Cause fisiche per i Fenomeni Lunari Transienti

Presentato da Albino Carbognani, Parma - Italy

UAI - Sezione Luna



Abstract

Most of the TLP observed are still an open problem for the lunar observers. After a brief statistical introduction to the TLP, an overview of the possible physical causes are given and is developed a simple matematical model for a specular TLP. The final result of the model is a table with the Moon areas potentially favourable to specular TLP versus the age of the Moon. An approach for the search of specular TLP based on the observation on polarized light is also proposed.

Introduzione

I Fenomeni Lunari Transienti (o Transient Lunar Phenomena, TLP), sono temporanee variazioni d’aspetto di zone limitate della superficie lunare. Per lo più i TLP si presentano sotto forma d’aumenti di luminosità (di vario colore), oscuramenti, luci puntiformi, nubi o nebbie (con sparizione di dettagli morfologici). Passato un certo intervallo di tempo tutto ritorna normale.

Il numero di luoghi, nell’emisfero lunare visibile da Terra, che ha presentato almeno un TLP è 195, ma il 60% degli eventi si concentra in soli 6 siti. Secondo il catalogo di Cameron (1978), contenente più di 1500 segnalazioni (dal 557 aC al 28 maggio 1978), circa il 33% delle segnalazioni dei TLP provengono dal cratere Aristarchus, 8% da Plato, 5% da Proclus e 3% da Alphonsus. Studi statistici mostrano che i TLP non sono più frequenti durante il passaggio della Luna al perigeo della propria orbita, e non c’è nessuna correlazione con le zone della superficie lunare sedi d’attività sismica, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare. I TLP, invece, sono strettamente correlati al momento in cui sorge il Sole, cioè alle ore attorno al passaggio del terminatore mattutino. La distribuzione dei siti sede di TLP non è casuale. In genere i TLP sono più frequenti ai bordi dei maria lunari e in zone ricche di colline, seguono i crateri dotati di raggiera e i circhi dal fondo piatto e scuro (come Plato). Segnalazioni di TLP vengono anche dall'emisfero lunare in ombra: in alcuni casi si tratta di flash luminosi, della durata di pochi secondi, imputabili alla caduta di piccoli meteoroidi, com’è avvenuto durante il passaggio delle Leonidi nel 1999 e 2001. In altri casi i flash luminosi hanno una durata di parecchi minuti e la causa non può essere la caduta di un meteoroide.

Negli ultimi anni un importante evento TLP è stato quello riguardante il cratere Torricelli B. Si tratta di un piccolo cratere d’impatto, senza picco centrale, del diametro di 7-8 km, situato nel Sinus Asperitatis, un grado a nord-est di Torricelli (latitudine 4.6° S, longitudine 28.5° E). Torricelli B è un cratere tutt’altro che appariscente, ma nella notte del 29 gennaio 1983 (un giorno dopo il plenilunio), ha attratto l’attenzione degli osservatori della British Astronomical Association (BAA): si presentava luminosissimo, con un albedo superiore a quello d’Aristarco e circondato da un alone luminoso di colore blu-viola. Dall’analisi delle osservazioni risulta che, l’alone colorato, non può essere imputato ad effetti spuri, causati dagli strumenti o dalla rifrazione atmosferica. Il massimo di luminosità si è verificato fra le 20:55 e le 22:40 UT. Altre segnalazioni di TLP su Torricelli B, anche se d’intensità minore, si sono avute nel febbraio, marzo, aprile del 1983 e nel maggio del 1985.

Ancora più recente l’osservazione di un TLP sul fondo del cratere Langrenus (62° E, 9° S), fatta da A. Dollfus il 30 dicembre 1992 con il 100 cm dell’osservatorio di Meudon (Francia). Il TLP si è presentato come un aumento anomalo di luminosità di una parte del fondo del cratere. Dall’analisi delle immagini riprese in luce polarizzata, Dollfus ha concluso che l’aumento di luminosità è quasi certamente dovuto alla diffusione della radiazione solare da una nube di polveri emessa dal cratere. L’osservazione strumentale di un TLP è un evento abbastanza raro, e questo rende importante il risultato di Dollfus per quanto concerne l’oggettività del fenomeno.

Gli scettici sull’esistenza fisica dei TLP non mancano. Un programma di ricerca dedicato ai TLP, come quello svolto al Corralitos Observatory dal 1966 al 1972, non ha dato risultati positivi nonostante 8000 ore d’osservazione (visuale e fotografica in più colori), con un telescopio Cassegrain da 62 cm di diametro. Un’altra grande delusione in tal senso, si è avuta il 23 aprile 1994, quando un gruppo d’osservatori dell’ALPO segnalò un arrossamento nella Schroter Vallis, vicino ad Aristarchus, che non fu confermato dalle immagini prese contemporaneamente dalla sonda Clementine.

La maggior parte delle segnalazioni raccolte nei cataloghi resta di tipo visuale. Sicuramente, una parte può essere riconducibile ad errori da parte dell’osservatore, però abbiamo visto che esistono zone della superficie lunare in cui i TLP sono ricorrenti e questo indica che deve esistere una o più cause fisiche responsabili del fenomeno. 

Cratere/Mare

Latitudine

Longitudine

Numero di TLP

 

 

 

 

Aristarchus

24° N

48° W

448

Plato

51° N

09° W

114

Proclus

16° N

47° E

72

Alphonsus

13° S

03° W

46

Agrippa

04° N

11° E

34

Herodotus

23° N

50° W

34

Gassendi

18° S

40° W

33

Mare Crisium

18° N

58° E

27

Schroter Vallis

26° N

52° W

25

Copernicus

10° N

20° W

22

Tabella1 - Elenco dei siti, presenti nel catalogo di Cameron (Lunar Transient Phenomena Catalog, 1978), con il maggior numero di TLP. E’ evidente che, per massimizzare la probabilità di osservare un TLP, Aristarchus, Plato e Proclus sono scelte obbligate per l’osservatore.

Fig.1 - Il cratere Copernicus, del diametro di 93 km, ripreso il 12 aprile 2003 alle 19:55 UT, con una webcam CCD abbinata ad un rifrattore semiapocromatico da 150 mm d’apertura (F/8). L’1.5% dei TLP osservati provengono da questo cratere.

Fig.2 - Il cratere Plato (in basso a sinistra), diametro di 101 km, ripreso il 16 agosto 2003 alle 19:00 UT con una webcam CCD e un rifrattore acromatico da 150 mm d’apertura (F/8). L’8% dei TLP osservati proviene da questa zona.

Fig.3 - Immagine della Luna in cui sono segnalate le 27 zone con il maggior numero di TLP. Risulta abbastanza evidente la correlazione fra i siti attivi e i maria lunari (cortesia ALPO).

Fig.4 - Il luminoso cratere Aristarchus, del diametro di 40 km, ripreso il 22 giugno 2002 alle 22:40 UT con una webcam CCD posta al fuoco diretto di un Newton da 200 mm di apertura (F/6). Il 33% dei TLP osservati proviene da questa regione.

Comportamento fotometrico standard della superficie lunare

Prima di proseguire con la trattazione dei TLP vediamo brevemente come varia, normalmente, la luminosità della superficie lunare al variare dell'angolo di fase (angolo fra i segmenti Luna-Sole e Luna-Terra). Tutti i corpi privi d’atmosfera del Sistema Solare mostrano quello che è chiamato effetto d'opposizione: una rapida salita non lineare della luminosità (superficiale o integrata su tutto il disco), per angoli di fase minori di 7° e una caduta più lineare per angoli di fase maggiori. Entrambe queste caratteristiche sono assenti per i corpi dotati di una densa atmosfera come i pianeti giganti (Giove, Saturno, Urano e Nettuno). La Luna non sfugge a questa regola: la luminosità, sia di tutto il disco sia di porzioni limitate della superficie come i crateri Copernicus, Tycho, Plato ecc, raggiunge il valore massimo durante il plenilunio (angolo di fase pari a 0°, il Sole si trova alle spalle dell’osservatore terrestre). Ad esempio, l'intensità della radiazione riflessa con un angolo di fase di 0.5° è del 25% superiore a quella con un angolo di 5°. Questo comportamento è indipendente dal tipo di terreno che si considera, vale tanto per i mari che per le terrae, ed è pure indipendente dalla particolare longitudine selenografica che si può considerare: dipende solo dall'angolo di fase.

La prima spiegazione quantitativa dell'effetto d'opposizione si deve a H. Seeliger, in uno studio sulla variazione della luminosità superficiale degli anelli di Saturno (1887). Seeliger assunse che le particelle degli anelli fossero abbastanza grandi da proiettare un'ombra: quando il pianeta è all’opposizione ogni particella copre la propria ombra e si ha il massimo della luminosità. Questo comportamento è noto come effetto ombra. Fu B. Hapke, nel 1963, a suggerire per primo che l'effetto ombra fosse il responsabile dell'effetto d'opposizione della Luna.

Nella sua formulazione più semplice, il modello ottico di Hapke della superficie lunare, prevede uno strato di particelle (regolite), di dimensioni molto maggiori della lunghezza d'onda della radiazione ottica incidente e disposte in modo tale da formare una struttura porosa e poco compatta in cui la radiazione solare può entrare liberamente. Su distanze molto maggiori del diametro delle particelle la superficie può essere considerata piatta. Quando un osservatore guarda parallelamente alla direzione della radiazione incidente (ad angolo di fase zero), vede una superficie completamente illuminata ma, quando guarda la stessa superficie ad un diverso angolo di fase, vede una superficie solo parzialmente illuminata perché il resto è in ombra.

Questo modello, con la superficie liscia a grande scala, non riproduce bene il comportamento fotometrico del lembo lunare e Hapke stesso, nel 1966, lo migliorò introducendo una ruvidità su scala maggiore, dell'ordine di alcuni centimetri. Le strutture a questa scala sono delle depressioni del suolo, identificabili con i piccoli crateri scavati dai meteoroidi e dai crateri secondari degli impatti con corpi maggiori. Il modello di Hapke non è l'unico. Fra i tanti ricordiamo il modello di K. Lume ed E. Bowell, introdotto nel 1981 e in grado di riprodurre il comportamento fotometrico (integrale o meno) di tutti i corpi privi di atmosfera del Sistema Solare (dagli asteroidi ai satelliti galileiani). La maggior parte dei TLP può essere considerata come una deviazione temporanea dalla legge di Hapke.

Fig.5 - Magnitudine del disco lunare in funzione dell’angolo di fase. Quando l’angolo è 90° la Luna è al primo o all’ultimo quarto. Con l’angolo di fase a 0° si ha il plenilunio.

Fig.6 - Curva di luminosità integrale del disco lunare. Viene riportata la luminosità in funzione dell'angolo di fase. Notare l'effetto d'opposizione.

Alcuni meccanismi fisici per i TLP

Per interpretare i TLP una parte dei meccanismi fisici proposti si rifà a modificazioni temporanee d'albedo (cioè di riflettività), e di trasparenza, di porzioni limitate della superficie lunare.

Un primo meccanismo fu proposto da G. Garlick, G. Steigmann e W. Lamb nel 1972 e consisteva nel rilascio di gas dalla superficie lunare in quantità tale da distruggere la struttura porosa dello strato superficiale di regolite lunare (fluidificazione del suolo), togliere l'effetto ombra e aumentare, di conseguenza, l'albedo. Esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che è possibile raddoppiare il valore della riflettività e il rilascio di gas dalla superficie lunare è un evento tutt’altro che improbabile. Non è necessario supporre l’esistenza di vulcani lunari attivi ma, più semplicemente, considerare l’emissione di prodotti gassosi di decadimento (come elio, argon e radon), di elementi radioattivi. Purtroppo però, con il meccanismo proposto, le variazioni di albedo sono permanenti e non temporanee e questo contraddice una delle caratteristiche tipiche dei TLP.

Nel 1979 A. Mills propose una teoria in cui l'emissione di gas era molto più bassa (tale da impedire la fluidificazione del suolo e la distruzione della struttura porosa), ma sufficiente per alzare al di sopra della superficie lunare una certa quantità di polvere in grado di diffondere la radiazione solare e aumentare temporaneamente la luminosità superficiale. Va notato che una certa quantità di polvere può essere già presente nel gas, prima che se ne aggiunga dell'altra al momento di uscire nello spazio esterno. Se questa ipotesi si rivelasse corretta, i luoghi in cui occorrono più di frequente certi TLP potrebbero indicare i siti in cui si trovano alte concentrazioni di elementi radioattivi. Tuttavia, è interessante osservare che, per l’emissione di polvere dalla superficie lunare, non è necessario invocare un flusso di gas proveniente dall’interno.

Fra il 1966 e il 1968, le sonde 1, 5, 6 e 7 della serie Surveyor (destinate a compiere un atterraggio morbido sulla Luna), rivelarono luce solare diffusa nel cielo lunare poco prima del sorgere del Sole e subito dopo il tramonto. Questo fenomeno, non connesso con la presenza della corona solare, fu chiamato lunar horizon glow (LHG). Un fenomeno analogo fu rivelato dal fotometro a bordo del Lunokhod II, il lander di superficie sovietico atterrato nel 1973 vicino al cratere Le Monnier. In questo caso lo scattering della radiazione solare era dovuto a particelle presenti sulla verticale, alla quota di 1 km. Nel 1972, l’esperimento LEAM (Lunar Ejecta and Meteorites), condotto dagli astronauti dell’Apollo 17 (sceso nella regione di Taurus-Littrow), mise in evidenza un notevole aumento del numero di granelli di polvere in sospensione sulla superficie lunare, durante il passaggio del terminatore (la linea che separa la zona illuminata da quella in ombra), mattutino e serale. Dalle misure dell’Apollo 17, il numero di particelle di polvere in sospensione è massimo per il terminatore mattutino e inizia a salire 40 ore prima del sorgere del Sole e scende 30 ore dopo l’alba. Questa correlazione temporale con il passaggio del terminatore esclude che i granelli di polvere siano generati da impatti di meteoroidi. La presenza di LHG fu osservata dagli stessi astronauti dell’Apollo 17 posti in orbita lunare (a 110 km di quota), nel passaggio sul terminatore mattutino.

Secondo gli studi di Gold (1955), di Creiswell (1972), e di altri, l’LHG e la presenza di polvere superficiale sono due aspetti dello stesso fenomeno. La Luna è priva di atmosfera quindi, il meccanismo per la creazione di nubi di polvere deve essere diverso da quello che opera sulla Terra, basato sull’azione meccanica delle molecole dell’aria sul suolo. Sulla Luna, la polvere della superficie è incessantemente bombardata dalla radiazione UV e X del Sole che, estraendo elettroni, ionizza le molecole dei granelli depositati al suolo. Il processo di ionizzazione continua fino a quando la carica estratta è talmente elevata che la nube di elettroni è richiamata verso il suolo a carica positiva, annullando così la separazione delle cariche. Questa riunificazione cessa di avere luogo in prossimità del terminatore. Gli elettroni estratti si comportano come molecole di un gas e, diffondendo liberamente anche nella zona in ombra, si depositano al suolo caricandolo negativamente. La polvere lunare è a bassa conducibilità elettrica e le cariche restano separate: nella striscia lungo il terminatore si crea una zona positiva nella regione illuminata e negativa in quella oscura. Le linee di forza del campo elettrico locale andranno dalla zona illuminata a quella in ombra. I granelli esposti al Sole, possono continuare a caricarsi positivamente e, se le forze di coesione non sono abbastanza intense, quelli di dimensioni minori si allontanano l’uno dall’altro per repulsione elettrostatica. Le velocità possono essere di alcune decine di metri al secondo. La quota massima raggiunta dipende dalla massa del granello: in generale minore la massa maggiore, a parità di carica, l’altezza dal suolo. Il moto dei granelli tenderà a seguire le linee di forza del campo elettrico e si porteranno dalla parte illuminata a quella in ombra, dando luogo ad una ridistribuzione locale della polvere. Il comportamento degli elettroni può essere condizionato dalla presenza di un eventuale campo magnetico locale. Se la nube di polvere è sufficientemente densa, può diffondere in modo efficace la radiazione solare e rendersi visibile da Terra, dando luogo ad un TLP. Con questa teoria si spiega facilmente come mai i TLP sono per lo più strettamente correlati con il passaggio del terminatore. 

La dimensione media stimata per i granelli di polvere è di 5 milionesimi di metro, mentre l’altezza di scala delle nubi di polvere è di circa 10-30 cm. Chiaramente, la diffusione della radiazione solare da parte della polvere può provocare il lunar horizon glow osservato dai Surveyor e dall’equipaggio di Apollo 17. Anche la sonda Clementine osservò uno sky-glow lunare nel 1994, ma più debole dei precedenti.

Per un osservatore posto sulla Terra, l'aspetto della nube di polvere emessa dal suolo dipende dalle dimensioni e dal numero di particelle da cui è composta. Se la dimensione dei granelli è molto minore della lunghezza d'onda della radiazione ottica (circa 0.55 milionesimi di metro), allora la diffusione della radiazione avviene secondo lo scattering Rayleigh, ed è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d'onda (la nube di polvere può apparire di colore bluastro o anche rosso una volta che tutta la radiazione blu è stata diffusa). Se le dimensioni delle particelle sono molto maggiori si ha un processo di semplice riflessione della radiazione, uguale a tutte le lunghezze d'onda, e il colore della nube tenderà al bianco.

In quest'ultimo caso, se le particelle sono sferiche e diffondono la radiazione in tutte le direzioni (diffusione lambertiana), la luminosità della nube di polvere è proporzionale a sin(y) +(p-y)cos(y) dove y è l'angolo di fase della Luna in radianti, mentre se la riflessione è speculare (l'angolo della radiazione incidente con la normale alla superficie della particella è identico a quella della radiazione riflessa), allora la brillanza superficiale non dipende dall'angolo di fase. Chiaramente il comportamento è funzione dalla natura della particella, i comuni grani di polvere possono essere associati al caso lambertiano mentre le particelle vetrose o metalliche possono appartenere al caso speculare.

Tuttavia, aspettarsi che le particelle di polvere siano tutte sferiche non è molto realistico. Supponiamo che esistano due specie di particelle, una sferica e l'altra piatta (cioè con lo spessore trascurabile rispetto al raggio). In questo caso, durante il sollevamento della polvere a causa dei getti di gas, le particelle piatte, che presentano la stessa sezione d'urto alle molecole del gas di quelle sferiche, saranno soggette ad una maggiore accelerazione (perché la massa è minore), e si porteranno ad una quota maggiore di quelle sferiche. La stessa separazione può avvenire con l’irraggiamento degli UV/X solari, perché le particelle piatte, a parità di carica, saliranno a quote maggiori, sempre per via della massa minore.

Secondo questo ragionamento la nube di particelle si presenta grossolanamente differenziata: in basso le sfere e in alto i dischi. Se la riflessione è lambertiana si ha la solita dipendenza dall'angolo di fase ma se la riflessione è speculare (dipende sempre dalla natura delle particelle emesse), allora la presenza delle superfici piatte fa sì che il TLP sia più intenso, e quindi meglio visibile, solo se si trova ad una data longitudine selenografica, dipendente strettamente dall'angolo di fase. In poche parole è lecito aspettarsi, per alcuni tipi di TLP associati alle nubi di polvere, una componente speculare della radiazione riflessa. Questo può facilitare la ricerca di questo tipo di TLP perché si può calcolare in anticipo quali sono, sulla superficie lunare, le zone più favorevoli per la riflessione speculare. Vediamo più in dettaglio la teoria dei TLP d'albedo speculari per il caso in due dimensioni.

Fig.7 - Una nube di polvere in sospensione nel cielo lunare ripresa dalla sonda Surveyor 7, atterrata 29 km a nord del cratere Tycho (gennaio 1968). La foto è stata fatta 15 minuti dopo il tramonto del Sole, la striscia più luminosa è l’orizzonte ovest ancora illuminato, mentre la nube, molto più debole, è visibile al di sopra, parallelamente ad esso.

Fig.8 - Il flusso delle particelle di polvere registrato dall’esperimento LEAM dell’Apollo 17. Come si vede i conteggi raggiungono il massimo durante il passaggio del terminatore mattutino e serale (con una prevalenza del primo). I valori sono la media di 22 lunazioni, mentre le varie curve si riferiscono a sensori con orientazioni diverse.

Un modello geometrico per i TLP speculari

Vediamo un semplice modello in grado di dire se un dato TLP si è verificato, o no, in una zona potenzialmente favorevole per la riflessione speculare della radiazione solare. Indipendentemente dall’espulsione di gas dal sottosuolo o dalla levitazione elettrica della polvere, è possibile che sulla superficie della Luna esistano delle deviazioni locali dalla legge di Hapke, specie se le dimensioni locali dei granelli di regolite hanno dimensioni molto superiori a quella della lunghezza d’onda della radiazione ottica, quindi che possano avere luogo TLP puramente speculari. Va sottolineato, anche se è chiaro, che il semplice modello che descriverò non ha la pretesa di interpretare tutti i diversi TLP che possono essere osservati sulla superficie lunare. Ad esempio, i TLP visibili nell'emisfero lunare in ombra non possono essere interpretati con questa teoria. In ogni caso, quando si osserva un TLP, sarebbe bene verificare se il fenomeno non abbia avuto luogo in una zona con condizioni di riflessione speculare favorevoli.

Fig.9 - Geometria per un TLP a riflessione speculare successivo alla fase di plenilunio.

Per semplificare, supponiamo che le dimensioni della Terra e della Luna siano trascurabili rispetto alla loro distanza, l'orbita lunare sia circolare, il piano dell'orbita lunare coincida con quello dell'eclittica (piano dell'orbita terrestre), e che l'asse di rotazione lunare sia ortogonale al proprio piano orbitale. Le approssimazioni fatte non sono molto pesanti: il rapporto fra diametro terrestre e distanza Terra-Luna vale 0.033, l'eccentricità dell'orbita lunare vale 0.055, l'inclinazione dell'orbita sul piano dell'eclittica è di 5° 9' e, infine, l'inclinazione dell'asse di rotazione lunare rispetto all'ortogonale alla propria orbita è di soli 6° 41'.

In figura abbiamo rappresentato una generica configurazione Sole-Terra-Luna vista dal polo nord dell'eclittica e valida per le fasi successive al plenilunio. Il centro geometrico della Luna è l'origine del sistema di coordinate, il piano (x, y) coincide con quello dell'orbita lunare mentre l'asse x individua la direzione d'arrivo della radiazione solare. L'angolo y è l'angolo di fase Sole-Luna-Terra, c è il punto lunare subterrestre, sub è il punto lunare subsolare, tlp è il punto, individuato dall'angolo a, per cui vogliamo ricavare la condizione di riflessione speculare. Possiamo definire i seguenti vettori. La normale alla superficie lunare nel punto tlp , il vettore che individua l'osservatore terrestre , infine quello della radiazione riflessa dal punto tlp:

La condizione di riflessione della radiazione verso l'osservatore terrestre è che sia parallelo a , cioè che il loro prodotto vettoriale sia nullo:

             (1)

Sostituendo i vettori precedenti in questa formula e facendo i calcoli si trova che:

                   (2)

Questa è la condizione che deve essere rispettata perché sia possibile un TLP di tipo speculare. L'angolo a è la distanza zenitale del Sole visto dal punto tlp e può essere ottenuto dalla differenza fra la longitudine (contate positive verso l'est lunare), del punto tlp e quella del punto sub. La (2) diventa:

          (3)

La (3) vale per fasi successive al plenilunio e punti della superficie lunare non troppo distanti dalle regioni equatoriali. Per regioni al di fuori di questo intervallo di latitudini la possibilità di un TLP speculare scende rapidamente a zero perché la Terra non si trova nella direzione giusta per raccogliere la radiazione riflessa. Per fasi precedenti il plenilunio, l'angolo a (che cambia di segno), si ottiene dalla differenza fra la longitudine del punto sub e quella del punto tlp:

           (4)

La (3) e (4) possono essere scritte in un'unica formula, così:

          (5)

Dalle (3) e (4) risulta che il punto tlp è sempre compreso fra i punti c e sub. Fra novilunio e plenilunio i TLP speculari saranno più frequenti nell'emisfero lunare est, viceversa fra plenilunio e novilunio saranno più frequenti nell'emisfero ovest.

Nella Tabella 2 sono riportati, in funzione della fase e dell'età della Luna, i luoghi della superficie lunare privilegiati per l'osservazione di TLP speculari. Naturalmente, ammesso che una porzione di superficie lunare si trovi in condizioni di avere un TLP speculare, non è detto che il TLP si presenti realmente. Tutto dipende strettamente dalle condizioni morfologiche locali, dalla composizione e inclinazione di porzioni di superficie lunare, dalla presenza di polvere in sospensione, variabili di cui è difficile tenere conto. Per questo motivo la teoria dei TLP speculari è utile ma non ha potere previsionale. La tabella costituisce uno strumento di consultazione rapida, senza necessità di calcoli. Basta scegliere l'età della Luna più vicina al momento delle osservazioni per avere subito un'indicazione sulla posizione delle regioni favorevoli ad un TLP speculare.

Angolo di fase

Età        

Fase

lsub

ltlp

Luogo

135°

03d   16h  

0.15

135° E

67.5° E

Mare Fecunditatis nord-orientale

90°

07d   09h  

0.50

90° E

45° E

Mare Fecunditatis nord-occidentale

45°

11d   01h  

0.85

45° E

22.5° E

Mare Tranquillitatis sud

14d   18h  

1.00

Sinus medii

45°

18d   10h  

0.85

315° E

337.5° E

Mare Insularum

90°

22d   03h  

0.50

270° E

315° E

Oceanus Procellarum centrale

135°

25d   19h  

0.15

225° E

292.5° E

Oceanus Procellarum occidentale

Tabella2 - Luoghi potenzialmente favorevoli ai TLP speculari in funzione della fase e dell'età della Luna.

Fortunatamente, per l’identificazione di un TLP speculare (da polvere in sospensione o no), abbiamo a disposizione anche un'altro strumento di indagine: lo studio della polarizzazione della radiazione riflessa dalla Luna.

La radiazione polarizzata e i TLP speculari

Un'onda elettromagnetica è un fenomeno ondulatorio di tipo trasversale: i vettori dei campi elettrici e magnetici da cui è formata sono ortogonali fra di loro e oscillano perpendicolarmente alla direzione di propagazione della radiazione. La radiazione emessa da una comune lampada ad incandescenza è una sovrapposizione di innumerevoli treni d'onda e, in un dato punto dello spazio, l'onda elettromagnetica risultante ha il campo elettrico che oscilla in tutte le possibili direzioni. Al contrario, quando il vettore del campo elettrico di un'onda elettromagnetica oscilla lungo una direzione ben definita si dice che la radiazione è polarizzata. Se il vettore elettrico oscilla lungo una retta la polarizzazione si dice lineare, se descrive una circonferenza  si dice circolare, infine, se si muove lungo una ellisse si parla di polarizzazione ellittica. La radiazione emessa dal Sole non ha una polarizzazione ben definita, tuttavia se la radiazione viene riflessa da un corpo acquista un certo grado di polarizzazione. La radiazione riflessa risulta completamente polarizzata (linearmente) solo se l'angolo di incidenza è pari al cosiddetto “angolo di Brewster” o di polarizzazione.

Quanto detto sopra vale, naturalmente, anche per i corpi del Sistema Solare. Il grado di polarizzazione della radiazione dipende sia dal materiale che riflette, sia dalla geometria: la polarizzazione è funzione dell'angolo di fase y. Detto p il piano individuato dai tre corpi Sole-pianeta-Terra (piano di vista), il grado di polarizzazione P è un numero puro definito così:

        (6)

Nella (6) Fortogonale è la densità di flusso di radiazione con polarizzazione ortogonale a p (quindi parallela al terminatore), mentre F|| è l'analoga quantità con polarizzazione parallela a p (cioè ortogonale al terminatore). Notare che il grado di polarizzazione può essere positivo o negativo, quindi P sarà compreso fra 1 e -1 (estremi inclusi). Per lo studio del grado di polarizzazione della radiazione si può usare un filtro polarizzatore: un dispositivo che trasmette solo le componenti dei campi elettrici che sono parallele ad una data direzione (asse di polarizzazione del filtro), e assorbe tutte le altre. Dopo il passaggio attraverso un filtro polarizzatore la radiazione risulta polarizzata linearmente. Se si usano due filtri polarizzatori, con gli assi di polarizzazione ortogonali fra di loro, tutta la radiazione viene assorbita: è in questo modo che si costruiscono i filtri ad assorbimento variabile.

In generale, se si considera la radiazione totale riflessa da un corpo celeste senza atmosfera, il valore di P è positivo per y > 20°, mentre vicino all'opposizione (angolo di fase y prossimo a zero), P è piccolo in modulo e negativo. Nel caso della Luna, il grado di polarizzazione complessivo, è P > 0 per y > 23.5°. Il massimo valore di P si ha per y prossimo a 90°, cui corrisponde una fase di 0.5. Durante il primo quarto Pmax=0.066, mentre per l'ultimo quarto Pmax=0.088: questa differenza è dovuta alla diversa proporzione di “mari” e “terre” visibili durante i quarti.

Vista la grande estensione angolare della Luna è possibile analizzare il grado di polarizzazione anche di porzioni limitate della superficie lunare. Il grado di polarizzazione locale non dipende dall'angolo di diffusione ma continua a dipendere dal solo angolo di fase. La dipendenza dall'angolo di incidenza della radiazione solare è più marcata in prossimità del terminatore, dove questo angolo è grande. Il valore di P locale potrà essere anche superiore a quello della polarizzazione complessiva: il massimo è compreso fra 0.140 e 0.170 per i “mari” e fra 0.048 e 0.075 per le “terre”. Per un angolo di fase superiore a 30° la polarizzazione è tanto più intensa quanto più è basso l'albedo locale.

L'osservazione lunare con radiazione polarizzata può tornare molto utile nel caso di sospetti TLP speculari. Se l'intensità luminosa del TLP varia seguendo l’asse di polarizzazione del filtro, significa che si tratta di radiazione riflessa e che il TLP è sicuramente speculare: se l'origine fosse di tipo termico, la radiazione emessa non potrebbe essere polarizzata (come avviene per quella solare).

Conclusioni

In questo articolo abbiamo passato rapidamente in rassegna le principali caratteristiche dei TLP, le loro possibili cause fisiche e costruito un semplice modello geometrico in grado di dire se un dato TLP si è verificato in condizioni di riflessione speculare. Inoltre è stata richiamata l'attenzione sull'utilità di osservare la Luna utilizzando un filtro polarizzatore.

Lo studio dei TLP è portato avanti, di solito con mezzi modesti, da un piccolo numero di astronomi non-professionisti. Una linea di ricerca che ha preso piede negli ultimi tempi è osservare una determinata zona della superficie lunare, in cui si è già osservato un TLP, quando si ripresenta sotto le stesse condizioni di illuminazione (stessa posizione relativa Sole-Terra-Luna). Nel caso l’osservazione del TLP dovesse ripetersi, allora la genesi del fenomeno transiente sarà dovuta alla semplice riflessione speculare, della radiazione solare da parte del suolo lunare.

In Italia, l'eventuale, o sospetto, TLP potrà essere segnalato tempestivamente alla Sezione Luna dell'UAI che ha attivato un network telefonico di allerta (vedi il relativo sito web). Tale rete è in collegamento con l'analoga struttura della British Astronomical Association Lunar Section ed è molto utile per avere una conferma da più osservatori indipendenti.

Bibliografia e siti web

AAVV, Conoscere e osservare la Luna, SEE, Milano 2002.

Carbognani A., Il mancato TLP 2002 di Torricelli B, Astronomia UAI, n.5 (2003)

Carbognani A., La previsione degli impatti lunari, Astronomia UAI, n.3 (2002)

Cameron W.S., Lunar Transient Phenomena Catalog, NSSDC, NASA, 7/1978

Cameron W.S., Manifestations and possible sources of lunar transient phenomena (LTP), The Moon, vol.14, 187-199 (1975)

Cook M.C., The strange behaviour of Torricelli B, J. Brit. Astron. Assoc., n.3, Vol.110, p.117-123 (2000)

Dobbins T., Sheehan W., The TLP Myth: A Brief for the Prosecution, Sky & Telescope, p.118-123 (1999)

Dollfus A., Langrenus: Transient Illumination on the Moon, Icarus, 146, p.430-443 (2000)

Hapke B., An improved Theoretical Lunar Photometric Function, The Astronomical Journal, Vol.71, p.233-339 (1966)

Hughes D.W., Transient lunar phenomena, Nature, Vol.285, p.438 (1980)

Garlick G.F.J., Steigmann G.A., Lamb W.E., Explanation of Transient Lunar Phenomena based on Lunar Samples Studies, Nature, Vol.235, p.39-40 (1972)

Kopal Z., The Luminescence of the Moon, Scientific American, p.28-37, May 1965

Middleburst B.M., Moore P. et al., Chronological Catalog of Reported Lunar Events, NASA Technical Report, NASA TR R-277 (1968).

Mills A. A., Possible physical process causing transient lunar events, J. Brit. Astron. Assoc., Vol.90, p.219-230 (1980)

Rennilson J.J., Criswell D.R., Surveyor observations of lunar horizon-glow, The Moon, vol.10, 121-142 (1974)

L'ALPO (http://www.lpl.arizona.edu/alpo) ha una sezione dedicata ai TLP che si occupa di coordinare le osservazioni degli astrofili che si dedicano a questo tipo di ricerche. Chiunque può partecipare, anche se non è iscritto.

La BAA (http://www.ast.cam.ac.uk/~baa) ha una sezione dedicata all'osservazione della Luna ed ai TLP. Dal sito è possibile accedere al catalogo TLP di Patrick Moore.

L'Unione Astrofili Italiani (http://www.uai.it) ha una Sezione Luna molto attiva che può fornire un  valido supporto agli osservatori del nostro Paese. Attraverso l'UAI è possibile partecipare ai programmi ALPO e BAA, con queste associazioni esiste un accordo di stretta collaborazione.

Molto interessante anche il sito web personale di David Darling. Fra le risorse si può trovare un manuale per l’osservatore di TLP (in inglese): http://www.ltpresearch.org/

Rapporto NASA R-277, con i TLP osservati dal 1540 al 1967: http://www.mufor.org/tlp/lunar.html

 

Albino CARBOGNANI

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