Ovvero un viaggio a ritroso nel passato per incontrare alcune ricercatrici che dall’antichità al XVIII secolo apportarono contributi alle rivoluzioni astronomiche.
Le prime donne che si dedicarono alla disciplina astronomica furono essenzialmente delle osservatrici, si occuparono della catalogazione degli astri e redassero tavole astronomiche. La maggior parte delle astronome che sono riuscite ad affermarsi erano spesso affiancate da una figura maschile molto importante: un marito, un tutore, un fratello, un padre che ha fornito loro l’istruzione negata dalle istituzioni e venivano considerate come assistenti di chi ufficialmente aveva un incarico astronomico. Purtroppo nei libri di storia i loro nomi non vengono menzionati anche se hanno contribuito più di quanto non si creda, infatti, i loro apporti non furono per nulla trascurabili. Per vari motivi questi vennero spesso inglobati nei lavori effettuati dai mariti o dai padri o dai fratelli per cui ora risulta difficile scindere il reale aiuto. Uno fra i nomi più conosciuti del passato è sicuramente quello di Carolina Herschel vissuta nel XVIII secolo, sorella di William lo scopritore del pianeta Urano, ma compiendo un viaggio a ritroso nel tempo le prime astronome di cui si ha notizia riguardano En Heduanna vissuta intorno il 2350 a.C. a Babilonia, figlia di Sargon di Akkad fondatore di una dinastia babilonese di circa 4000 anni fa. Venne nominata alta sacerdotessa della dea della luna della città, una carica molto prestigiosa. I sacerdoti e le sacerdotesse assiro-babilonesi nei loro templi sacri dirigevano ogni attività essenziale come i commerci, l’agricoltura e le arti ed avevano creato una rete di osservatori per esaminare i movimenti delle stelle, infatti, il calendario che hanno creato è ancora usato per fissare la data di certi eventi religiosi come la Pasqua cristiana e la Pasqua ebraica. En Heduanna, in realtà, è l’ultima di una lunga lista di donne che hanno studiato le stelle ed i cicli della Luna, ma degli altri nomi ormai non vi è traccia.
Aganice visse intorno il 1900 a.C. in terra egiziana; era figlia del sovrano Sesostri I e si occupò dello studio gli astri in funzione delle predizioni che erano in uso all’epoca.Segue un faro dell’antichità: Ipazia di Alessandria d’Egitto
vissuta tra il 375 e il 415 d.C. ed operante presso la leggendaria
Biblioteca di Alessandria, istituzione che oltre a contenere i libri
dell’antichità era affiancata dal Museo ovvero da quella che noi
potremmo definire Accademia a livello universitario. Figlia del
matematico Teone, di rara bellezza, intelligenza ed eloquenza
studiò ad Atene ed a Roma, alla morte del padre gli successe
nella direzione del Museo di Alessandria d’Egitto. Di lei gli storici
scrissero: “introdusse molti alle scienze matematiche” e “ divenne
molto migliore del maestro soprattutto nell’arte dell’osservazione
degli astri”. Il suo sapere spaziava dalla filosofia alla matematica,
dall’osservazione degli astri alla compilazione dei Commentari ovvero
degli aggiornamenti delle opere degli antichi. L’opera monumentale di
Claudio Tolomeo: l’Almagesto, venne commentato in collaborazione con il
padre che nella prefazione scrisse: “Commento di Teone di Alessandria
al terzo libro del Sistema matematico di Tolomeo. Edizione controllata
dalla filosofa Ipazia, mia figlia”.
Ipazia scrisse opere autografe che sono scomparse: un commentario a
Diofanto (il padre dell’algebra) di 13 volumi, il Canone astronomico
(una raccolta di tavole sui corpi celesti), ed un commentario alla
Coniche di Apollonio (trattato di geometria) di 8 volumi. I suoi studi
non erano solo teorici, si occupò anche di meccanica e di
tecnologia applicata, in particolare le vengono attribuite due
invenzioni: un areometro e un astrolabio piatto. L’astrolabio
perfezionato e progettato da Ipazia era formato da due dischi metallici
forati, ruotanti uno sopra l’altro mediante un perno rimuovibile:
veniva utilizzato per calcolare il tempo, per definire la posizione del
Sole, delle stelle e dei pianeti; pare che mediante questo strumento
essa risolse alcuni problemi di astronomia sferica. E’ triste
constatare che di una scienziata tanto rinomata al suo tempo, per vari
motivi, non rimangono altro che i titoli di alcune sue opere. Tuttavia
questi titoli sono indizi che delineano una traiettoria teorica, e le
fonti tramandano che Ipazia scrisse un’opera astronomica originale;
ella aveva portato a termine delle osservazioni e delle verifiche che
non erano semplicemente collocabili al margine del Sistema matematico
di Tolomeo già commentato, ma erano tali da richiedere una
trattazione autonoma. Morì tragicamente in seguito ad una oscura
e cruenta aggressione, in cui non è dato da escludere
l’avversità dei Cristiani e del patriarca Cirillo di
Alessandria, nei suoi confronti. Con la sua morte la scuola di
Alessandria si disperde ed il sapere passerà in mano ad
istituzioni ecclesiastiche.
Nei monasteri ed in ambito religioso vi furono badesse eminenti, la
più celebre è Idelgarda
di Bingen, nota per essere stata una religiosa che si occupò di
scienze. Nata in Sassonia e decima figlia di una famiglia aristocratica
venne rinchiusa giovanissima in convento dove ebbe l’opportunità
di studiare e di lavorare, scrisse vari trattati che si occupavano di
medicina come di cosmologia. Soprannominata la Sibilla del Reno per le
sue profezie, s’impegnò in campo politico e culturale. Prima
compositrice di musica sacra, pittrice, scrisse un’opera riguardante la
cosmologia che è inclusa nel Liber Scivias e nel Liber divinorum
operum simplicis hominis due delle opere in cui trascrisse le sue
visioni. Il suo concetto di struttura del cosmo: una Terra a forma di
sfera, circondata da involucri concentrici che trasportavano i corpi
celesti, era influenzato dalla tradizione pitagorica. Tutte le sue
opere erano illustrate da miniature esplicative assai dettagliate nelle
quali Ildegarda si raffigurava in un angolo nell’atto di osservare le
“sue visioni”.
Lasciando l’epoca mediovale una personalità
importante da citare è Sophie
Brahe che rappresenta il modello delle scienziate al femminile
che, nonostante le avversità e i pregiudizi nei loro confronti,
operarono più o meno silenziosamente, ma con grande dedizione
apportando contributi in un’epoca dove nel campo dell’astronomia
vennero sviluppate nuove concezioni rivoluzionarie. Il polacco Nikolaj
Kopernik detto Copernico (1473-1543) ribaltò le teorie
geocentriche-tolemaiche affermando che il Sole è al centro
dell’Universo. Galileo Galilei (1564-1642) fisico ed astronomo
nonché ideatore del moderno metodo scientifico appoggiò
questo nuovo sistema eliocentrico, ma venne costretto dall’Inquisizione
ad abiurarlo. Migliorò il cannocchiale per le sue osservazioni,
nuovo strumento elaborato da artigiani ottici olandesi. Johannes Kepler
(1571-1630) sviluppò ulteriormente il modello eliocentrico e
basandosi sulle ricerche dei fratelli Tycho e Sophie Brahe poté
calcolare le orbite ellittiche dei pianeti. Sulla vita di Tycho
è stato scritto parecchio, su quella della sorella un po’ meno;
nacque in Danimarca in una famiglia della piccola nobiltà,
studiò da sola dai libri del fratello maggiore ed insieme
calcolarono l’eclissi lunare dell’8 dicembre 1573. Il re di Danimarca,
Federico II donò a Tycho l’isola di Heveen vicino a Copenaghen
sulla quale venne eretto il famoso castello-osservatorio di Uraniborg.
La moglie del sovrano Sophia, regina di Danimarca e di Norvegia, fu una
mecenate dei fratelli Brahe, alla morte del consorte si ritirò
dalla vita pubblica per dedicarsi all’astronomia ed alle scienze
naturali. L’importanza del lavoro dei fratelli Brahe è che
furono i primi astronomi europei ad effettuare osservazioni regolari ed
a lungo termine sulla posizione delle stelle fisse e dei pianeti
tramite sestanti, quadranti, sfere armillari e strumenti di
osservazione da loro ideati, dato che il telescopio non era stato
ancora inventato. Sulla base delle loro osservazioni redassero un
catalogo di oltre 1000 stelle fisse con una precisione inimmaginabile
per l’epoca.
Nel 1572 ci fu un evento astronomico che attrasse l’attenzione di
Tycho: si trattava di una “nova” ovvero una stella che aumenta la
propria luminosità in modo violento, questo evento non
s’inseriva nel modello planetario tolemaico ed i fratelli ipotizzarono
un modello di universo in parte geocentrico ed in parte eliocentrico,
in cui soltanto il Sole e la Luna ruotavano attorno alla Terra e gli
altri pianeti ruotavano attorno al Sole. Questo sistema prese il nome
di Ticonico, ma la loro fama crebbe quando identificarono una cometa
nel 1577. All’età di 20 anni Sophie si sposò, le nacque
un figlio, occupazioni che non la distolsero dal suo lavoro presso
l’osservatorio, quando morì il marito nel 1588 divenne anche
amministratrice dei terreni e si diede allo studio dell’alchimia e
della medicina. Nel 1597 Tycho si trasferì a Praga come
astronomo dell’imperatore Rodolfo II, alla sua corte conobbe Giovanni
Keplero il quale sulla base delle osservazioni effettuate dai fratelli
Brahe formulò per primo l’ipotesi dell’ellitticità delle
orbite dei pianeti. Mai come in questo caso il loro incontro fu
fruttuoso e successivamente Isaac Newton confermò le teorie di
Keplero mediante la formulazione della legge della gravitazione
universale nell’opera Philosophiae naturalis principia mathematica.
Tornando a Sophie, essa continuò le sue ricerche anche quando il
fratello si trasferì a Praga e visse in questa città fino
alla sua morte avvenuta nel 1601. Il contributo apportato dalla sorella
all’astronomia non venne mai riconosciuto autonomamente ed oggi non
è più possibile ricostruire la sua partecipazione al
lavoro del fratello poiché non esistono documenti specifici
sulla sua vita e sulla sua opera. Nonostante l’insufficienza di
documentazione il filosofo e fisico Pierre Gassendi scrive nella
biografia di Tycho Brahe che la sorella era dotata di eccezionali
conoscenze in matematica ed astronomia.
A partire dall'inizio del XVII secolo furono sempre di più le
donne che trovarono modo di partecipare alla grandiosa avventura
dell'esplorazione del cielo e questo inizialmente avvenne in
osservatori privati, come aveva già fatto Sophie Brahe.
La polacca Maria Cunitz
(1610-1664) fu da alcuni definita la seconda Ipazia, in quanto donna
molto erudita (parlava sei lingue, poetessa, pittrice, musicista con
conoscenze matematiche, mediche, storiche e soprattutto astronomiche).
Si sposò a vent’anni con un medico ed astronomo dilettante molto
più vecchio di lei che la incoraggiò nei suoi studi
astronomici. Nonostante gli scarsi mezzi finanziari che non le
permettevano di utilizzare strumenti di osservazione adeguati
elaborò le posizioni dei pianeti soltanto attraverso calcoli
manuali e corresse diversi errori di Keplero trovati nelle tabelle
delle sue tavole le Tabulae Rudolphinae e semplificò la sua
opera. Nonostante la guerra dei Trentanni riuscì a proseguire
nei suoi studi ed a pubblicare i suoi risultati nel 1650 nell’opera
Urania Propizia stampato in latino e tedesco, contiene oltre alle
tabelle semplificate di Keplero, considerazioni generali
sull’astronomia e sulle sue basi teoriche. E’ curioso notare che nella
prefazione l’autrice rassicuri i lettori sulla propria competenza in
materia, dato che nell’edizione successiva il marito confermerà
come la moglie fosse l’unica autrice dell’opera. La sua fama di
scienziata sopravvisse alla sua morte avvenuta a soli 54 anni, anche se
le venne rimproverato di trascurare i doveri domestici, dato che di
giorno dormiva per recuperare il sonno notturno a causa delle
osservazioni.
Altra astronoma polacca è Elisabetha Koopman-Hevelius
(1647-1693) fin da piccola si dilettava di astronomia e a soli
sedici anni divenne la seconda moglie di un ricco commerciante di
Danzica di 36 anni più vecchio che fortunatamente condivideva la
sua stessa passione. Il loro osservatorio privato venne fatto costruire
sui tre tetti di case confinanti ed essa ne divenne responsabile
facendo anche da assistente ai numerosi astronomi che lo visitavano.
Anche loro cercarono di migliorare le tabelle delle orbite planetarie
di Keplero e di compilare un catalogo stellare, ma un incendio
distrusse l’osservatorio e i loro dati astronomici. Elisabetha dopo la
morte del marito proseguì da sola l’avventura pubblicando i
risultati delle sue osservazioni. Solo due opere ci sono giunte con la
sua firma: il Firmamentum sobieskanum e Prodromus astronomiae il
più vasto catalogo astrale a tutt'oggi esistente ottenuto senza
l’ausilio del telescopio, che conteneva la posizione esatta di quasi
2000 stelle.
La duchessa Margaret Cavendish
(1623-1673) scrisse quindici opere scientifiche e nel suo salotto
fondò il Circolo Newcastle ovvero una società di
discussione scientifica della quale fece parte tra i filosofi di fama
Renè Descartes conosciuto come Cartesio, ma a quei tempi le fu
impedito di assistere alle sessioni dei lavori della Royal Society.
Fu questo un esempio di un fenomeno abbastanza diffuso all’epoca, in
cui circoli aristocratici gestiti da nobili donne furono importanti
centri di sviluppo e diffusione delle nuove teorie scientifiche.
Inoltre in essi si sviluppò l’idea delle Società
scientifiche e delle Accademie, che tuttavia rimasero a frequentazione
esclusivamente maschile.
Con la diffusione del telescopio i trattati di astronomia
erano affiancati da appendici con delle illustrazioni, una delle prime
fu Maria Clara Eimmart
(1676-1707) di Norimberga che imparò il mestiere dal padre,
pittore di successo, incisore ed astronomo dilettante. Divenne
disegnatrice minuziosa di tavole astronomiche, in particolare di
comete, macchie solari, eclissi e montagne lunari che furono frutto di
accurate osservazioni e che divennero ben presto strumenti di vitale
importanza per la comunità scientifica che non aveva ancora a
disposizione la fotografia.
Maria Winkelmann (1670-1720)
nacque a Panitsch, vicino Lipsia; da giovane si interessò di
astronomia e continuò anche quando si sposò con
l'astronomo Gottfried Kirch. Assieme fondarono l’osservatorio di
Berlino e per anni fece il turno con suo marito scrutando il cielo con
il telescopio, e dedicandosi all’elaborazione dei calcoli per le
effemeridi. Come spesso accadeva, tutte le cose che scoprì
furono incluse nei lavori del marito, per esempio, nel 1702
scoprì una cometa che venne pubblicata sotto il nome del
consorte e solo dopo alcuni anni le venne ufficialmente attribuita.
Pubblicò vari trattati che riguardavano la congiunzione
Venere-Saturno del 1712, uno studio sulla congiunzione
Sole-Venere-Saturno del 1714 e sull’osservazione dell’aurora boreale.
Alla morte del marito continuò le sue osservazioni, ma
inizialmente le venne negato il compito della compilazione del
calendario perché, anche se il lavoro era sempre stato
effettivamente svolto da lei, l’Accademia delle Scienze aveva
ufficialmente conferito l’incarico al marito. Per non creare un
precedente riguardo la presenza di donne presso un istituto pubblico,
l’Accademia respinse la sua richiesta di ammissione nonostante fosse
appoggiata dal fisico-filosofo Gottfried Leibniz, per la cronaca l’uomo
che venne incaricato si rilevò un incompetente. In seguito fu
ammessa come astronoma all’osservatorio del barone Krosigk dove
lavorò in qualità di maestro. Istruì sua figlia
Christine ed il figlio Christfried a farle da assistenti,
pubblicò effemeridi e continuò la sua opera di calcolo
dei calendari per conto della città di Breslavia, Norimberga,
Dresda oltre che dell’Ungheria fino alla sua morte. Ricevette anche la
proposta di diventare astronoma alla corte di Pietro il Grande, ma
declinò l’offerta perché il figlio era diventato
direttore dell’osservatorio di Berlino ed era richiesta implicitamente
la sua presenza come assistente ed aiutante invisibile alla presenza di
ospiti nell’osservatorio. Venne allontanata dall’osservatorio
perché si rifiutava di rimanere nell’ombra. Anche sua figlia Christine Kirch assistette a lungo
il
fratello nelle osservazioni e nei calcoli astronomici e per molti anni
le venne affidato il calcolo dei calendario per conto della Slesia.
Spostandoci in Francia la marchesa Gabrielle-Emilie du Châtelet (1706-1749) ricevette un’ottima istruzione e perseguì con tenacia l’obiettivo di realizzarsi come scienziata, le va il merito di aver determinato in Francia il passaggio dalla scienza cartesiana alla fisica di Newton tramite la sua attività divulgativa. Si disse che fu amante oltre che collaboratrice di Voltaire che trovò rifugio nel suo castello quando fu costretto all’esilio per motivi politici. Nel 1745 iniziò la traduzione ed il commento, con la consulenza scientifica del matematico Clairaut alla Philosophiae naturalis principia matematica di Newton pubblicato nel 1687, libro dove vengono esposte le leggi del moto e della gravità, lavorandoci senza risparmio di energie proprio quando all’età di 42 anni rimase incinta del suo ultimo amante. Il suo presentimento era quello di non poter portare a termine il lavoro, e per questo vi si dedicò giorno e notte per poterci riuscire prima del parto; morì pochi giorni dopo per febbre puerperale. Clairaut pubblicò il libro dieci anni dopo la sua morte e questa traduzione fu l’unica realizza in lingua francese e contribuì in modo decisivo alla diffusione della filosofia newtoniana in Francia, nonostante questo venne dimenticata ed il libro venne attribuito a Clairaut.
Un’altra connazionale, M.me
Nicole-Reine Étable de la Brière (1723-1788)
divenne moglie dell’orologiaio reale J.A. Lepaute e collaborò
con lui e successivamente con Clairaut e Lalande per la corretta
predizione, basata su lunghi e difficili calcoli astronomici, della
riapparizione della cometa di Halley del 1758, ovvero un’accurata
riconferma di quanto aveva previsto E. Halley all’inizio del secolo.
Utilizzando le leggi di Newton divenne una delle migliori calcolatrici
astronomiche, ma Clairaut (lo stesso che collaborò con la
marchesa du Châtelet), prima le attribuì i meriti
dell’impresa ed in un secondo tempo negò il contributo della
scienziata attribuendosi in esclusiva i calcoli; in realtà
alcuni attribuiscono questo comportamento ad un’imposizione della
moglie
dello scienziato che era gelosa della giovane collaboratrice. In
seguito Nicole calcolò la durata e le dimensioni di un eclisse
solare anulare che si sarebbe verificata nel 1764 in Europa,
pubblicandone una mappa dello svolgimento ad intervalli di un quarto
d’ora, l’unica pubblicazione che apparve con il suo nome dal titolo:
Explication de la carte qui représente le passage de l’ombre de
la lune au travers de l’Europe dans l’eclipse du soleil centrale et
annulaire di 1 Avril 1764 prensenté au Roi, le 12 août
1762, par M.me Lepaute. L’Accademia delle Scienze di Parigi le
affidò in collaborazione con J.J.Lalande il compito di redigere
l’annuale pubblicazione Connaissance des Temps il calendario annuale
per gli astronomi e navigatori. Nel 1774 si occupò di effemeridi
calcolando la posizione dei pianeti, del Sole e della Luna in ogni
giorno dell’anno fino al 1792; queste vennero raccolte nel VII ed VIII
volume di Effemeridi dell’Accademia.
Marie-Jeanne Amélie Harlay
(1768-1832) fu una nipote acquisita del già citato Lalande, che
fu direttore dell’Osservatorio Astronomico di Parigi fino al 1768.
Anche lei si dedicò all’astronomia, insegnandola a Parigi;
alcuni suoi lavori apparvero nell’Abrégé de Navigation di
Lalande. Le sue tavole per determinare l’ora in mare sulla base della
posizione del Sole e delle stelle vennero pubblicate nel 1791, mentre
nel 1799 pubblicò un catalogo di 10.000 stelle.
Una delle astronome più conosciute è
sicuramente Carolina Lucrezia Herschel
la cui vita pubblica e privata è abbastanza ben documentata
grazie anche ai suoi diari che era solita tenere. La vita di Caroline
Lucretia Herschel potrebbe essere paragonata a quella di Cenerentola,
il suo destino era stato segnato, non poteva diventare altro che una
sguattera a servizio della propria famiglia, ma non per volere della
matrigna come racconta la favola, ma bensì della stessa madre
che trovava inutile che venisse istruita come avrebbe voluto il padre.
Carolina non era stata avvantaggiata dalla natura in fatto estetico,
non era avvenente, ebbe a soffrire di una malattia che ne
ritardò lo sviluppo corporeo segnandola per resto della vita con
una bassa statura. Aggiungendo che era priva di dote questo significava
un futuro da zitella, ma il suo principe azzurro virtuale arrivò
quando si trasferì dal fratello William in Inghilterra per
seguire la sua carriera da musicista. In questo modo venne liberata da
una vita completamente votata alle incombenze domestiche e si
dedicò anche lei alla musica diventando una promettente soprano.
La passione di William verso l’astronomia però prese il
sopravvento sulla musica tanto che si poté dedicare
completamente a questa disciplina, grazie allo stipendio elargito dal
sovrano. In seguito trascinò anche la sorella in questa
nuova avventura e anche la sua attività venne ufficialmente
riconosciuta tramite l’assegnazione di uno stipendio. La scoperta
di ben otto comete da parte di Carolina stabiliva un record femminile
che fu soltato superato nel 1980 da un’altra astronoma: Carolyn
Shoemaker, ma non si occupò solo di comete, scoprì anche
altri oggetti come ella stessa ci illustra: “…Conoscevo troppo poco del cielo reale
per essere in grado di puntare ciascun oggetto in maniera tale da
ritrovarlo nuovamente senza perdere troppo tempo a consultare l’atlante
celeste. Tuttavia, tutti questi problemi vennero risolti quando seppi
che mio fratello era non molto distante e stava osservando, con i suoi
strumenti, stelle doppie pianeti ecc., e che avrei potuto disporre
immediatamente del suo aiuto quando avessi trovato una nebulosa o un
ammasso di stelle che volevo catalogare; ma alla fine del 1783 ne avevo
scoperte solo quattordici quando le mie ricerche vennero interrotte
perché avevo avuto l’incarico di trascrivere le osservazioni che
mio fratello aveva fatto con il venti piedi…”.
Modesta di carattere e di natura ricevette numerose onorificenze, fra
le quali spicca, assieme ad un’altra astronoma Mary Sommerville, quella
di membro onorario della Royal Society nel 1835 e furono le prime donne
a ricevere questo titolo. Tra le lettere che intercorrevano fra le due
scienziate Caroline ricorda tutta la stima, l’affetto e la dedizione
che dimostrò al fratello William, forse riconoscendo in lui
l’unica persona che le avesse dato fiducia a sviluppare le sue
qualità aiutandola a valorizzarle, e questo passo è molto
significativo: “..L’ho aiutato a
lucidare gli specchi e le lenti per il nostro nuovo telescopio.
È il più grande mai esistito. Riesci ad immaginare
l’emozione di puntarlo verso un nuovo angolo del cielo per vedere
qualcosa mai vista prima dalla Terra? Effettivamente sono contenta che
William sia occupato con la Royal Society e il suo gruppo, così
appena finisco il mio lavoro, posso trascorrere tutta la
notte a scrutare il cielo. Qualche volta, quando sono sola
nell’oscurità e l’universo rivela ancora un altro
segreto, dico i nomi delle mie lontane, perdute sorelle, dimenticate
nei libri che registrano la nostra scienza - Aganice, Ipazia,
Ildegarda di Bingen, Catherina Hevelius, Maria Agnesi -
come se le stelle stesse potessero ricordarle. Sapevi che Ildegarda di
Bingen propose un universo eliocentrico trecento anni prima che lo
facesse Copernico? Che scrisse della gravitazione universale
cinquecento anni prima di Newton? Ma chi l’avrebbe ascoltata? Era solo
una monaca, una donna. Quale sarebbe la nostra era, se quella era
oscura? Così il mio nome, anch’ esso sarà dimenticato, ma
io non sono accusata di essere una strega, come Aganice, e i cristiani
non minacciano di condurmi alla chiesa, di uccidermi, come fecero ad
Ipazia di Alessandria, l’eloquente, giovane donna che ideò gli
strumenti atti a misurare accuratamente la posizione e il movimento dei
corpi celesti”.
Molto si potrebbe ancora dire su Mary
Sommerville, (magari in occasione del prossimo convegno),
preferisco terminare questa visione di un mondo ai più
sconosciuto (fino a poco tempo fa anche a me stessa) con un’astronoma
italiana Caterina Scalpellini
nata a Foligno nel 1808 che studiò sotto la guida dello zio
Feliciano Scalpellini, direttore della Specola del Campidoglio, dove
rimase per tutta la vita. Si dedicò a numerose osservazioni di
eclissi di Sole e di Luna, di Comete, di stelle cadenti, di maree, di
terremoti, di meteorologia e di ozonometria. Istituì presso
l’osservatorio del Campidoglio una stazione meteorologica ed
ozonometria, e fondò a Roma una rivista dal titolo:
Corrispondenza Scientifica in Roma per l’avanzamento delle Scienze.
Tale bollettino universale aveva come appendice il Bullettino Nautico e
Geografico di Roma di cui furono pubblicati solo due volumi, quelli del
1861 e del 1863. Nel 1854 scoprì una cometa e nel 1872 venne
coniata una medaglia d’oro per onorare i suoi contributi nel campo
statistico.
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