Un riflettore Newton concepito per le sole osservazioni solari

 

Come realizzare un telescopio riflettore che non faccia rimpiangere l’uso dei classici rifrattori a lungo fuoco nello studio del Sole

 

di Massimo D’Apice

 

 

   Nello studio del Sole in genere si preferisce l’uso di rifrattori a lungo fuoco per via della relativa insensibilità alla turbolenza (tubo chiuso), per l’assenza di ostruzione e per la ridotta quantità di luce diffusa (assenza di superfici riflettenti) che permettono loro di fornire immagini incise e contrastate. I riflettori, siano essi aperti (Newton, Cassegrain) o chiusi (Catadiottrici di vario genere), quasi mai restituiscono immagini solari all’altezza dei migliori rifrattori, con l’unica eccezione, in certa misura, dei Maksutov a lungo fuoco (f/15 ed oltre).

   In questa breve nota verrà descritta la realizzazione di un particolare riflettore Newtoniano, espressamente concepito per le osservazioni solari in modo da limitare, per quanto possibile, gli inconvenienti suddetti.

   Lo schema ottico proposto è riportato nella figura seguente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

   Come in un Newton classico, il sistema è composto da due soli elementi ottici: uno specchio primario parabolico ed una lastra piana che, come vedremo, funge sia da filtro solare a tutta apertura che da secondario.

   La luce solare incide su una lastra piano parallela inclinata a 45°, la cui faccia interna è semi-alluminata con una trasmissione attorno all’1%. La luce subisce quindi una prima attenuazione sostanziale nell’attraversamento della lastra di chiusura anteriore. Si noti come il fascio luminoso subisca una sensibile traslazione D verso l’alto per effetto della rifrazione nello spessore S, non trascurabile, della lastra stessa di indice n [1]:

 

D = 0.707 S (n – 1)/n

 

In pratica, assumendo un indice di rifrazione 1,5 per il vetro della lastra, la traslazione del fascio ammonterà a poco meno di ¼ dello spessore e di ciò occorrerà tener conto nella realizzazione dell’apertura d’ingresso dello strumento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


D’altra parte, l’adozione di una lastra di un certo spessore è raccomandata per evitare la sovrapposizione di immagini fantasma verso l’oculare, originate dalla riflessione interna sulla faccia non alluminata della lastra nel percorso di ritorno del fascio luminoso. L’immagine secondaria risulta comunque fortemente indebolita dallo spessore dello strato semi-riflettente,.come illustrato nella figura seguente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


   Il fascio d’ingresso, attenuato nell’attraversamento della lastra, procede quindi verso lo specchio parabolico che, non essendo alluminato, riflette soltanto il 4% della luce incidente. In tal modo si ha una seconda sostanziale attenuazione del fascio con una trasmissione complessiva verso il piano focale dello 0.0004% (1:2.500), un valore adeguato alle riprese fotografiche e CCD della fotosfera solare.

   Per l’osservazione visuale sarà invece opportuno inserire sull’oculare un filtro aggiuntivo con una trasmissione tra il 2,5% ed il 25% in modo da ottenere un’attenuazione totale compresa, rispettivamente, tra 1:100.000 e 1:10.000. Allo scopo si può adottare una coppia di polarizzatori rotanti, con trasmissione variabile tra il 5% ed il 25%, particolarmente utile in caso di mutevoli condizioni di velatura del cielo.

 

   In generale un siffatto strumento presenta il duplice vantaggio di non avere alcuna ostruzione e di essere assolutamente sicuro poiché, quand’anche la lastra d’ingresso dovesse malauguratamente cadere o rompersi, il fascio di luce focalizzato dal primario non potrebbe più raggiungere l’oculare. Il maggiore inconveniente risiede invece nell’elevato costo della lastra anteriore che, lavorata a tolleranze ottiche, deve avere una dimensione sufficiente  a coprire il diametro dello specchio principale: in pratica, circa 1,5 volte l’apertura utile dello strumento. Per questo motivo risulta quindi conveniente soltanto la realizzazione di strumenti di modeste dimensioni.

 

   Nel nostro caso si è adottato un specchio da 65mm di diametro e 500mm di focale ed una lastra, finita a l/10 (550nm), da 4” (101,6mm) di diametro e 3/8” (9,525mm) di spessore. Come si vede in fotografia, l’apertura d’ingresso è stata sagomata ad ellisse per garantire la piena copertura della luce dello specchio primario.

  

   Dal punto di vista realizzativo, si è ritenuto conveniente adottare un tubo, in lega di alluminio, a sezione quadrata (80x80mm, spessore 2,5mm) per semplificare la connessione al tubo del supporto della lastra e per garantire, con buona approssimazione, l’esatto posizionamento del portaoculare rispetto al piano della lastra inclinato a 45°. In tal modo è stato possibile semplificare il progetto, affidando la collimazione dello strumento alla sola cella del primario, unico elemento registrabile del sistema. L’esterno del telescopio è stato volutamente lasciato intatto per meglio riflettere la luce solare. L’interno del tubo è stato invece opportunamente annerito con vernice in nero opaco.

 

   Il focheggiatore è stato semplicemente ricavato dall’elicoide di messa a fuoco di un obiettivo fotografico privato di lenti e diaframma. Completano l’opera un piccolo cercatore, dotato di filtro d’ingresso in “astrosolar”, ed un collare di serraggio del tubo, dotato di fori filettati da 1/4” e 3/8” per treppiede fotografico.

 

 



[1] Per una trattazione in dettaglio si veda, ad esempio: Jenkins, White – Fundamentals of Optics – McGraw Hill, 4th ed., pp.24-29

 

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