssimativamente localizzato a Log (TEFF)= 4,46 e Log(L/LS) = 4,57 e le stelle che si trovano oltre questo punto, con valori di log (TEFF) minori e valori di Log (L/LS) maggiori sono da considerarsi, se membri, oggetti che hanno abbandonato la Zams per effetto del diminuito contenuto di idrogeno nel nucleo, ed ora in via di evoluzione verso la fase di gigante o supergigante rossa.

In figura 38 è mostrato un ingrandimento della zona del Turn-off per IC 2581, ed in particolare nella banda delimitata dalle tratteggiate, sono visibili gli oggetti in evoluzione di cui si è appena detto e che nel nostro caso sono:

1)     HD 90772 Supergigante di classe spettrale A7 IaO  (Turner 1978)

2)     HD 90706 Supergigante di classe spettrale B2,5 Ib (Turner 1978)

3)     HD 90707 Gigante di classe spettrale B1 III       (Turner 1978)

Due di questi tre oggetti sono compresi tra le tracce (Isomasse) 20 e 30 masse solari come si vede in fig. 39, ci troviamo pertanto in presenza di oggetti fortemente massivi, in particolare per HD 90706 il valore di contenimento è compreso tra le tracce 25 e 30 masse solari.

Anche il valore dei raggi solari dà una idea di quanto siano grandi i tre oggetti che stiamo considerando, infatti HD 90707 si trova ben al di sopra della retta 10 raggi solari, HD 90706 è prossima alla retta 100 raggi solari, mentre HD 90772 ha superato abbondantemente i 100 raggi solari. Osservando la situazione di fig. 38 e 39 e considerando che lo scenario è quello di un ammasso di stelle aventi tutte la stessa età ma differenti masse e sapendo che l’evoluzione è tanto più rapida quanto più è massiccia e luminosa è una stella, risulta evidente come la sequenza principale

Fig. 38 Zona del Turn-off e oggetti in evoluzione per IC 2581

Fig.39 Tracce evolutive nel Turn-off di IC 2581

si sgretoli a partire dalla sua parte più alta (stelle O e B), per andare giù fino alla zona meno luminosa (stelle K e M).

IC 2581 non fa eccezione a questa regola e infatti le stelle maggiormente massicce stanno evolvendosi spopolando la parte più alta della sua sequenza principale.

Sulla traccia 40Ms di fig. 39 è indicato il senso di percorrenza lungo l’isomassa seguito dalle stelle, durante lo spostamento verso la zona convettiva di Hayashi.

LE STELLE E LA LORO EVOLUZIONE SUL DIAGRAMMA HR

La pendenza della sequenza principale dipende dalla struttura stellare, ed in particolare dalla convezione sia nel nucleo che nell’inviluppo delle stelle, oltre che dal ciclo (PP o CNO) che predomina nel bruciamento dell’idrogeno.

Nelle stelle meno massicce 0,1 ÷ 0,5 masse solari, il trasferimento radiativo è dominato dalla convezione, che interessa gran parte dell’inviluppo. Sotto queste condizioni la temperatura resta sempre superiore a 3000° K, che costituisce il limite di Hayashi. Per effetto di questo limite la pendenza di sequenza diventa ripida(stelle K e M). Il nucleo brucia idrogeno tramite il ciclo PP e il trasferimento è radiativo, anche se le stelle più piccole potrebbero essere interamente convettive.

Per le stelle come il sole, l’inviluppo è convettivo e interessa una parte che rappresenta il 30% circa del raggio. Nel nucleo invece domina il ciclo PP e il trasferimento è radiativo.

Le stelle più massicce di 1,5 masse solari bruciano idrogeno attraverso il ciclo CNO. La maggior energia generata rende il nucleo convettivo, mentre l’inviluppo resta radiativo. Questo aumento di produzione energetica si traduce in un lieve aumento della pendenza della sequenza principale, con conseguente aumento di luminosità delle stelle che popolano quel tratto di zams.

Nelle stelle maggiormente massicce l’inviluppo tende a divenire meno opaco, poiché gli atomi sono quasi tutti ionizzati. 

In queste condizioni l’energia è liberata più facilmente, la luminosità diventa molto alta e la pendenza della sequenza principale molto ripida.

Nel nucleo prevale il ciclo CNO e il trasferimento di energia avviene per convezione.

Così nelle stelle grandi il nucleo è convettivo, l’inviluppo al contrario è radiativo e una situazione esattamente opposta si presenta nelle più piccole. Il meccanismo di convezione è molto importante perché permette all’energia di fuoriuscire facilmente dalla stelle, anche se il gas degli strati esterni è freddo e opaco. Questo meccanismo pone un limite inferiore alla temperatura efficace delle stelle ed è direttamente responsabile del limite di Hayashi.

La convezione risulta poi ulteriormente importante perché rimescola gli elementi all’interno di una stella producendo due possibili conseguenze:

1)     Un nucleo convettivo può essere rifornito di idrogeno fresco da strati immediatamente superiori al nucleo stesso, coinvolti nella convezione.

2)     Con identico meccanismo elementi processati nel nucleo possono raggiungere la superficie, fenomeno che prende il nome di Dragamento (Dredge-up), nel caso le zone di convezione coinvolgano tutto l’inviluppo.

Utilizzando l’interfaccia comparazioni con modelli stellari di Hr Trace abbiamo illustrato, sul diagramma HR fig. (39a), i percorsi evolutivi di stelle di 1,7 e 25 masse solari (Tracce di Schaller), con alcuni commenti che dovrebbero facilitare la comprensione di quanto detto nel seguito.

Fig. (39a) Scenario e tracce evolutive 1,7,25 Ms sul diagramma HR.

Come già sappiamo la relazione tra massa e luminosità in una stella può essere approssimata da una relazione del tipo L M3.5.

Poichè la quantità di combustibile disponibile in ogni stella è proporzionale alla sua massa e poiché il tempo di vita di una stella di luminosità L si può esprimere come tvita = eMc2/L dove e = efficienza del processo di generazione della energia, abbiamo che:

tvita M -2.5

La precedente ci dice che per le stelle maggiormente massive, occorrono pochi milioni di anni per bruciare il carburante disponibile e morire, mentre la situazione opposta si presenta per le stelle poco massive come il nostro sole. Conseguenza di tutto ciò, per una popolazione di stelle di età costante come negli ammassi aperti, è quella di vedere le stelle lasciare la sequenza principale in ordine di massa decrescente.  

I cammini raffigurati in fig. 39a, iniziano quando le riserve centrali di idrogeno tendono ad esaurirsi e il nucleo comincia a collassare dal momento che l’energia termica dispersa non viene più sufficientemente rimpiazzata da quella nucleare.

Collassando il nucleo si riscalda e gli stati dell’inviluppo immediatamente adiacenti al nucleo, collassando riscaldano anche loro.

Conseguentemente intorno al nucleo si forma uno strato in cui brucia idrogeno (combustione a shell), il quale contribuisce a sostenere la luminosità della stella.

L’energia generata dal collasso del nucleo viene invece utilizzata per l’espansione dell’inviluppo. In questo modo la stella diventa più grande (aumento del raggio), mantenendo però la sua luminosità quasi costante. Se aumenta il raggio R e la luminosità L resta quasi costante, allora la temperatura T deve diminuire per la seguente: Teff (L/R2)1/4.

Questa fase evolutiva è molto breve rispetto alle altre fasi e corrisponde quasi ad un vero e proprio salto, da una posizione sul diagramma HR intorno alla zams, per portarsi in una zona di circa pari luminosità nelle immediate vicinanze della zona convettiva di Hayashi.

La velocità di questa fase evolutiva rende ragione dell’esistenza dell’Hertzsprung gap sul diagramma HR.

Questo tipo di comportamento, rende anche evidente una regola di carattere generale per quanto concerne le combustioni stellari, che può essere così riassunta: le combustioni a shell tendono a collocare i modelli stellari nella zona convettiva di Hayashi, al contrario le combustioni centrali collocano i modelli stellari sulla sequenza.

In parolo povere la regola precedente ci dice che: una combustione a shell tende a spostare, sul diagramma HR, le stelle verso destra (temperature minori), al contrario le combustioni centrali tendono a spostare le stelle verso sinistra (temperature maggiori).

In generale quando il nucleo si contrae, la maggior temperatura sviluppata genera maggior pressione radiativa sugli strati esterni, ed in questo modo l’energia del collasso è spesa per espandere l’inviluppo.

Al contrario, ad una espansione del nucleo corrisponde una contrazione dell’inviluppo.

A temperature intorno ai 3000° K cioè vicine al limite di Hayashi, l’inviluppo diventa molto opaco alla radiazione e pertanto fenomeni di tipo convettivo prendono il sopravvento.

Poiché la convezione è molto efficiente nel trasferire energia, L aumenta a Teff circa costante e la stella si espande fino a diventare una gigante rossa.

A questo punto l’accensione dell’elio nel nucleo dipende dallo stato di degenerazione della materia e quindi in definitiva dalla massa della stella. In particolare si ha che: se la stella è meno massiccia di 0,5 masse solari, la pressione esercitata dagli elettroni degeneri ferma il collasso prima che avvenga l’accensione dell’elio.

Se la massa della stella è compresa tra 0,5 e 2,25 masse solari, l’elio si accende in un nucleo degenere. Questa accensione è esplosiva e si ha allora il flash dell’elio.

Infine se la massa è superiore a 2,25 masse solari, l’elio si accende in modo non esplosivo in un nucleo non degenere.

Nel caso del nucleo degenere, non appena la temperatura cresce si determina una espansione del nucleo stesso, che per questo motivo esce dalla fase degenere ponendo termine al flash dell’elio.

Alla stabilizzazione del processo ritroviamo un nucleo non degenere che brucia elio e uno strato tutto intorno (shell) che brucia idrogeno.

Sul diagramma HR assisteremo ad una diminuzione di luminosità, poiché lo strato che brucia idrogeno e che fornisce la maggior parte dell’energia, si è nel frattempo molto assottigliato. Oltre a ciò l’espansione del nucleo fa contrarre l’inviluppo e innalzare la temperatura.

La stella si trova ora lungo il braccio orizzontale sul diagramma HR e la sua posizione dipende dalla quantità di massa persa durante la fase di gigante rossa, cioè quando la bassa gravità superficiale ha favorito l’espulsione di materia.

Più massa viene persa nella fase di gigante rossa e minore è lo spessore dell’involucro che circonda il nucleo sul ramo orizzontale e pertanto maggiormente calda è la superficie della stella.

Quando anche l’elio va in esaurimento, si forma un nucleo di ossigeno e carbonio degenere. L’evoluzione è simile allo step precedente, il nucleo si contrae mentre due strati uno di idrogeno e uno di elio bruciano intorno al nucleo sostenendo la struttura stellare.

L’energia di contrazione è ancora una volta utilizzata per espandere l’involucro, la stella evolve a Teff circa costante fino a raggiungere la zona convettiva di Hayaschi arrampicandosi lungo il braccio asintotico e diventando contemporaneamente luminosissima.

In stelle di massa solare il carbonio non riesce ad accendersi, mentre il bruciamento dell’elio nello strato intorno al nucleo diventa instabile provocando fenomeni di pulsazione.

Quando la stella raggiunge la sommità del braccio asintotico è una supergigante rossa che, a causa delle pulsazioni termiche, inizia il processo di perdita di massa dall’inviluppo, che continuerà fino a formare una nebulosa planetaria intorno alla stella di cui ormai resta solo il nucleo blu, molto caldo e degenere, di carbonio e ossigeno. Si è così formata una nana bianca.

Se il progenitore della stella che evolve ha una massa compresa tra 2,25 e 8 masse solari, il processo evolutivo si comporta in modo simile a quanto descritto in precedenza, con la differenza che qui l’elio si accende in un nucleo non degenere.

Fig.(39b) Evoluzione di una stella di 5 masse solari (Iben)

La fig. 39b mostra l’evoluzione di una stella di 5 masse solari.

Se l’elio, come abbiamo già detto, si accende in un nucleo non degenere non causerà il flash. Tuttavia anche qui, come nei casi trattati in precedenza, l’accensione dell’elio causa una espansione dell’nucleo e la contrazione dell’inviluppo. La stella si porta a Teff più alte ed a L minori.

All’assestamento si formano gli shell di idrogeno ed elio in combustione attorno al nucleo.

Allo step evolutivo successivo, il nucleo di carbonio e ossigeno si contrae e diventa degenere. L’inviluppo ora si espande fino a far raggiungere alla stella la vetta del ramo asintotico, mentre attorno al nucleo si formano due strati di H e He in combustione, da cui originano instabiltà pulsazionali che favoriscono il processo di perdita di massa (nebulosa planetaria).

Nella fase di gigante asintotica, la convezione diventa un fenomeno così importante da portare in superficie (2° dredge-up) il carbonio prodotto nel nucleo.

Questa attività particolare spiega l’esistenza delle stelle R e N ricche di carbonio.

A partire da stelle di massa maggiore alle 8 masse solari, l’evoluzione procede in modo differente rispetto a quanto visto sino a questo momento.

Stelle così massicce potrebbero, nella fase di ramo asintotico, dare luogo alla accensione del carbonio in un nucleo altamente degenere.

Questa eventualità causerebbe una deflagrazione altamente distruttiva che potrebbe cancellare completamente la stella. Questo tipo di esplosione sarebbe visibile come una supernova anche se peculiare, poiché eventi di questo tipo e in questa fase non sono mai stati osservati.

In realtà, però, le stelle molto grandi trovano le modalità necessarie ad accendere il carbonio quando il nucleo non sia degenere.

Terminato il carbonio si passa al neon, poi all’ossigeno e ancora successivamente al silicio, seguendo le sequenze e modalità che abbiamo già visto nei casi precedenti.

Ogni volta che si innesca un nuovo bruciamento il nucleo espande e l’inviluppo si contrae.

In questo modo la stella procede sul diagramma HR zizagando avanti e indietro tra uno step e l’altro a luminosità circa costante e il nucleo viene letteralmente avvolto da strati in combustione degli elementi della serie di bruciamento.

Per stelle con massa maggiore o uguale a 20 masse solari l’evoluzione del nucleo risulta così veloce, che praticamente l’inviluppo non ha tempo a disposizione per reagire alla situazione evolutiva del nucleo stesso. (Si dice che l’inviluppo non si accorge dei mutamenti troppo rapidi del nucleo).

Il risultato di tale situazione sarà, sul diagramma HR, rappresentato da un cammino che va dalle alte temperature e quelle basse con luminosità quasi costante.

In tutti i casi, il bruciamento del silicio contribuisce a formare un nucleo di ferro, che la stella non può bruciare per formare elementi più pesanti poiché questo processo richederebbe energia dall’esterno.

Così nel nucleo continua ad accumularsi ferro finchè la massa raggiunge il limite di Chandrasekhar. A questo punto la pressione esercitata dagli elettroni degeneri nel nucleo non è più in grado di opporsi alla contrazione gravitazionale, ed il collasso della struttura ha inizio.

Il collasso è catastrofico e la stella esplode come supernova di tipo II.

Il luogo ideale per studiare l’evoluzione stellare è rappresentato dagli ammassi, che sono con buona approssimazione agglomerati di stelle coevi e di pari composizione chimica.

Una esauriente trattazione degli scenari legati all’evoluzione stellare si trovano in:

1)CAPUTO F. 1998 A&A Rew. 9,33
2)CASTELLANI V. “ Astrofisica stellare ” Zanichelli Bologna
3)CASTELLANI V & GIANNONE P. “ Evoluzione Stellare ” ed. Sistema Roma
4)GAUTSCHY a. & SAIO H. 1996 Ara. & A. 34, 551
5)ICKO IBEN Jr. “ Stellar Evolution: I The approach to the main sequence” Astrophysical Journal 141, 993
6)ICKO IBEN Jr. “ Stellar evolution within and off the main sequence”
Annual Review Astronomy & Astrophysics 5, 571
7)KEPLER S.O. & OLIVEIRA S. “ Astronomia e Astrofisica ” UFRGS
8)REEVES H. “ Evolution stellare et nucleosynthese ” Gordon & Breach

Segnaliamo anche alcuni notevoli siti da cui è possibile ottenere informazioni preziose per quanto riguarda l’evoluzione stellare, tracce evolutive ed isocrone.

1)Padova stellar evolutionary tracks and isocrones

2)Population I pre-main sequence evolution

     http://www.mporzio.astro.it/~dantona/index.html

3)Research group of stellar evolution and pulsation

     http://www.feaglp.unlp.edu.ar/evolgroup/index.html

4)Geneva grids of stellar evolution models

     http://obswww.unige.ch/~mowlavi/evol/stev_database.html

5)Pre-main sequence and main sequence stars

http://www/laog.obs.uif/grenoble.fr/activites/starevol/files/prog.html

Ora che abbiamo visto, da un punto di vista totalmente torico, come evolvono stelle di varia massa, ritorniamo velocemente ai nostri diagrammi fotometrici.

SOVRAPPOSIZIONE DI ISOCRONE ( M44 Praesepe)

Sulla base di calcoli evolutivi, è possibile procedere alla ricostruzione teorica della posizione attesa sul diagramma HR per stelle componenti di un ammasso e per le quali, possiamo assumere origine comune e omogeneità nella costituzione chimica.

Per ottenere questo risultato ci si deve domandare quale sia la collocazione sul diagramma HR di strutture stellari di varia massa, con un prefissato valore di composizione chimica iniziale, per ogni assunto valore di età dell’ammasso.

Un tale luogo geometrico sul diagramma HR prende il nome di Isocrona.

In generale una isocrona sarà formata da una serie di masse di sequenza principale, poiché il loro tempo evolutivo è maggiore dell’età prefissata e da un piccolo numero di masse evolventi fuori della sequenza.

Fig. 40 Sovrapposizione dell’isocrona 800Myr sul Praesepe

Come si è già accennato nell’interfaccia comparazioni con modelli stellari, è possibile effettuare la sovrapposizione di alcune isocrone derivate dai modelli stellari sviluppati da Castellani - Chieffi e Straniero Fig. 40. Sono disponibili una serie di isocrone tali da permettere una valutazione di età compresa tra 30 Myr e 10 Gyr.

In fig. 40 vediamo l’applicazione dell’isocrona 800Myr sulla sequenza fotometrica del Praesepe, costituire un fitting quasi perfetto.

In particolare operando uno zoom sull’area occupata dalle quattro giganti del Praesepe, possiamo vedere come l’isocrona 800Myr individui perfettamente questo gruppetto di stelle fig. 41.

Fig. 41 L’isocrona 800Myr sul gruppo delle giganti (Praesepe).

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1)CAPUTO F. 1998 A&A Rew. 9,33
2)CASTELLANI V. & Altri 1992 ApJS 78, 517
3)CASTELLANI V. “ Astrofisica stellare ” Zanichelli Bologna
4)CASTELLANI V & GIANNONE P. “ Evoluzione Stellare ” ed. Sistema Roma
5)EGGEN O.J. 1965 Ara. & A. 3, 235
6)GAUTSCHY a. & SAIO H. 1996 Ara. & A. 34, 551
7)ICKO IBEN Jr. “ Stellar Evolution: I The approach to the main sequence” Astrophysical Journal 141, 993
8)ICKO IBEN Jr. “ Stellar evolution within and off the main sequence”
Annual Review Astronomy & Astrophysics 5, 571
9)KEPLER S.O. & OLIVEIRA S. “ Astronomia e Astrofisica ” UFRGS
10)REEVES H. “ Evolution stellare et nucleosynthese ” Gordon & Breach
11)SCHALLER G. & Altri 1992 Astron. & Astrophys. Supp. 96, 269

UN IMPORTANTE WARNING DI HR TRACE

Un altro punto abbastanza delicato riguarda il corretto posizionamento delle supergiganti late type, sul diagramma Log(TEFF), MBOL.

Abbiamo detto all'inizio che per gli oggetti medium e late type, cioè per le stelle comprese tra le classi spettrali da A3 fino a M8, il codice assegna ad esse, durante il dereddening automatico, l’arrossamento medio <E(B-V)> calcolato per early type.

Questa scelta fatta per comodità ha un punto debole, che emerge in modo molto evidente in presenza di oggetti molto rossi e freddi appartenenti alle classi spettrali da K0 a M8.

Questi oggetti infatti avranno il massimo di emissione nel vicino infrarosso e se osservati a tali lunghezze d’onda, risulteranno assai più brillanti che nel visibile.

In queste condizioni per avere una idea dell’output energetico totale, occorrerà apportare una correzione al valore della magnitudine visuale.

Questa correzione, che prende il nome di Correzione Bolometrica (BC), è rappresentata da un valore numerico che si deve sommare alla magnitudine assoluta, per avere il valore dell’output energetico totale di un astro come nella 19.

MBOL = MV + BC   (19)

I valori di BC ottenuti per via empirica sono stati tabulati da diversi autori, ma quello che qui ci preme mostrare è l’andamento delle curve di calibrazione della correzione bolometrica, per mettere a fuoco come questa correzione abbia un incidenza elevata sopratutto sulle stelle molto rosse e molto blu.

La ragione dipendente dalla temperatura è evidentemente quella accennata prima, ed è dovuta alla posizione che ha nello spettro elettromagnetico il massimo di emissione energetica degli astri.

Fig. 42

In figura 42 è mostrata la calibrazione Log(TEFF), BC da Schmidt–Kaler per le classi di luminosità I,III e V.

Osservando il grafico di fig. 42, vediamo che solo per le classi spettrali  comprese tra  A1 e G5 l’applicazione della correzione bolometrica risulta inferiore o al più uguale a 0,5 magn.

Contrariamente a quanto accade per le altre classi spettrali, dove il valore della correzione BC può arrivare a raggiungere addirittura le 4 ÷ 5 magnitudini.

Secondo la calibrazione di Schmidt-Kaler infatti, per una supergigante di classe M6Iab il valore di BC è pari a -3,90 e alla stessa supergigante, questa volta di classe spettrale O3Iab, la calibrazione applica una correzione bolometrica pari a -4,41 magnitudini.

Hr Trace per ottenere il valore della correzione bolometrica utilizza, per default, una calibrazione più recente rispetto a quella di Schmidt-Kaler, rappresentata dalla tabulazione di Flower P.J. 1996 Astrophys. Journ. 469, 355 fig. 43 seguente:

Fig. 43

Le due calibrazioni non sono molto differenti come potete vedere confrontando le fig. 42 e 43.

Sostanzialmente la calibrazione di Flower è leggermente più estesa non tanto nel blu quanto nel rosso, dove rispetto alla calibrazione di Schmidt-Kaler sale verso valori sempre più grandi di BC con una pendenza decisamente più ripida.

Sicchè per una stella di classe M6Iab la calibrazione di Flower propone un valore di BC pari a -4,46.

IL PROBLEMA DEL CORRETTO POSIZIONAMENTO DI OGGETTI

SUL DIAGRAMMA Log(TEFF), MBOL

Se alle stelle Late Type si assegna il valor medio <E(B-V)> ottenuto dalle Early Type invece di calcolare il loro E(B-V) Individuale, si commette una approssimazione in termini di  Log(TEFF) e MBOL.  Tale approssimazione, non risulta problematica almeno per le classi spettrali tra A2 e G5 in quanto, per queste ultime, il valore della correzione bolometrica è contenuto in 0,4 ÷ 0,5 magnitudini.

La stessa cosa non è certamente affermabile per le classi spettrali da G5 a M8.

Le calibrazioni di fig. 42 e 43 infatti, dimostrano che per queste classi spettrali in valore di BC sale rapidamente, da 0,5 magnitudini fino a raggiungere le 4 ÷ 5 magnitudini.

Di quest’ultima preoccupazione però si fa carico il nostro software, il quale nell’interfaccia ricerca dell’arrossamento individua nella sequenza fotometrica l’esistenza di oggetti che possono essere posizionati in modo non corretto sul diagramma Log(TEFF), MBOL  avvisando, in tal caso, l'operatore con apposito warning.

Per mostrare questo Warning ritorniamo come anticipato sui diagrammi dell’ammasso Ngc 4755.

In questo ammasso è presente la supergigante rossa 4755D SAO 252073, a cui i primi studi spettrali (Arp & van Sant 1958) assegnarono la classe spettrale K5Iab. Oggi sappiamo che questa stella è certamente di classe spettrale M2Iab (Keenan 1973) e qualora realmente associata all’ammasso, è la stella più massiva di Jewel Box.

Nelle precedenti figure 22÷23 relative a questo ammasso, vediamo SAO 252073 posizionata correttamente poiché, utilizzando il Warning che in questi casi Hr Trace ci mette a disposizione, abbiamo informato l’applicativo circa la classe spettrale a cui appartiene questa stella.

La procedura è la seguente:

1) Si ricerca il valore di <E(B-V)> nella solita interfaccia determinando il best – fit e quando si chiede di catturare le early type e proseguire oltre, Hr Trace risponde con il seguente Warning fig. 44.

Fig. 44 Il warning per le late type stars

2) Si può procedere oltre questo avviso in due modi, o accettando di introdurre il tipo spettrale per gli oggetti di cui Hr Trace necessita di definizione spettroscopica, oppure decidendo di proseguire con l’attuale assegnazione di valor medio <E(B-V)> derivato dalle early type per questi oggetti.

Se si decide di introdurre la definizione spettroscopica per gli oggetti richiesti, occorrerà fare affidamento sulla letteratura tecnica, o consultare il WEBDA dove potremo trovare rapidamente i dati che ci interessano.

Per capire dove sta la differenza tra le due metodologie la cosa migliore è, come sempre, fare un esempio.

Decidiamo perciò di proseguire oltre il Warning senza effettuare alcuna definizione di tipo spettrale, per vedere dove il software andrà a posizionare SAO 252073 sui diagrammi (B-V)o, Mv e Log(TEFF), MBOL.

Osserviamo l’elaborazione in questo senso sulle fig. 45 e 46.

Fig 45 La posizione di SAO 252073 senza correzione

Fig 46 La posizione di SAO 252073 senza correzione

Aspettiamo un attimo ancora prima di fare commenti sulle situazioni di fig. 45 e 46, torniamo indietro e proviamo ad accettare l’introduzione di dati di tipo spettroscopico che Hr Trace ci richiede, premendo “Introduci Tipo Spettrale”.

Il software ci porta ad una nuova interfaccia, dove sono segnalati gli oggetti di cui è richiesta specifica spettrale come si vede in fig. 47

Fig. 47 L’interfaccia introduzione informazioni spettroscopiche

In questa interfaccia occorrerà scorrere la sequenza per vedere se il codice, oltre a SAO 252073, ha individuato altri oggetti per cui sono necessarie informazioni di tipo spettroscopico.

Troviamo anche un link verso il WEBDA da attivare per ricercare i dati richiesti, se già non si dispongono per altra via.

Una volta introdotte le info, bisognerà uscire dall’interfaccia lasciando che il codice si occupi di tutto ciò che debba essere riorganizzato.

Si prosegue poi normalmente dal menù principale di analisi, si determina il modulo della distanza sui piani (B-V)o, Vo e (U-B)o, Vo come al solito e procedendo in questo modo si arriva finalmente alla possibilità di richiedere i grafici precedenti di fig. 45, 46 per poter confrontare gli eventuali cambiamenti avvenuti e fare qualche commento.

Vediamo le nuove determinazioni in fig. 48, 49 seguenti.

Fig. 48 La posizione di SAO 252073 con correzione

Fig. 49 La posizione di SAO 252073 con correzione

Le figure 48 e 49 mostrano un estratto della tabella magnitudini assolute e altri dati relative alle soluzioni prodotte per SAO 252073 dalle due metodologie.

La riga evidenziata in grigio di fig. 50 mostra la soluzione operata dalla scelta di proseguire dopo il Warning, senza dare ad Hr Trace le info di tipo spettroscopico richieste.

Fig. 50 Nr. 4 = SAO 252073 senza correzione

La figura 51 invece mostra la soluzione fornita da Hr Trace per SAO 252073, dopo aver ottenuto le info spettroscopiche richieste con il Warning.

Fig. 51 Nr. 4 = SAO 252073 con correzione

Si vede immediatamente che applicare un valore di E(B-V) = 0,42 a SAO 252073 comporta, in questo caso, un errore pari all’individuazione di una stella di tipo M6 ÷ M7Iab anziché la più corretta M2Iab.

Questa situazione produrrà il calcolo di un colore dearrossato (B-V)o pari a 1.80 nel primo caso, con il posizionamento relativo a questo valore sul diagramma (B-V)o, Mv di fig. 45.

La successiva applicazione della correzione bolometrica ricavata dalla calibrazione di Flower, per un valore di TEFF = 2942 calcolato da Hr Trace, determinerà un valore di BC pari a -5,47, che sommato al valore di Mv porterà questa stella ad un valore assai poco realistico per MBOL pari a 11,1 in fig. 46.

Nel secondo caso invece, seguendo le richieste di Hr Trace e introducendo la specifica spettrale M2Iab per SAO 252073, il codice determinerà per i parametri precedenti i seguenti valori:

TEFF = 3422

(B-V)o = 1,71

MV = -5,92

BC = -2,59

MBOL = -8,51

SAO 252073 verrà così posizionata a (B-V)o = 1,71 e Mv = -5,92 sul diagramma di fig. 48 e a Log(TEFF) = 3.54 e MBOL = -8,51 sul diagramma di fig. 49.

Questi valori riportano SAO 252073 in una posizione più consona ai suoi reali parametri fisici sul diagramma, appena al disopra della traccia 20 masse solari, in sintonia con quanto calcolato in tabella per il rapporto M/Ms.

Selettività del Warning per le Late Type

Per evitare la generazione di un lunghissimo elenco di richieste dati spettroscopici per le late type, si è limitato la segnalazione ai soli oggetti in evoluzione appartenenti alle classi di elevata luminosità.

Fig. 52 Zona di rupilitura diagramma delimitata in giallo.

Per i motivi già detti, questa scelta permette l’inclusione nel diagramma Log(TEFF), MBOL di oggetti di campo late type a luminosità intermedia o bassa, non sufficientemente filtrati in precedenza vedi fig 52.

Un elevato addensamento di tali oggetti sul diagramma Log(TEFF), MBOL potrebbe generare qualche confusione e pertanto è stato previsto, a livello di questa interfaccia, il comando “Ripulisci Grafico” che agendo nell’area contenuta all’interno della curva gialla vedi fig 52, elimina gli oggetti indesiderati.

Il principio di funzionamento del comando, è quello di eliminare gli eventuali oggetti che si trovino contenuti nell’area sotto l’isomassa che passa per il punto di turnoff e a destra della curva che rappresenta l’end hydrogen core burning, tracciata secondo quanto previsto nei modelli di Schaller.

La situazione di partenza può comunque essere sempre riottenuta tramite il comando “Ripristina Grafico”.

I due pulsanti di opzione presenti i questa interfaccia, permettono di tracciare ed eliminare in modo alternato la “Zams teorica” e la curva “End hydrogen core burning” sul grafico.

RIFERIMENTI

Bohm-Vitense E. 1981 Ara & A 19, 295
Flower P.J. 1977 Astron. & Astrophys. 54, 31
Flower P.J. 1996 Astrophys. Journ. 469, 355
Habets G.M. & Heintze J.R. 1981 Astron. & Astrophys. 46, 193
Heintze J.R. 1973 IAUS 54, 231
Ridgway S.T. & Altri 1980 Astrophys. Journ. 235, 126
Schmidt-Kaler 1982 “Physical Parameters of Stars” in Landolt-Bornstein

IL CASO DI UN POSIZIONAMENTO ERRATO DA PARTE DEL SOFTVARE, CHE DIPENDE DA UNA PRECISA SCELTA DELL’OPERATORE

I casi di errato posizionamento di uno o più oggetti sui diagrammi (B-V)o, Mv; Log(TEFF), Log(L/Ls) e Log(TEFF), MBOL  come quello di SAO 252073 visto precedentemente dipendono, se non corretti, dal procedimento  automatico di calcolo che non è stato adeguatamente supportato e informato dall’operatore.

Il Warning generato dal software, in questi casi, serve appunto ad acquisire informazioni più complete e specifiche. 

Si possono tuttavia verificare situazioni dove nostre precise scelte, possono indurre il codice a calcolare errati posizionamenti.

Il software Hr Trace infatti è, per quanto possibile, interattivo con l’utente, ed eventuali scelte operate o imposte da quest’ultimo non vengono discusse ma semplicemente eseguite.

Il prossimo paragrafo oltre ad evidenziare un’altra importante proprietà del sotware, mette in evidenza questo tipo di comportamento.

SCOPRIRE UN’ALTRA NOTEVOLE PROPRIETA’ DI HR TRACE

Ora che abbiamo visto, più o meno, le cose maggiormente importanti analizzando le fotometrie ottenute dalla letteratura per diversi ammassi e familiarizzato con la metodologia e le tecniche che si utilizzano per studiare gli ammassi aperti, possiamo addentrarci in un altro caso particolare, quello di Ngc 2362, che ci aiuterà a focalizzare la nostra attenzione su un’altra notevole proprietà del dereddening di Hr Trace.

A qualcuno sembrerà di fare un passo indietro, ma le cose non stanno in questo modo e se il lettore avrà un attimo di pazienza indagheremo un caso in una zona particolare del diagramma colore – colore, che ci permetterà di utilizzare al meglio un comando di Hr Trace di cui non si è ancora parlato se non di sfuggita.

IL CORRETTO USO DEL COMANDO “INTORNO DI CATTURA EARLY TYPE”

 

Si è lasciata la descrizione d’uso di questo comando alla fine perché per poter interpretare, a pieno, le differenze che esso può apportare nel dereddening, era necessario avere prima una visione di insieme su come si dispongono, sul diagramma colore-colore, le varie classi di luminosità e conseguentemente quali siano le differenze di colore intrinseco che possono essere determinate dalla loro posizione.

Facciamo il solito esempio concreto prendendo, sempre dalla letteratura, i valori fotometrici per l’ammasso aperto nel Cane maggiore Ngc 2362.

Questo ammasso è molto noto per seguenti due motivi:

1) è stato utilizzato dal Blaauw come tratto di unione tra le sequenze di a Persei e Cephei III nella costruzione della sua Zams empirica

2) contiene come membro una delle stelle più luminose della galassia t Cma.

Oggetto della nostra riflessione sarà proprio la posizione sul diagramma Colore – Colore di questa stella e vedremo l’influenza che può avere sul suo dereddening, il comando di definizione intorno di cattura Early Type dalla posizione della classe di luminosità V.

Intanto vediamo dove cade la posizione di t Cma sul diagramma Colore-Colore, andando a determinare l’arrossamento medio per questo ammasso <E(B-V)> fig. 53.

Fig. 53 Determinazione di <E(B-V)> per Ngc 2362

Prima di analizzare il grafico di fig. 53, ricerchiamo in letteratura valori per la classificazione spettrale di t Cma, in modo da poter avere un termine di confronto per il colore intrinseco che questa stella dovrebbe possedere.

Le classificazioni più recenti per t Cma sono come sempre abbastanza discordanti da un autore all’altro e sono quelle che possiamo vedere in tabella 4.

Nome

HD Number

Tipo Spettrale

Autore

t Cma

HD 57061

O9 II

Humphreys

t Cma

HD 57061

O9 I

Conti

t Cma

HD 57061

O9 III

Perry

t Cma

HD 57061

O9 Ib

Bright Star Cat.

t Cma

HD 57061

O9 II

Walborn

Tabella 4 classificazione spettrale per t Cma

Come già sappiamo, la linea continua rossa i fig. 53 rappresenta il luogo delle unreddened Early Type classe V per la calibrazione selezionata.

Con i soliti comandi è stato raggiunto il best-fit tra la calibrazione e la sequenza fotometrica di Ngc 2362, determinando un valore per <E(B-V)> pari a 0,11.

Le tre linee continue marrone, blu e fucsia, rappresentano di luoghi delle stelle che appartengono alle classi di luminosità rispettivamente Ia, Iab, Ib.

Si vede che le tre calibrazioni Ia, Iab, Ib ai valori delle coordinate di t Cma, originano praticamente da un punto quasi comune, questo perché se andiamo a guardare la selezione delle tabulazioni dei colori intrinseci, per esempio di Schmidt-Kaler, troviamo per la classe spettrale di t Cma (O9) e indice di colore (B-V)o, la situazione seguente fig 54:

Fig. 54 Calibrazione colori intrinseci Schmidt-Kaler (B-V)o

Mentre per l’inice di colore (U-B)o la situazione e quella di fig. 55.

Fig. 55 Calibrazione colori intrinseci Schmidt-Kaler (U-B)o

Scorrendo i valori intrinseci di (B-V) per la classe spettrale O9 in fig. 54 vediamo che essi sono coincidenti nel valore -0,31 per le classi di luminosità V, III, II,  mentre subiscono una variazione minima tra le classi di luminosità Ib, Iab, Ia.

In particolare tendono a diventare meno blu mano a mano che ci si allontana dalla Zams due colori, infatti, la classe Ib assume valore -0,28 mentre le classi Iab  e Ia assumono valore -0,27.

Le tre calibrazioni Ib, Iab, Ia,  hanno poi pendenza diversa nel diagramma colore-colore e tendono entrambe ad allontanarsi dalle calibrazioni di classe  V, III e II.

Pertanto ci potremo aspettare che Hr Trace restituisca per l’indice di colore (B-V)o di t Cma un valore compreso tra -0,27 e -0,29 che risulterebbe un compromesso tra la classe Ia  e la Ib essendo la Iab compresa tra le precedenti.

Fig. 56 Tabella magnitudini assolute e altri dati per Ngc 2362

Come possiamo vedere in riga 14 della fig. 56, effettivamente Hr Trace Calcola per t Cma il valore (B-V)o = -0,28.

Ora tutti questi calcoli Hr Trace li ha eseguiti partendo dall’ipotesi che l’intorno di cattura dalla calibrazione classe V, una volta raggiunto il best-fit, fosse quella impostata nella apposita finestra a discesa pari nel nostro caso a ± 0,04.

Proviamo adesso a impostare, in questa stessa finestra, per esempio il valore ± 0,07 e a rifare i calcoli. Catturiamo le Early Type con questa larghezza di finestra rielaboriamo e osserviamo sempre in riga 14 della tabella magnitudini assolute e altri dati, se si sono verificati cambiamenti rispetto ai conteggi precedenti.

Fig. 57 Tabella magnitudini assolute e altri dati per Ngc 2362

 Ora in riga 14 compare di fig. 57 per t Cma ora un valore di (B-V)o pari a -0,31.

Fig. 58 Best-Fit per Ngc 2362 con larghezza di cattura ± 0,04

Fig. 59 Best-Fit per Ngc 2360 con larghezza di cattura ± 0,07

Sembra quindi che la quantità impostata nel comando larghezza di cattura Early Type, intorno al al valore di best-fit abbia la sua importanza, cerchiamo di capirne il perché.

Se osserviamo la fig.58 ed in particolare la zona indicata dalla freccia all’interno del cerchio rosso che contiene t Cma, si vede che la retta destra di color mattone, delimitante l’intervallo di cattura Early Type Classe V intorno alla calibrazione colori intrinseci per la stessa classe, non si sovrappone alla retta che rappresenta la classe di luminosità Ia  ma anche Ib o Iab.

Così poiché t Cma resta fuori dall’intervallo di cattura classe V, Hr Trace la interpreta correttamente come stella in fase evolutiva, cogliendone i corretti colori rispetto alla sua classificazione spettrale.

Nel caso invece di fig. 59, abbiamo imposto ad Hr Trace di accettare come stelle di sequenza principale o giganti normali tutte le stelle comprese in un intervallo di cattura di ± 0,07 intorno al valore di Best-fit e quindi t Cma viene forzata come stella di sequenza o gigante normale, il cui valore di (B-V)o diventa pari a -0,31 vedi fig. 54 tipo O9 classe V / III.

Dunque t Cma dal punto di vista fotometrico si trova in un punto singolare del diagramma colore – colore, è in evoluzione fuori dalla sequenza principale e con i suoi valori fotometrici và a cadere proprio nella zona in cui le tre calibrazioni Ib, Iab, Ia sono così vicine da confondersi vicendevolmente.

Tuttavia la sua singolare posizione ci ha permesso di vedere come l’utilità, intervallo di cattura, lavora sul diagramma colore-colore e quali e quante possano essere le implicazioni per un suo uso scorretto.

Hr Trace per default lavora sempre con un valore piccolo per questa caratteristica che è pari a ± 0,03.

Ricordiamo che il valore di defaut non è stato fissato in modo casuale, ed è in relazione con il criterio di Burki e gli effetti dispersivi prodotti sulle sequenze fotometriche già discussi.

Per i motivi appena detti l’operatore, durante l’uso dell’applicativo, deve tenere presente che i comandi di selezione intervalli sui grafici, sono sempre interpretati dal codice come comandi di forzatura e pertanto le scelte operate con tali comandi non sono mai messe in discussione, ma semplicemente accettate ed eseguite.

Per tutti gli altri tipi di comandi, da quelli di ricerca fitting fino a quelli di salvataggio o selezione, il codice applica opportune restrizioni alle scelte dell’utilizzatore, reclamando o informandolo quando le richieste non possono essere soddisfatte.

UNA UTILITA’ PER FARE DEI CONFRONTI

Molte volte concetti che possono non essere di immediata comprensione si riescono a percepire attraverso opportuni esempi, che nella maggioranza dei casi, propongono un confronto tra situazioni differenti interconnesse tra loro da identici parametri intrinseci fotografati, però, in istanti di tempo evolutivo diversi.

E’ il caso di fig. 24, dove nel tentativo di far meglio comprendere come si sia potuti arrivare al concetto di evoluzione stellare, si tenta di spiegarlo semplicemente compositando, sullo stesso grafico, situazioni evolutive diverse.

La fig. 24 è un ottimo esempio di uso della tecnica del confronto e permette, a chi la osservi con attenzione, di percepire il fenomeno evolutivo che tende a sgretolare la sequenza principale partendo dall’alto  eliminando, con il progredire dell’età, gli oggetti blu e caldi dal diagramma.

Fenomeno quest’ultimo che sappiamo essere in relazione con il rapporto tra la massa ed il tenore del suo consumo (luminosità). Rapporto che in definitiva determina un periodo di attività, quindi una quantità temporale in cui evidentemente gli oggetti che lo generano evolvono.

CONFRONTARE E COMPARARE GLI AMMASSI STELLARI

Nel sotware Hr Trace, esiste una interfaccia che ci permette di salvare e compositare su uno stesso diagramma Log(TEFF), MBOL fino a 10 ammassi studiati per eseguire confronti.

Le implicazioni che questo tipo di utilità lascia intravedere sono molteplici, ma qui, illustreremo solo due esempi di applicabilità di questa interfaccia.

1) Molto spesso in letteratura si leggono frasi del tipo: ” la controparte boreale di IC 2581 è rappresentata dall’ ammasso Ngc 457 in Cassiopeia ”. Qualche volta, però, non è sempre così immediato realizzare che cosa si intenda per controparte.

Bene, utilizzando l’interfaccia compositazione diagrammi HR, è possibile rendersi conto in modo chiaro che cosa si intenda per controparte.

Dopo aver analizzato e salvato i risultati delle fotometrie di IC 2581 e Ngc 457, si deve accedere all’utilità compositazione diagrammi HR che si vede in fig. 60.

Fig. 60 Composizione dei diagrammi di Ngc 457 e IC 2581.

Qui appare chiaro che i due ammassi sono effettivamente simili, trovandosi nello stesso stadio evolutivo determinato da una pressoché identica età.

Il turn off di entrambi gli ammassi è posizionato tra i valori (B-V)o = -0,24 e (B-V)o = -0,25 e l’età calcolata dal codice è di log(Age)IC 2581 = 7,21 e Log(Age)Ngc 457 = 7,29.

Se guardiamo agli oggetti in evoluzione ritroviamo praticamente la stessa situazione, che può ben essere riassunta nella tabella 5 seguente:

Ammasso

Nome

Log(TEFF)

MBOL

Spettro Attuale

IC2581

HD92772/G Car

3,91

-8,93

A7IaO

IC2581

HD90706

4,15

-8,29

B2,5Ib

IC2581

HD90707

4,25

-6,89

B1 III

Ngc457

f Cas.

3,84

-8,96

F0IaO

Ngc457

HD7902

4,02

-7,69

B6Ib

Ngc457

BD+57°258

3,55

-7,50

M1Ib

Tab. 5 Dati riassuntivi per oggetti in evoluzione in IC2581 e Ngc457.

Se immettiamo sul grafico alcune tracce evolutive dai modelli di Schaller e proviamo a fare qualche considerazione intorno agli oggetti più luminosi di entrambi gli ammassi possiamo affermare, confidando sulle tracce evolutive percorse a ritroso, che gli oggetti più massivi, G Car. per IC 2581 e f Cas. per Ngc 457, devono essersi evoluti a partire da stelle di classe spettrale probabilmente O8÷B0,  di circa 25 ÷ 26 masse solari.

Fig. 61 Tracce evolutive sul diagramma composito Ngc457+IC2581

Fig. 62 Compositazione Ngc129+5662+6087+6664+7790+IC4725

2) Un’altra applicazione interessante per questa interfaccia potrebbe, per esempio, essere quella di tentare l’individuazione sul diagramma Log(TEFF), MBOL della Cepheids Instability Strip, compositando diversi ammassi che contengano, come membri, delle cefeidi.

Una cefeide classica è il risultato della evoluzione post-sequenza principale di una stella di massa intermedia, appartenente alla popolazione I.

Ricordiamo che per stelle di massa intermedia, si intendeno tutte quelle che innescano il bruciamento dell'elio in un nucleo non degene e che successivamente, seguendo la fase di core He exhaustion, sviluppano un nucleo di carbonio e ossigeno totalmente degenere.

Per diventare una cefeide, una stella deve essere nella fase di post core hydrogen burning, in modo tale che durante la sua successiva evoluzione, possa transitare, sul diagramma HR, attraverso la cepheids instability strip.

Una stella di popolazione I e massa intermedia nel senso di quanto detto sopra può attraversare la instability strip, durante la sua evoluzione,più di una volta.

Il first crossing attraverso la strip avviene durante la fase di hydrogen-shell burning, mentre l'espansione dell'inviluppo aumentando il raggio della stella fino a traformarla in una gigante rossa, ne produce il passaggio, sul diagramma HR, dalla zona di seqenza principale fino alla zona convettiva di Hayashi.

Ricodate la regola generale combustioni a shell, movimento verso la zona convettiva. Combustioni centrali, movimento verso la sequenza.

Questo primo passaggio è rapidissimo, rispetto al tempo scala stellare e avviene in un range compreso tra circa 10.000 anni a circa 1.000.000 di anni, con una durata del crossing che decresce con l'aumento della massa.

Il crossing successivi avvengono solo dopo l'inizio della fase di core He burning, mentre la stella evolve verso alte temperature e le variazioni di temperatura, durante questa fase, producono sul diagramma HR il così detto blue loop, il cui risultato si traduce in un secondo e terzo crossing attraverso la instability strip.

Nel tentativo di seguire le cefeidi durante questi complessi passaggi tracceremo sul grafico Log(TEFF), MBOL la central line, il blueward limit e il redward limit per la Cepheids instability strip, sfruttando le correlazioni polinomiali determinate da J.D. Fernie 1967 A.J. 72, 1327 che seguono:

Blueward Limit: Mv = -1,87 – 3,40(B-V) – 1,60(B-V)2  (20)

Central line:   Mv = -1,15 – 3,08(B-V) – 1,60(B-V)2  (21)

Redward Limit:  Mv = -0,67 – 2,63(B-V) – 1,60(B-V)2  (22)

Adesso servono ammassi che contengano delle cefeidi e pertanto analizziamo e compositiamo la fotometria di letteratura per i seguenti oggetti:

Ngc 129, Ngc5662, Ngc6087, Ngc6649, Ngc6664, Ngc7790, IC4725-M25.

La fig. 62 rappresenta la compositazione degli ammassi appena elencati con l’indicazione della Cepheids Instability Strip definita dalle equazioni 20,21 e 22.

Questa figura lascia vedere come tutte le cefeidi appartenenti ai vari ammassi si concentrino un una porzione ben definita del piano Log(TEFF), MBOL e delimitata dalle curve definite dalle equazioni 20 e 22 di Fernie.

In particolare la curva blu (20) rappresenta il blueward limit, quella nera (21) la central line e quella rossa (22) il redward limit.

Andando a guardare meglio nella zona della instability strip fig. 63, possiamo distinguere come diverse cefeidi possano sembrare essere ancora al first crossing attraverso la strip lungo l’isomassa che rappresenta le 7 masse solari.

Tuttavia poiché il first crossing, avviene normalmente in modo molto rapido, è assai probabile che, in realtà, le cefeidi mostrate in fig. 63 si trovino al 2° o 3° crossing nella strip.

Fig. 63 Zoom sulla Cepheids Instability Strip

E' chiaro, a questo punto, che le nostre deduzioni soffrono di alcune indeterminazioni dovute alla relativa incertezza sulla metallicità e massa delle cefeidi, che non ci consentono di selezionare la traccia evolutiva più adatta alla loro analisi.

Parte notevole di tale indeterminazione è dovuta ad Hr Trace stesso, che al momento, non è in grado di risolverla sul grafico di fig. 63, poiché manca la possibilità di rappresentare le tracce evolutive comprese tra 3 e 12 masse solari, con metallicità inferiori a z < 0,02.

Un aggiornamento mirato a favorire tale performance da parte del software è attualmente in corso.

In particolare sono state implementate su Hr Trace le tracce evolutive dai modelli stellari di Schaller, per valori di z = 0,001 e per quanto riguarda più specificamente le cefeidi, saranno presto operative le tracce evolutive a metallicità variabile nel range 0,001< z <0,03 dai modelli stellari, relativi alle intermediate-mass stars, di S.A.Becker (1981 Ap.J. 45, 475).

A titolo di esempio proviamo ad esaminare, nel senso di quanto appena detto, la posizione sul diagramma teorico Log(TEFF), MBOL di DL Cas. membro di Ngc 129.

Il diagramma Log(TEFF), MBOL per Ngc129 è il seguente:

Fig. 64 Diagramma Log(TEFF), MBOL

La stella evidenziata nel cerchio rosso è DL Cas. i cui valori medi nel sitema UBV sono i seguenti: <V> = 8.97, <B-V> = 1.24, <U-B> = 0.87 (H.Arp).

Questa stessa interfaccia ci permette di tracciare sul grafico Log(TEFF), MBOL, le isocrone dai modelli stella del gruppo di Padova (Bertelli & altri) e tracce evolutive dai modelli stellari del gruppo di Ginevra (Shaller & altri), per metallicità differenti da quella solare.

Le iscrone dai modelli stellari di Bertelli, possono essere tracciate per metallicità Z = 0.02, Z = 0.008 Z = 0.004 approssimativamente con abbondanze solare, LMC (Large Magellanic Cloud) e SMC (Small Magellanic Cloud).

Fig. 65 Isocrona log(age) 7,9 e Z = 0,02 sul diagramma.

Leggendo l'età dell'ammasso determinata al blue Turnoff da Hr Trace e mostrata nella apposita finestra, accendiamo l'isocrona log(age) = 7.9 dai modelli di Bertelli selezionando per la metallicità l'option button Z = 0.2 e osserviamo come il blue loop dell'isocrona, dopo l'inizio della fase di core He-burning, individui perfettamente DL Cas. (vedi fig. 65).

Fig. 66 Isocrone log(age) 7,9 e 8,0 Z = 0,02 sul diagramma.

Aggiungiamo l'isocrona log(age) 8.0 e selezioniamo l'option button Z=0.008, che corrisponde ad una abbondanza pari a circa quella presente nella grande nube di magellano.

L'effetto sarà quello di vedere le isoscrone plottate, spostasi verso sinistra nel diagramma portandosi a temperarure più elevate.

contemporaneamente osserveremo anche i loops che attraversano la instability strip, aumentare la loro estensione verso valori maggiori di temperatura (vedi fig. 67).

Risulta pertanto evidente come la variazione del grado di metallicità, influenzi la posizione degli oggetti sul diagramma Hr teorico.

Fig. 67 Isocrone log(age) 7,9 e 8,0 Z = 0,008 sul diagramma.

Le posizioni di DL Cas. individuate con i loops precedenti dai modelli stellari di Bertelli, corrispondono a stelle di massa comprese tra 5,6 e 5,7 masse solari.

Per confronto con le tracce evolutive di Schaller con Z = 0.02, accendiamo sul diagramma Hr teorico la traccia corrispondente a 5 masse solari come si vede in figura seguente.

Fig. 68 Schaller Track 5 Masse Solari e Z = 0.02 sul diagramma.

La traccia calcolata per un abbondanza di tipo solare non raggiuge DL Cas. e pertanto ci spostiamo su tracce a metallicità inferiore, pari a Z = 0.001 ottenendo quanto segue.

Fig. 69 Schaller Track 5 Masse Solari e Z = 0.001 sul diagramma.

Cambiando scala al grafico, per evidenziare meglio la zona che ci interessa, possiamo definitivamente vedere che evidentemente DL Cas. deve essere, come previsto dai modelli di Bertelli, al terzo crossing con una massa di circa 5.6 masse solari.

Fig. 70

La presenza, infine, di un membro non cefeide di Ngc6649 (Fig. 63) mostra come, anche all’interno della instability strip, possano esistere oggetti che non presentano l’atteso fenomeno di variabilità.

Studiare ammassi che contengano come membri delle cefeidi classiche ha un significato strategico, sopratutto in funzione del contributo alla calibrazione delle relazioni PL (Periodo-luminosità) e PLC (Periodo-colore-luminosità), che questi ultimi possono offrire e che consiste nella possibilità di determinare per altra via la magnitudine assoluta delle Cefeidi.

La relazione PL infatti richiede la calibrazione accurata dello zero point e della pendenza, essendo espressa nella forma:

< M > = a + bLog10 (23)

dove a = Zero Point e b = Pendenza.

Poiché non è tecnicamente facilissimo ottenere i valori di a e b, non ostante i progressi tecnologici, intorno a queste determinazioni restano, al momento, aperte alcune controversie.

Basti osservare come la relazione PL sia andata progressivamente cambiando nel corso degli anni, dalla prima determinazione analitica di Hertzspung che aveva ottenuto una relazione della forma:

< MV > = -0,6 – 2,1Log P  (24)

fino alla più recente di Fernie & Catchpole (1997) seguente:

< MV > = -1,43 – 2,81Log P (25)

Un articolo riassuntivo molto bello, che da una ampia panoramica sui fondamentali problemi (scala cosmica delle distanze) che gravitano intorno alle Cefeidi, è il seguente: Feast M.W. & Walker A.R. 1987 Ann. Rev. Astr. & Astrophys. 25, 345.

Lasciamo immaginare al lettore altre possibilità di uso per questa utilità e fra le tante possibili diamo solo qualche piccolo indizio:

Costruzione empirica di una sequenza principale?

Osservare l’andamento evolutivo compositando diversi ammassi di conveniente età?

RIFERIMENTI

Arp H. 1958 Ap.J. 128, 166
Arp H. & Altri 1959 Ap.J. 130, 80
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Cester B. & Marsi C. 1984 Ap.& SS. 107, 167
Coulson I.M. & Caldwell A.R. 1985 MNRAS 216, 671
Feast M.W. & Catchpole R.M. 1997 MNRAS 286, L1
Fernie J.D. 1961 Ap.J. 133, 64
Fernie J.D. 1967 A.J. 72, 1327
Fernie J.D. 1969 PASP 81, 707
Fernie J.D. 1990 Ap.J. 354, 295
Freyhammer L.M. “Pulsating stars and the P-L & P-L-C relations
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Gieren W.P. 1981 ApJS 47, 315
Gieren W.P. 1982 ApJS 49, 1
Gieren W.P. 1988 PASP 100, 262
Gieren W.P. & Altri 1994 A.J. 107, 2093
Harris H.C. & Altri 1978 A.J. 94, 403
Moffet J.M. & Barnes T.G. 1968 MNRAS 219, 45
Sandage A. 1958 Ap.J. 128, 150
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Sandage A. & Tammann G.A. 1968 Ap.J. 151, 531 (I)
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Sandage A. & Tammann G.A. 1971 Ap.J. 167, 293 (III)
Sandage A. 1972 Q.Jl R. Astr. Soc. 13, 202
Tammann G.A. & Altri 2003 arXiv:astro-ph/0303378v1
Turner D.G. 1969 JRASC 60, 82
Turner D.G. 1978 JRASC 72, 248
Turner D.G. 1984 JRASC 78, 229
Turner D.G. 1985 JRASC 79, 175
Turner D.G. 1986 JRASC 80, 166
Wampler J. & Altri 1961 Ap.J. 133, 895

Giunti a questo punto, sarà bene affrontare il problema, lasciato in sospeso, della determinazione della funzione attuale di massa (PDMF) e della funzione iniziale di massa (IMF).

LA DISTRIBUZIONE DI MASSA

Abbiamo più volte detto della relazione esistente tra massa e luminosità, in modo particolare si può quantizzare tale relazione con una legge di potenza simile alla seguente:

L @ (M)a  (26)

Dove la 26, come hanno dimostrato diverse indagini osservative, è corretta almeno in prima approssimazione ponendo a = 3,5.  

Così stando le cose, possiamo affermare che la distribuzione della funzione di luminosità, altro non è che una rappresentazione della distribuzione di massa.

Questo vuol dire che possedendo una corretta relazione massa - luminosità  (MLR), si dovrebbe poter derivare la funzione di massa attuale (PDMF), dalla funzione di luminosità (LF).

Se poi si riuscisse a riportare sulla Zams gli oggetti in evoluzione, ove presenti, allora si potrebbe passare dalla funzione attuale di massa (PDMF) alla funzione iniziale di massa (IMF), trattando quindi tutti gli oggetti come se fossero sulla Zams.

Vedremo tra breve come il codice del nostro applicativo affronta questa situazione.

LA RELAZIONE MASSA – LUMINOSITA’ (MLR)

Lo studio dei sistemi binari ha come scopo, tra le altre cose, anche quello di definire la massa e luminosità degli oggetti osservati.

Utilizzando, quindi, i dati derivanti dallo studio dei sistemi binari contenuti in cataloghi come per esempio quello di Svechnicov e Bessonova: “ Catalog of Orbital Elements, Masses and Luminosities of Close Double Stars “ 1984 Bull. Inform. CDS 26, 99 che contiene elementi assoluti per 246 sistemi binari, è possibile tentare una ricerca correlativa tra massa e magnitudine bolometrica.

Si è visto sperimentalmente che tale determinazione correlativa è possibile nella forma:

Log(M) = A + BMBOL    (27)

Dove M = massa e MBOL = magnitudine bolometrica.

La (27) praticamente ci dice che disponendo su un diagramma logaritmo della Massa - Magnitudine bolometrica, gli oggetti contenuti in cataloghi come quello di Svechnicov & Bessonova, i punti che li rappresentano possono essere fittati da una retta di equazione Log(M) = A + BMBOL.

L’applicazione a tale grafico del metodo di best fitting, utilizzando i minimi quadrati risolve e determina il valore delle costanti A e B.

Nella seconda metà del secolo scorso molti autori si sono dedicati al problema di come ottenere i parametri A e B nella (27).

Così seguendo Schmidt – Kaler possiamo scrivere la seguente:

Log(M/Ms) = 0,48 - 0,105MBOL    (28)

La (28) è valida in un campo -8 ≤ MBOL < 10,5.

In ugual modo possiamo esprimere il rapporto Log(L/Ls) sempre seguendo Schmidt-Kaler come segue:

Log(L/Ls) = 3,8Log(M/Ms) + 0,08    (29)

Valida per M > 0,2Ms.

Una maggior definizione, della relazione massa-luminosità, si ottiene suddividendo in due spezzoni l’intervallo di magnitudine bolometrica con le seguenti:

Log(M/Ms) = 0,46 - 0,100MBOL     (30)

Log(M/Ms) = 0,76 - 0,145MBOL     (31)

Dove il campo di validità per la (30) è: MBOL < 7,5 e per la (31):

MBOL > 7,5.

Dunque applicando alla fotometria del nostro ammasso la (29) oppure le (30)÷(31) possiamo, a partire dal valore della magnitudine bolometrica, determinare il valore della massa di ogni oggetto.

DETERMINARE LA FUNZIONE DI MASSA DALLA FUNZIONE DI LUMINOSITA’

Premettiamo subito, che usare in modo corretto l’interfaccia che ci permette di derivare la funzione PDMF dalla LF non è particolarmente semplice, in quanto per poter ottenere determinazioni veritiere, occorre prestare alcune importanti attenzioni ai dati fotometrici.

Le difficoltà principali per chi desidera determinare la funzione PDMF utilizzando dati derivanti dalle osservazioni, sono le seguenti:

1)     Stelle di campo (non membri) che, se non eliminate, incidono pesantemente sulla LF e PDMF.

2)     Oggetti in evoluzione nell’ammasso, che per essere inclusi nella determinazione della IMF, devono essere riportati lungo la loro isomassa sulla sequenza principale.

Il punto (1) solleva immediatamente il problema di come effettuare le osservazioni, vale a dire ad esempio, fino a che valore di magnitudine spingersi e quale area debba essere ritenuta valida intorno al cuore dell’ammasso.

Il metodo classico per discriminare le stelle di campo dai membri di un ammasso, è costituito dalla analisi dei moti propri nell’area osservata.

Questo metodo richiede tuttavia una notevole base storica, immagini riprese nel corso degli anni, da cui derivare i moti propri dei vari oggetti.

Evidentemente nel nostro caso questa strada non è percorribile, non solo per la difficoltà delle misure e dei relativi calcoli necessari, ma anche per la mancanza totale di basi storiche.

Deve comunque essere detto che la discriminazione dei membri di un ammasso, utilizzando i moti propri non riscuote notevole successo anche in campo professionale, soprattutto per la bassa sensibilità delle vecchie lastre fotografiche.

Oggi con l’avvento del CCD, questo problema si risolve attraverso la sottrazione statistica delle stelle di campo, un procedimento che si basa sul principio della identica distribuzione delle stelle di campo all’interno e intorno all’ammasso che stiamo osservando.

Così procedure statistico-matematiche sono state sviluppate per sottrarre la densità delle stelle di campo intorno all’ammasso, dal campo dell’ammasso stesso, decontaminando in questo modo l’area di interesse.

Questa tecnica ha grande peso per le stelle deboli o molto deboli e si scontra con le difficoltà connesse alla statistica per piccoli numeri, quando si considerino oggetti molto brillanti.

Per poter utilizzare proficuamente la sottrazione statistica delle stelle di campo, occorrerà ovviamente pianificare sulla regione che contiene il nostro ammasso almeno due aree, una che contenga il nucleo principale dell’ammasso e l’altra un campo stellare vicino da utilizzarsi come riferimento per le stelle di campo, come si vede in fig. 71

Fig. 71 Definizione delle aree per la sottrazione statistica

delle stelle di campo

Le procedure appena discusse vengono normalmente utilizzate in campo professionale e ovviamente garantiscono risultati molto precisi.

Per i nostri scopi, tuttavia, la decontaminazione del campo stellare dell’ammasso che stiamo osservando dalle stelle di campo, può essere fatta in modo più semplice, anche se meno preciso, rispetto ai precedenti metodi.

La nostra metodologia nell’affrontare questo problema è solamente di tipo fotometrico e si basa sul principio che le stelle di sequenza principale sui grafici Colore-Colore e Colore-Magnitudine, devono andare ad occupare zone ben determinate che sono proprie del loro stato evolutivo.

Pertanto basterà confrontare le relative posizioni di ogni oggetto sui diagrammi Colore-Colore e Colore-Magnitudine, con la posizione occupata nell’immagine dell’ammasso rispetto al suo core, per farsi un idea abbastanza precisa della possibilità che gli oggetti considerati possano, o meno, essere membri dell’ammasso.

Questa soluzione non sarà certamente precisa come le metodologie utilizzate in campo professionale, ma sarà comunque in grado di farci raggiungere, se ben applicata, discreti risultati.

Per quanto riguarda il punto (2), per la determinazione della massa iniziale di un oggetto in evoluzione, occorrerà riferirsi alla sua posizione sul diagramma Log(TEFF),MBOL e utilizzando le tracce evolutive di Schaller, determinare la posizione originale dell’oggetto considerato sulla Zams percorrendo a ritroso, l’isomassa passante per l’oggetto stesso.

Le operazioni da svolgere per riportare un oggetto in evoluzione sulla sequenza principale percorrendo a ritroso l’isomassa passante per l’oggetto stesso, sono abbastanza complesse e per questo motivo è attualmente in fase di sviluppo, per Hr Trace, la scrittura del codice necessario ad automatizzare tale aspetto.

Tutte le difficoltà viste fino a questo momento possono, tuttavia, essere risolte in modo semplice e veloce se si considerano, ai fini della derivazione della PDMF dalla LF, solo le stelle di sequenza principale escludendo dalla nostra analisi gli oggetti in evoluzione e tutto ciò che dista dalla Zams oltre un certo limite di magnitudine.

In questo caso se si accetta come criterio selettivo dell’intorno Zams quello di Walker, allora gli oggetti che rientrano all’interno di questo campo sono già disponibili automaticamente in Hr Trace e per l’eliminazione degli oggetti in evoluzione, è sufficiente considerare tutti quelli che giacciono sotto il Turn-off point.

Questa procedura consente di derivare la PDMF dalla LF per gli oggetti che giacciono al momento sulla Zams, ottenendo così una determinazione di G sufficientemente veritiera.

Nel caso di un ammasso galattico aperto assumendo, come già sappiamo, che tutte le stelle appartenenti si sono formate più o meno allo stesso tempo e che la durata dell’evento di formazione stellare sia molto più piccolo dell’età dell’ammasso stesso, possiamo dire che la funzione PDMF e IMF differiranno solo per una costante Y0 , che rifletterà il numero di stelle che possono essere considerate fisicamente membri.

I risultati prodotti da molti studi hanno mostrato che, almeno in alcuni distinti intervalli di massa, la funzione IMF può essere ben rappresentata da una legge esponenziale del tipo:

N(m) ma      (32)

o meglio

dN(m) ma dm   (33)

 

Fig. 72 La funzione IMF delle Pleiadi

Fig. 73 Selezione campo su IMF Pleiadi per determinazione di G

Fig. 74 Determinazione del valore di G  per le Pleiadi

con a = esponente negativo.

Qualitativamente la (33) esprime il fatto che la natura preferisce creare stelle di massa piccola o intermedia, piuttosto che supergiganti molto massive.

Riassumendo il risultato di vari studi statistici, Scalo (1998) ci dice che la funzione iniziale di massa (IMF), può essere ben rappresentata su differenti intervalli di massa dalla seguente tabella:

         G = -1,3±0,5 per m > 10 Masse solari

         G = -1,7±0,5 per  1 Massa Solare < m < 10 Masse solari

         G = -0,2±0,3 per m < 1 Massa solare

In un diagramma Log-log la funzione IMF è rappresentata da una retta.

In fig. 72 é si vede la distribuzione di massa delle Pleiadi derivata dalla funzione di luminosità, ottenuta a sua volta dai dati di letteratura, presenti in archivio fotometrico di Hr Trace e caricati in interfaccia con l’apposito comando:”Carica dati originali sul diagramma”.

Con le finestre a discesa e il comando: ”Vai a selezione campo” restando sotto il Turn-off point, isoliamo le masse comprese tra 1 Ms e 4 Ms

(0 < Log(M/Ms) < 0,6), ottenendo la situazione di fig. 73.

Ora, in questo tratto di istogramma dovrebbero essere presenti solo stelle di sequenza principale, e premendo il comando:”Traccia/Elimina Trendline G” ci attendiamo, secondo quanto specificato da Scalo (1998), un valore di G  intorno a -1,7.

In fig. 74 si vede che il nostro applicativo determina, con un fit lineare, un valore di G  pari a -1,59 per questo intervallo delle Pleiadi.

RIFERIMENTI

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Claudius M. & Grosbol P.J. 1980 A&A 87, 339
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Massey P. & Altri 1995 ApJ 454, 151
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Phelps R.L. & Janes K.A. 1993 ApJS 90, 31 (I)
Phelps R.L. & Janes K.A. 1994 AJ 106, 1870 (II)
Sagar R. & Altri 1986 MNRAS 220, 383
Salpeter E.E. 1955 ApJ 121, 161
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Scalo J.M. 1998 Asp. Conf. Ser. 142
Vàzquez R.A. & Altri 1994 A&AS 106, 399
Vàzquez R.A. & Altri 1996 A&AS 116, 75
Vàzquez R.A. & Altri 1997 A&AS 124, 13

Come ultimo argomento di questa lunga discussione, ma non per questo meno importante anzi, vogliamo vedere quei casi particolari che non rientrano in quanto trattato fino a questo momento e che, se non spiegati, possono mettere l'utilizzatore immediatamente in difficoltà fin dalle primissime interfacce.

LE DISTRIBUZIONI NON RISOLVIBILI SUL DIAGRAMMA DUE COLORI STOCK2

A volte, la dispersione dei punti sul diagramma colore – colore avviene in modo così particolare da impedire la determinazione dell’eccesso medio di colore, usando la Sliding Fit Tecnique.

Dispersioni a macchia come quella di Stock 2 fig. 75, sono difficili da risolvere solo con i metodi visti fino a questo momento.

Fig. 75 Stock 2 sul piano Colore – Colore

Osservando la figura 75 si vede immediatamente che, volendo utilizzare la sliding fit tecnique per determinare un valore medio per E(B-V), ci troveremo subito in difficoltà e ogni nostro tentativo sarà inutile, in quanto non esiste un blue most envelop ben definito da fittare.

Si potrebbe pensare di utilizzare l’interfaccia per gli ammassi evoluti, ma anche in questo caso la parte medium & late type della sequenza principale, è poco o nulla definita e non si saprebbe bene che cosa fittare.

Parrebbe, giunti a questo punto, che non si possa andare oltre e che l’unica via possibile sia la rinuncia all’analisi.

Tra tutti questi elementi, per così dire negativi, ne esiste tuttavia uno positivo, rappresentato dal grosso addensamento di stelle a forma di macchia allungata compreso tra B-V = 0,2 e B-V = 0,6.

Se riuscissimo in qualche modo a determinare il contenuto della macchia di stelle, probabilmente si potrebbe ricavare qualche dato utile per la nostra analisi.

Le possibilità offerte in questo senso dal nostro software sono sostanzialmente due, una di analisi e l’altra di verifica.

L’analisi

Portiamoci nella interfaccia “Esamina Distribuzioni Early Type”, premendo il relativo pulsante.

Questa interfaccia utile soprattutto quando si ha a che fare con le associazioni OB, può aiutarci anche in questa situazione, poiché ci permette di tracciare sul grafico colore – colore le reddenig lines per i tipi spettrali da O5 ad A0 fig. 76.

Fig. 76 Interfaccia esamina distribuzioni Early Type per Stock 2

con le reddenig lines tracciate e aggiustate per una pendenza 0,84.

Tracciando le reddenig lines aggiustate sulla pendenza E(U-B)/E(B-V) dell’addensamento pari a 0,84 circa e ricordando che le reddenig lines rappresentano il luogo geometrico su cui si dispongono le stelle di ugual tipo spettrale, sottoposte tuttavia a gradi diversi di arrossamento da parte del mezzo interstellare possiamo affermare, con un certo grado di confidenza, che la maggioranza delle stelle formanti l’addensamento è di tipo spettrale A0.

Quanto ottenuto con Hr Trace fino a questo punto, ci induce a pensare che il contenuto di questo ammasso sia ovviamente quello individuato dalle reddenig lines e che il valore del rapporto E(U-B)/E(B-V) in questa parte di cielo, valga circa 0,84 ÷ 0,85, contro i valori normali 0,70 ÷ 0,72.

Ma ci sarà un modo per dimostrare in via definitiva se le nostre deduzioni siano vere, oppure no?

La verifica

Il link al data base WEBDA contenuto in Hr Trace e l’interfaccia Spectral Dereddening, risolvono in modo definitivo la nostra domanda.

Premendo l’icona telefono si passa all’interfaccia link Webda fig. 77.

Fig. 77 Interfaccia collegamento al database WEBDA.

Il Webda è un grande data base completamente dedicato agli ammassi aperti, dove praticamente si può trovare ogni tipo di misura o notizia di cui si abbia necessità.

Condizione necessaria e sufficiente per trovare qualcosa nel Webda è, ovviamente, quella dettata dal fatto che l’oggetto sia stato studiato e che per esso ci siano dati e letteratura.

Quando non si riesce a determinare l’arrossamento per via fotometrica, lo si può fare per via spettroscopica, derivando i colori intrinseci dalle relazioni Tipo spettrale – Colore intrinseco.

Utilizzando quindi questo link possiamo cercare nel Webda, determinazioni di tipo spettrale per i membri di Stock 2.

Successivamente immettendo questi dati nella procedura di Spectral Dereddening di Hr Trace, sarà possibile ottenere un valore di <E(B-V)> utilizzando la relazione Tipo spettrale – indice di colore intrinseco.

Ottenuto il valore di <E(B-V)> in questo modo, si potrà proseguire nella analisi dell’ammasso con il solito metodo.

Normalmente le liste dati sia spettroscopici che fotometrici nel Webda sono ordinate per No. di riferimento oggetto/membro e vengono sempre desunte da un lavoro specifico di cui è definito il riferimento bibliografico.

In questo modo chi volesse accedere al lavoro originale, in cui è presente la numerazione di ammasso, può farlo utilizzando il link al sito Nasa/ADS per scaricarlo e consultarlo.

Nel nostro caso il Webda ci informa che il sistema di numerazione degli oggetti per Stock 2, è basato sul lavoro di : “Krzeminski W. & Serkowski K. 1967 Astrophys. Journal 147, 988” e che nelle liste fotometriche UBV questo lavoro ha ricevuto numero di riferimento 70.

In analogo modo vengono classificati i dati di carattere spettroscopico, che sono presentati in liste in cui è specificato il numero di riferimento oggetto/membro dell’ammasso.

Organizzando i dati di tipo spettrale per stock2 in una tabella otteniamo:

MK SPECTRAL CLASSIFICATION FOR STOCK 2

No

Ref

MK

No

Ref

MK

No

Ref

MK

0001

206

B0 III

0056

863

A1 V

0117

805

A0 V

0001

863

B0 IB

0059

282

A0 V

0117

863

A1 V

0002

282

A1 V

0062

282

A0 V

0122

282

A0 V

0002

863

A1 V

0062

283

A1 V

0137

282

A0 V

0007

863

F5 II

0063

282

A5 IV

0138

282

A0 V

0012

863

A0 V

0063

863

A1 V

0138

283

A0 IV

0013

282

A1 V

0074

282

A0 IV

0142

282

A1 V

0013

282

A2 V

0074

863

A1 IV

0144

282

A1 V

0019

863

A2 V

0075

282

B9 V

0148

282

A0 V

0021

282

B9 V

0075

863

A0 V

0148

863

A0 V

0028

282

A0 V

0077

282

A1 II

0149

282

A1 V

0031

33

B05 I

0080

282

A0 V

0149

863

A1 V

0031

39

B05 IP

0081

282

B9 V

0160

212

G8 III

0031

80

B05 IB

0083

282

A0 V

0160

805

G5 II

0031

863

B0 IB

0089

282

A2 V

0160

864

G5 II

0031

865

B0 IB

0093

282

A7 V

0161

282

A2 V

0034

863

A9 III

0094

282

A0 V

0161

283

A2 V

0034

870

A9 IV

0094

283

A0 IV

0161

805

A2 V

0036

282

A1 IV

0096

282

A1 V

0161

864

A2 V

0036

283

A2 V

0096

863

A0 IV

0162

282

A1 V

0039

282

A1 V

0099

282

A3 V

0162

283

A2 IV

0041

282

A0 V

0099

805

A2 V

0162

863

A2 V

0043

62

G9 II

0099

564

A2 V

0164

282

A0 V

0043

863

G5 II

0100

282

A0 V

0164

863

A1 V

0045

212

B5 III

0105

282

A0 V

0166

282

A1 V

0049

282

A0 V

0105

863

A0 V

0166

870

A1 V

0049

863

A0 V

0106

282

A0 V

0167

282

A1 V

0051

282

A0 V

0110

282

A0 IV

0168

282

A2 V

0053

863

A9 III

0110

283

A1 V

1011

212

G9 III

0053

870

F0 IV

0110

863

B9 IV

     

0056

282

A0 V

0117

282

A1 V

     

Tab. 6 Dati spettroscopici per Stock 2

Come ben visibile in tabella 6, le previsioni fatte in sede di utilizzo della interfaccia di analisi della distribuzione si sono rivelate estate ed ampiamente rispettate, infatti i tipi spettrali A0, A1, A2 rappresentano la stragrande maggioranza dei membri in stock2.

DETERMINAZIONE DELL’ECCESSO DI COLORE CON DATI DI TIPO SPETTRALE

La procedura di Spectral Derededdening di Hr Trace

Ottenuto il tipo spettrale degli oggetti fotometrati possiamo richiamare la tabella di spectral dereddening e completarla per ottenere il valore cercato di <E(B-V)> fig. 78.

Fig. 78 Parte della tabella di Spectral Dereddening per Stock2

Come si vede in figura 78, per esempio, alla stella 11 (Numerazione Hr Trace) che ha indici osservati (B-V) = 0,38 e (U-B) = 0,30, si è potuto associare grazie a dati provenienti dal Webda il tipo spettrale A0 e quindi la procedura ha potuto determinare, utilizzando la relazione tipo spettrale – indice di colore intrinseco di Schmidt-Kaler, i seguenti valori:

1)     E(B-V) = 0,40
2)     (B-V)o = -0,02
3)     (U-B)o = -0,02
4)     Mv = 0,6

Lavorando nello stesso modo per tutti gli altri input, si ottiene alla fine il valore <E(B-V)> = 0,42 per questo ammasso.

COME SI INTRODUCONO I DATI IN TABELLA

L’introduzione dei dati in tabella è oltremodo semplice, basta cliccare la cella in cui si vuole inserire per ottenere l’elenco a discesa dei tipi spettrali da introdurre nella cella stessa, vedi esempio in fig. 79

Fig. 79 Modalità di introduzione valori spettrali in tabella

di Spectral Dereddening.

Il completamento della tabella, soprattutto se si tratta di molte stelle, può richiedere molto tempo poiché, a meno che non si faccia un lavoro preparatorio, difficilmente la numerazione di Hr Trace potrà corrispondere a quella del Webda e pertanto bisognerà scansionare le liste Webda e associare i valori spettroscopici con la nostra numerazione.

Comunque una volta compilata la tabella si può da essa accedere a due importanti funzioni che sono:

1)     La determinazione grafica del rapporto E(U-B)/E(B-V)

2)     Ottenere il Variable Exctintion Diagram

LA DETERMINAZIONE DEL RAPPORTO E(U-B)/E(B-V) PER STOCK2

Premendo il comando iconico “Pendenza R.L.” si ottiene da Hr Trace il seguente grafico fig. 80:

Fig. 80 Determinazione di X = E(U-B)/E(B-V) per Stock2

Il grafico di fig. 80 è in grado di accettare le indicazioni di tabella spectral dereddening, per tutte le classi di luminosità Ia, Iab, Ib, II, III e V.

Una volta nell'interfaccia, agire sui comandi trasla e ruota per determinare graficamente il best-fit e leggere nella finestra il valore E(U-B)/E(B-V) grafico così determinato.

I valori introitati in tabella per la sola classe di luminosità V hanno permesso vedi fig. 80 di ottenere per il rapporto tra gli eccessi di colore, un valore relativamente a Stock2 pari a 0,82 best-fit.

A questo proposito ci dobbiamo ricordare come, in prima analisi, fossimo già andati molto vicini a questo valore, nella interfaccia: “Esamina distribuzione early type” dove si era ipotizzato un valore pari a 0,84 ÷ 0,85.

IL VARIABLE EXTINCTION DIAGRAM

Possiamo ancora fare di più se utilizziamo il “Variable Extinction Diagram” il quale, sulla base dei dati derivati dalla procedura di Spectral Dereddening, è capace di determinare un modulo apparente della distanza per Stock2 vedi fig. 81.

Fig. 81 Variable Extinction Diagram per Stock 2

Il fit matematico sui dati plottati per Stock2 indica un valore di intercetta < V-Mv > pari a 8,45 e un valore di pendenza R pari a 3,22.

Utilizzando quindi questo diagramma, possiamo determinare, in via alternativa al metodo della Zams fitting, la distanza dell'ammasso a cui è applicato a patto, naturalmente, di possedere dati di carattere spettroscopico sui membri dell'ammasso stesso.

Ora, poiché dalla tabella di spectral dereddening abbiamo ottenuto il valore <E(B-V)>,  possiamo determinare il modulo vero della distanza per Stock2 come :

<Vo – Mv> = <V – Mv> - 3E(B-V) (34)

con cui so ottiene <Vo – Mv> = 7,20 se per R si utilizza il valore 3,0 oppure <Vo – Mv> = 7,09 se per R si utilizza il valore determinato 3,22.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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TURNER D.G. 1976 Astron. Journal 81, 97
TURNER D.G. 1989 Astron. Journal 98, 2300

NOTA

Il manuale completo del software può essere letto on-line al sito: http://xoomer.virglio.it/waphil/

Coloro che fossero interessati a ottenere il software Hr Trace, possono richiederlo direttamente all’autore al seguente indirizzo di posta elettronica: sm@progind.it

Valter Arnò

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