Edgard Varèse

ARCANA

 

(1925-27)

 

 

Edgard Varèse Edgard Varèse Edgard Varèse

 

I musicisti contemporanei si rifiutano di morire! (Edgard Varèse)

 

 

 

 

2 Vincenzo Carlini

 

Nella mattinata del 6 novembre del 1965 moriva in un letto d’ospedale di New York uno dei più grandi innovatori che la storia della musica ricordi. Aspetto da mad professor (capelli, dal nero al brizzolato, perennemente scombinati come in balia d’invisibili correnti elettriche), Edgard (Victor Achille Charles) Varèse trascorse la sua vita a rincorrere il sogno di una musica concepita come pura manipolazione del suono, come modo di comporre “libero” da costrizioni formali e da  sterili accademismi. Varèse fu il vero pioniere della musica elettronica: suo è il Poème électronique composto tra il 1957 e il 1958 per essere “riprodotto” – si tratta di un nastro magnetico - all’interno del Philips Radio Corporation Pavillon progettato da Le Corbusier per l’Esposizione Universale di Bruxelles. Varèse è l’unico musicista per il quale l’avanguardia (quella vera) non è una mera etichetta appiccicata a forza a chi cerca (spesso non riuscendoci) di essere diverso. Perché Varèse è veramente qualcosa di NUOVO. E’ colui che ha traghettato il ventesimo secolo nella musica e la musica stessa nel futuro. Un futuro che ha reso Varèse IL musicista moderno per antonomasia.

A quarant’anni esatti dalla sua scomparsa, ci sembrava opportuno rendere un doveroso omaggio allo “scienziato della musica”, ad un musicista cioè troppo avanti rispetto al suo tempo e che, ancora oggi, suscita incondizionata ammirazione (come negli appassionati omaggi di un altro maverick della musica, Frank Zappa) o violento ribrezzo (memorabile lo scandalo che suscitò a New York la prima esecuzione di Hyperprism). Per approfondire la straordinaria figura di Varèse, inevitabilmente la nostra scelta è ricaduta su Arcana, uno dei suoi brani più rappresentativi: una partitura dagli esiti sconvolgenti (come del resto l’intera opera di Varèse) e che, in un sito web come questo dedicato all’Astronomia, costituisce il passe-partout privilegiato per accedere al mondo del musicista franco-americano (ma con sangue italiano nelle vene). Arcana fu eseguita alla Philadelphia’s Academy of Music per la prima volta nel 1926 da Leopold Stokowski dopo ben sedici sessioni di prove, ed è ispirata ad un passo della Astronomia Ermetica di Paracelso. Il brano in questione (che originariamente doveva intitolarsi Arcanes) non è, secondo le parole dello stesso autore, un commento sonoro all’opera del filosofo-medico-alchimista svizzero. Gli unici riferimenti all’opera di Paracelso dobbiamo dunque rinvenirli esclusivamente nel titolo e nel frontespizio, in cui è riportata una frase estrapolata proprio dal trattato indicato:

 

 

…una Stella esiste, più in alto delle altre. E’ la Stella Apocalittica. La seconda Stella è quella dell’Ascendente. La terza è quella degli Elementi che si presenta in numero di quattro, cosicché le sei Stelle sono stabilite. Oltre ad esse c’è ancora un’altra Stella, l’Immaginazione, che fa nascere una nuova Stella e un nuovo Cielo”.

 

 

 

Musicalmente Arcana fu definita da Varèse come “il mostro di Frankenstein” in grado di rivelare (come confermato dall’autore in alcune sue dichiarazioni) il suo vero pensiero musicale. Concepito come una sorta di poema sinfonico, Arcana dispiega in circa venti minuti di durata il suo potenziale sonoro, ribollendo di frammenti e di citazioni (L’uccello di fuoco stravinskyano). La costruzione globale non concede punti di riferimento se non per larga approssimazione, impedendo di fatto una qualsiasi approfondita analisi ancorata a parametri convenzionali. Non ci troviamo comunque nel campo dell’anarchia sonora., perché il rigoroso disegno varèsiano garantisce la coesione interna della partitura, pur non allacciandosi a nessuna struttura nota della musica occidentale. I tre temi enunciati in apertura (una figura scattante affidata ai bassi ed ai timpani, una stridula fanfara e una marcetta, con lo stile burbero che caratterizzerà le sinfonie di Shostakovich, al clarinetto ed allo xilofono) sono talmente fuggevoli, rapidi, imprendibili da dissimulare immediatamente la ricerca di un qualsiasi inquadramento formale dell’opera. Con questa immediata enunciazione iniziale non c’è quindi la volontà da parte di Varèse di convogliare la materia sonora in ambiti delineati ed immediatamente individuabili. Quelli che abbiamo indicato come i tre temi iniziali, fungono da diversivo, servono per fissare l’estrema mobilità dell’idea varèsiana, in grado di espandere lo spazio sonoro per mezzo di un debordante lavorio sulle masse orchestrali. Ne risulta un costante work in progress sui singoli timbri dai quali, come per gemmazione, spuntano ulteriori effetti tecnici che anticipano di un lustro le conquiste del post-serialismo. D’impressionante c’è che tutto è collegato ai quei tre brevissimi sussulti iniziali, a quei tre minuscoli gruppi di particelle sonore che trasmutano, nel corso del brano, l’uno nell’altro, mutando di segno, esplodendo in clamorosi big bang acustici e contraendosi in luminosissimi pulviscoli dei fiati, delle percussioni e degli archi. La ricerca armonica, quando è presente, serve solo a divaricare la sfera uditiva, a creare addensamenti materici in grado di sfaldare dall’interno l’architettura musicale. E’ veramente un nuovo universo quello che dischiude Edgard Varèse con Arcana e con la sua opera omnia, nessun titolo escluso. Lo capiamo anche nella stringata conclusione del pezzo in esame: un flebile barlume dalle tinte impressionistiche subito disatteso da un senso di falsa riappacificazione in cui viene compresso  tutto il nervoso dinamismo che ha innervato l’intero brano. Facendo veramente nascere “una nuova Stella e un nuovo Cielo” nell’empireo musicale mondiale, come si evince anche dalla recensione pubblicata all’epoca sul The Christian Science Monitor: “si può dire che quest’opera segna una data importante nella storia dell’arte […] e probabilmente è la prima vera partitura originale per grande orchestra che sia stata composta in America dall’inizio del secolo”.

 

 

 

 

Edgard Varèse

 

Non posso resistere al bruciante desiderio di oltrepassare i limiti (Edgard Varèse)

I

Cielo e Musica

Indice